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Unione per il Mediterraneo, i rischi delle divisioni

Il presidente francese Sarkozy unisce soddisfatto le mani del leader palestinese Abbas e di quello israeliano Olmert Keystone

Più di 40 paesi si sono uniti per rafforzare la cooperazione nei settori dell'ambiente, dei trasporti, della migrazione e della sicurezza. Ma la distanza politica tra alcuni membri rischia di compromettere l'efficacia dell'organizzazione.

Può funzionare un’Unione per il Mediterraneo che non ha chiare condizioni politiche per l’adesione e che accoglie membri profondamente divisi, come la Siria e Israele? Derek Lutterbeck, vicedirettore dell’Accademia mediterranea di studi diplomatici di Malta (Medac), esprime qualche riserva.

L’Unione – fortemente voluta dal presidente francese Nicolas Sarkozy – può svilupparsi sulla base gettata con la Dichiarazione di Barcellona e il Partenariato euromediterraneo.

Nel corso del meeting inaugurale di Parigi sono state stabilite le priorità del nuovo organismo, tra le quali spiccano la creazione di una zona libera da armi di distruzione di massa, la realizzazione di un’università comune, il rilascio facilitato di visti di viaggio per gli studenti, il disinquinamento marino e il varo del progetto solare mediterraneo come fonte energetica aggiuntiva.

swissinfo: I paesi del Mediterraneo stanno vivendo un momento storico?

Derek Lutterbeck: Non siamo di fronte a qualcosa di completamente nuovo, anche se forse darà nuovi impulsi ai processi preesistenti.

In molti ritengono che il processo di Barcellona non abbia raggiunto i suoi obiettivi e che per questo era necessario prendere una nuova strada.

Per il momento, si tratta solo di una dichiarazione d’intenti. Lascia ben sperare il fatto che a Parigi fossero presenti così tanti paesi. Non è stato il caso nel 2005, quando si sono celebrati i dieci anni del processo di Barcellona.

swissinfo: Il Mediterraneo ha bisogno di un organismo del genere?

D.L.: Servono un ente e un forum per la cooperazione tra i paesi delle due sponde del Mediterraneo. Gli enormi problemi di quest’area sono sotto gli occhi di tutti.

Se poi questo ente debba essere l’Unione per il Mediterraneo è un’altra questione. Per come stanno adesso le cose, la sovrapposizione col processo di Barcellona è molto forte.

L’idea originale di Sarkozy era diversa. Se ho ben capito, voleva avere un organismo in cui fossero rappresentati solo i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Ma poi ha dovuto fare marcia indietro e il risultato è una specie di riorganizzazione del processo di Barcellona.

swissinfo: L’Unione per il Mediterraneo avrà un impatto concreto sulla regione o risulterà poco efficace a causa delle sue dimensioni?

D.L.: Il fatto che così tanti paesi abbiano mandato a Parigi delegazioni di altissimo livello sembra segnalare l’esistenza di una volontà politica e questo potrebbe fare la differenza. Ma è troppo presto per dirlo.

swissinfo: Pensa che l’Unione possa rappresentare una forza di cambiamento anche se, non ponendo condizioni politiche per l’adesione, ha poche possibilità di influenzare le politiche dei vari paesi?

D.L.: Anche il processo di Barcellona non è riuscito ad ottenere dei cambiamenti di politica rilevanti. Uno dei suoi obiettivi impliciti era di diffondere gradualmente democrazia e liberalizzazione nei paesi a sud del Mediterraneo. E non si può dire che l’abbia veramente raggiunto.

Non sono sicuro che da questo punto di vista l’Unione sarà molto diversa, anche se democrazia e diritti umani sono principi menzionati nella dichiarazione. A mio avviso è sul piano dei progetti concreti che può fare la differenza.

swissinfo: Quale sarà la sfida più grande?

D.L.: Per prima cosa, l’Unione per il Mediterraneo dovrà riuscire a mantenere l’impeto con il quale è partita. Ha rinnovato l’attenzione nei confronti della regione mediterranea, attenzione che negli ultimi anni era venuta un po’ a mancare.

Su un piano più pratico, si trova di fronte a molte sfide importanti che vanno dall’energia alla migrazione al cambiamento climatico, per non citare che alcuni dei campi in cui l’Unione, in un modo o nell’altro, dovrà cimentarsi se vuole dimostrare di avere peso.

swissinfo: Tra alcuni dei membri dell’Unione per il Mediterraneo ci sono delle profonde divisioni. Potrebbero diventare un ostacolo insormontabile?

D.L.: Uno dei problemi maggiori per l’avanzamento del processo di Barcellona è stato il processo di pace in Medio Oriente. Il deterioramento del conflitto israelo-palestinese ha avuto un impatto fortemente negativo e penso che creerà dei problemi anche all’Unione.

Inoltre, potenzialmente nella regione ci sono altri conflitti che potrebbero rivelarsi uno scoglio difficile da superare.

swissinfo: Sarkozy ha affermato che, rispetto ai precedenti tentativi, l’Unione ha maggiori possibilità di riuscita. Questo perché in parallelo agli sforzi per la pace si concentrerà su progetti concreti.

D.L.: Se funziona, sarà un valore aggiunto. Una delle differenze è che proveranno a lavorare maggiormente con il settore privato.

È una risposta sensata alle critiche espresse nei confronti del processo di Barcellona, giudicato troppo burocratico, con strutture troppo rigide e troppo complicato.

swissinfo: Come si svilupperà l’Unione?

D.L.: Il merito maggiore di questa iniziativa è di aver riportato la regione del Mediterraneo e i suoi problemi al centro dell’attenzione.

Ma è troppo presto per dire quale impatto avrà in termini di progetti. Se deve essere un’unione di progetti, allora dobbiamo aspettare di vedere in che misura saranno realizzati ed implementati.

In alcuni settori la maggior parte dei paesi ha un interesse comune, ma in molti altri le cose non stanno così. Sulla migrazione, ad esempio, per ora il consenso è molto limitato. In settori come la lotta all’inquinamento e la prevenzione di catastrofi naturali è più facile trovare un interesse comune.

swissinfo: Questa evoluzione avrà delle conseguenze anche per l’Accademia mediterranea di studi diplomatici?

D.L.: Noi ci consideriamo come parte degli sforzi messi in atto per portare stabilità nella regione. Abbiamo l’obiettivo di rafforzare la fiducia reciproca tra i paesi delle due sponde del Mediterraneo.

Abbiamo lavorato in questo senso per il processo di Barcellona e faremo lo stesso per l’Unione. Sono cose che riflettono direttamente quello che facciamo.

Intervista swissinfo, Jessica Dacey
Traduzione e adattamento, Doris Lucini

È stato lanciato nel 1995 dai ministri degli esteri dei paesi euromediterranei. Si tratta di un’alleanza basata sulla comproprietà, il dialogo e la cooperazione.

Riunisce i 27 paesi membri dell’Unione europea e 12 stati che si affacciano sulla sponda meridionale del Mediterraneo.

Lanciata dal presidente francese Nicolas Sarkozy, l’Unione vuole gettare un ponte tra l’Europa e i paesi del Mediterraneo meridionale con l’obiettivo di portare pace nella regione.

Riunisce 43 nazioni e interessa una popolazione di 800 milioni di persone.

Stando alla dichiarazione finale del vertice di Parigi, l’Unione diventerà operativa entro la fine dell’anno e sarà diretta congiuntamente da tutti i suoi membri.

I paesi presenti a Parigi – inclusi Israele, la Siria, e i Territori palestinesi – hanno firmato una dichiarazione che ha tra gli obiettivi un Medio Oriente «libero da armi di distruzione di massa».

L’Accademia mediterranea di studi diplomatici di Malta (Medac) è sostenuta congiuntamente dalla Svizzera, da Malta, dall’Italia e da parte dell’Unione europea.

Ha come obiettivo la formazione di giovani diplomatici per l’area mediterranea.

Il vicedirettore, Derek Lutterbeck, è titolare della cattedra svizzera.

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