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“Abbiamo molto da imparare dalla cultura aborigena”

Pedro Zwahlen e Yasmine Chatila Zwahlen
Il 12 ottobre 2016, Pedro Zwahlen è stato nominato ambasciatore di Svizzera in Australia. Nel gennaio del 2017, la moglie Yasmine Chatila Zwahlen è arrivata a Canberra per assumere la funzione di ambasciatrice elvetica per Kiribati, Nauru, Papuasia Nuova Guinea, Isole Salomone e Vanuatu. ©FDFA

L'ambasciatore di Svizzera in Australia, Pedro Zwahlen, lascia Canberra dopo cinque anni. Qual è il suo bilancio sulle relazioni tra due Paesi così diversi?

SWI swissinfo.ch: Cosa ha apprezzato di più durante i suoi cinque anni in Australia?

Pedro Zwahlen: È il modo di fare amichevole e diretto della gente. Gli australiani e le australiane hanno un contatto diretto e gioviale con chiunque incontrino e sono accessibili, senza pregiudizi. E poi l’immensità della natura selvaggia, l’ho trovata impressionante così come anche la più antica cultura umana ancora esistente al mondo, quella dei primi popoli australiani, quella aborigena.

Cosa, invece, le ha lasciato un’impressione negativa?

Gli incendi boschivi ai quali abbiamo assistito all’inizio del 2020. Canberra era in stato di emergenza, l’ambasciata lavorava in modalità crisi. La minaccia diretta del fuoco e di esposizione al fumo per intere settimane è stata un’esperienza marcante per tutta la squadra.

Gli incendi boschivi sono un fenomeno naturale in Australia, fintanto che sono circoscritti. Ma gli effetti del cambiamento climatico e gli interventi sul territorio portano a fuochi giganteschi, di tutt’altra portata.

Ha menzionato la natura e l’ambiente unico. Quali regioni l’hanno particolarmente impressionata?

Quelle più aride del Paese. Ci sono piante e interi ecosistemi che non solo si sono ben adattati alla siccità, ma anche agli incendi boschivi limitati. Non ne avevo idea prima di arrivare in Australia. Ci sono piante i cui semi germogliano solo durante un incendio – talvolta anche dopo decenni trascorsi dormienti nella terra. Per esempio, certi eucalipti o le banksia.

Ciò che trovo particolarmente affascinante in questo contesto è che i popoli autoctoni sapevano esattamente quali regioni e quali piante utili avevano bisogno del fuoco e con che frequenza. Hanno anche gestito territorio con il fuoco. La colonizzazione europea ha ignorato questo sapere sulla natura locale. Sono conoscenze che oggi stanno nuovamente suscitando interesse.

Cosa può imparare la Svizzera dalla cultura aborigena?

La cultura aborigena considera l’essere umano come una parte della natura che non dovrebbe mettere in pericolo o sfruttare le altre specie viventi. Questa cultura è stata la base di un sistema sofisticato ed equilibratoche ha permesso la coabitazione di specie diverse per millenni. All’interno di esso, l’essere umano ha vissuto in armonia con la natura.

Questa cultura è un’eredità umana di cui conviene preservare le vestigia. La nostra civilizzazione moderna potrebbe trarne ispirazione per garantirsi la sopravvivenza.

Mettendo a confronto i sistemi di governo della Svizzera e dell’Australia, quali sono i punti in comune e le differenze?

Si tratta di due democrazie che rispettano regole chiare quando prendono delle decisioni. Ma le procedure per metterle in atto sono molto diverse. L’Australia è organizzata secondo il tradizionale sistema di Westminster: da una parte c’è il governo, dall’altro l’opposizione. Quando australiani e australiane vedono il nostro Consiglio federale, un organo collegiale che comprende l’80% dello spettro politico, ci chiedono dov’è l’opposizione.

È qui che entra in gioco la differenza principale: la democrazia diretta. Per semplificare, l’Australia funziona secondo un sistema di regole e di concorrenza, mentre la Svizzera segue un sistema di regole e di compromesso. In altre parole, mentre nella Confederazione si cerca un compromesso per evitare che una legge sia sfidata con un referendum, la politica australiana è incentrata sul motto “The winner takes it all” – chi vince le elezioni decide tutto, e l’opposizione non può partecipare. Questa concorrenza tra governo e opposizione caratterizza il parlamento, così come i voli pindarici nei discorsi dei suoi membri.

La Svizzera ha sottoscritto un accordo con l’Australia sulla cooperazione nell’Antartico. Cosa può portare alla Confederazione?

Grazie a questo accordo, lo Swiss Polar Institute (SPI) e tutta la ricerca polare svizzera hanno un accesso diretto a questo continente lontano e difficilmente raggiungibile. L’Antartico è di grande interesse per la ricerca, poiché non è stato quasi toccato dalla vita umana fino ad oggi. Contiene i segreti di un milione di anni di storia climatica.

L’Antartico può fornire informazioni uniche per molte discipline scientifiche. L’Australia dispone di un’infrastruttura importante e solida per raggiungere il continente. Proprio di recente è stata varata una nuova nave per la ricerca. Si tratta di una rompighiaccio, la più moderna al mondo nel suo genere. Grazie all’accordo, ricercatori e ricercatrici della Confederazione avranno accesso a questa infrastruttura unica e potranno studiare meglio l’Antartico e il suo oceano.

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Come saranno le relazioni tra i due Paesi in futuro, secondo Lei?

Guardo al futuro in modo molto positivo. Avremo presto delle ambasciate nei due Paesi [l’Australia nel 2022 riaprirà in Svizzera un’ambasciata che non ha più da 30 anni, n.d.r.], ciò che permetterà di rafforzare le relazioni. Siamo legati da una serie di accordi che evidenziano il mutuale interesse in diversi settori. C’è anche una grande comunità svizzera in Australia che dà un importante contributo alla reputazione della Confederazione.

Abbiamo scambi regolari tra i ministeri degli esteri che si sono addirittura intensificati con la pandemia di coronavirus. Inoltre, grazie al digitale, le difficoltà legate alla distanza che separa i nostri Paesi sono almeno parzialmente superate. Sono fiducioso che le relazioni intense e proficue continueranno e auguro molto successo a chi mi sostituirà.   

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