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Ecco i rischi di un debito pubblico elevato

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Una volta avviata, la spirale negativa del debito è difficile da fermare, come successo ad esempio in Grecia. Keystone / Yorgos Karahalis

La crisi provocata dal nuovo coronavirus e i tassi d'interesse negativi favoriscono l'indebitamento pubblico. Nessuno sa con precisione quando i debiti sono troppo onerosi per uno Stato. Ciò che si sa con certezza è che una crisi del debito ha conseguenze disastrose.

La situazione può cambiare da un momento all’altro. All’inizio del 2000, la Grecia versava interessi inferiori al 5 per cento per il suo debito pubblico. Per le casse dello Stato erano noccioline. Si aveva quasi l’impressione che il ministro delle finanze vivesse nel Paese della cuccagna. Ma poi, improvvisamente, il vento è cambiato.

Nel 2009 si è cominciato a vociferare di statistiche falsificate, corruzione, malgoverno. Le banche hanno iniziato a dubitare della capacità della Grecia di saldare il suo debito pubblico. In seguito, i tassi d’interesse sono schizzati alle stelle, raggiungendo addirittura il 30 per cento. Oggi, l’aspetto che preoccupa è che i mercati finanziari non si erano accorti di nulla, che non si erano resi conto dell’imminente catastrofe.

La crisi è arrivata dal nulla

Per ora, la Svizzera sembra navigare in acque tranquille. Il debito pubblico è sotto controllo. Per questo motivo, Céline Widmer, parlamentare socialista ed esperta in materia finanziaria, e Lorenz Kueng, professore di economia, chiedono che il governo allarghi i cordoni della borsa e distribuisca il denaro pubblico in maniera più generosa.

Ciò permetterebbe di salvare i piccoli teatri, gli studi di yoga o i centri fitness, obbligati a chiudere a causa della pandemia. Sarebbe una misura gratuita poiché i debiti statali non devono essere rimborsati. La Svizzera ne uscirebbe addirittura rafforzata.

Sulla carta, questa tesi non fa una grinza. Tuttavia, non c’è alcuna garanzia che questa strategia funzioni davvero.

Nel 2009, allo scoppio della crisi, il debito pubblico in Grecia era al 127%, secondo il Fondo monetario internazionaleCollegamento esterno. La Svizzera non è di certo a questi livelli e attualmente il debito nazionale è attorno al 49% del prodotto interno lordo.

I problemi ci aspettano però al varco. Le crisi del debito nascono dal nulla. È ciò che dimostra la ricercaCollegamento esterno dell’economista Juan Pablo Nicolini della Federal Reserve degli Stati Uniti. Nel momento in cui gli analisti ritengono che sia stata tirata troppo la corda, il sistema crolla su sé stesso come un castello di carte.

Il vento può cambiare

Il motivo: gli Stati saldano i loro debiti in scadenza con nuovi debiti. La sola Confederazione deve procurarsi oltre 40 miliardi di franchi nei prossimi dieci anni.

Al momento è una strategia che funziona. Per estinguere i debiti in scadenza, il ministro delle finanze elvetico Ueli Maurer può contrarre nuovi debiti a un interesse più vantaggioso. Inoltre, ha la possibilità di colmare il buco finanziario, creato nel 2021 dalla pandemia e stimato a circa 15 miliardi, con un prestito favorevole.

Tuttavia, se i debitori dovessero perdere la fiducia nei confronti della Svizzera, si registrerebbe un aumento dei tassi di interesse. Questa crescita può essere lenta, ma anche molto veloce.

In questo caso ci sono solo tre vie d’uscita.

La prima: tirare la cinghia. La ministra della difesa, Viola Amherd, dovrebbe sospendere l’acquisto degli aerei da combattimento. In questo modo, Ueli Maurer avrebbe la possibilità di saldare il debito con il denaro dei contribuenti, evitando di contrarre altri debiti a tassi esorbitanti.

Lo scenario peggiore: il fallimento delle banche

In Grecia, più di un milione di persone si sono ritrovate senza lavoro a causa della politica di austerità del governo. Oltre a gettare i cittadini nella disperazione, il crollo del settore finanziario mette in ginocchio la capacità produttiva di un intero Paese.

La seconda opzione: un governo può sospendere il rimborso del debito. È ciò che ha fatto l’Argentina l’anno scorso. È una scelta rischiosa. Infatti in questo modo si mettono in difficoltà le banche poiché sono confrontate con gravi perdite. E se gli istituti bancari vanno in fallimento, l’economia si ferma.

La strategia più rischiosa

La terza opzione: la banca centrale salda i debiti stampando nuovo denaro. È ciò che fece la Germania nel 1923, causando un deprezzamento repentino del marco. I risparmi di un’intera generazione si trasformarono in cartastraccia.

Per questo motivo, in molti Paesi è vietato far capo alla banca centrale per saldare i debiti. Tuttavia, il confine tra ‘lecito’» e ‘illecito’ è sottile. L’esempio migliore ci viene fornito dalla Banca centrale europea (BCE). Quando la crisi del debito raggiunse il suo culmine, l’allora presidente Mario Draghi promise che, se necessario, la BCE avrebbe acquistato illimitatamente titoli di Stato.

“Siamo pronti a fare tutto il necessario per salvare l’euro.”

Mario Draghi nel 2012, quando era presidente della BCE

Con questa promessa, la BCE si era impegnata ad assumersi il rischio di perdita dei prestiti alla Grecia. Questa decisione rassicurò gli investitori, aumentò la fiducia e favorì l’abbassamento dei tassi d’interesse. Draghi riuscì a porre fine alla crisi del debito con una sola frase.

Stampare cartamoneta non è una buona soluzione

Il rischio era però enorme. Nel peggiore dei casi, la BCE sarebbe stata costretta a stampare quantità illimitate di euro per mantenere la sua promessa. Ciò avrebbe fatto aumentare il tasso d’inflazione, distruggendo così i risparmi dei pescatori greci e quelli dei rivenditori d’auto tedeschi.

Non sempre le cose vanno come si vorrebbe. Le crisi del debito arrivano senza preavviso e per uscirne servono dolorosi piani di risparmio. Inoltre causano la bancarotta dello Stato e la svalutazione del denaro. È una regola che vale anche per la Svizzera. La situazione può cambiare da un momento all’altro.

Fabio CanetgCollegamento esterno ha conseguito il dottorato presso l’Università di Berna e la Scuola di economia di Tolosa. Il tema della sua tesi era la politica monetaria. Oggi è professore all’Università di Neuchâtel. Come giornalista freelance collabora con SWI swissinfo.ch e Republik. Modera il podcast di politica monetaria di SWI swissinfo.ch Geldcast.

Traduzione dal tedesco: Luca Beti

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