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Dopo la sconfitta, Obama deve scendere a compromessi

Per Obama, il risultato delle elezioni riflette la frustrazione degli americani per la lentezza della ripresa economica Keystone

Il presidente statunitense ha riconosciuto mercoledì di aver subito una «batosta» in occasione delle elezioni di metà mandato. Per l'ex ambasciatore svizzero a Washington Alfred Defago, professore all'Università del Wisconsin, Obama dovrà ora «rivedere al ribasso» le sue ambizioni.

Spazzando via la maggioranza democratica alla Camera dei rappresentanti e ingrossando i ranghi repubblicani al Senato, gli elettori americani hanno inviato un segnale chiaro a Barack Obama, due anni dopo il suo arrivo alla Casa Bianca. Il presidente democratico si è detto pronto a lavorare coi repubblicani, ma ha anche dichiarato di non voler cedere sulle sue riforme. Quale margine di manovra gli resta? L’analisi di Alfred Defago, ex ambasciatore svizzero a Washington e grande conoscitore della politica americana.

swissinfo.ch: Nei risultati delle elezioni di ‘mid-term’ bisogna leggere una bocciatura del presidente Barack Obama e della sua politica?

Alfred Defago: Questi risultati sono sicuramente un segnale d’allarme molto forte. Ampi strati della società americana non vogliono più continuare su una via basata su uno Stato in espansione e quindi su un debito pubblico e delle imposte che aumentano.

Il messaggio inviato dagli elettori martedì sera è da interpretare come un appello alla limitazione del ruolo dello Stato federale e per ampliare il campo della libertà individuale. Tuttavia non penso che lo scrutino sia un ‘no’ a Barack Obama. In effetti, il numero di americani che ha un giudizio favorevole dell’uomo Obama rimane relativamente alto.

swissinfo.ch: Washington si dirige verso un vicolo cieco oppure verso il compromesso?

A.D.: Per ora è difficile da dire. Nella prima conferenza stampa dopo le elezioni, Obama ha dato prova di grande umiltà ed è sembrato disposto a scendere a compromessi. Naturalmente, però, la campagna per le legislative e le presidenziali del 2012 è già iniziata e ciò rende i compromessi molto difficili.

swissinfo.ch: Cosa può fare Barack Obama per portare avanti il suo programma prima del 2012 e quali sono i progetti che possono essere mantenuti o che rischiano di essere abbandonati?

A.D.: Obama dovrà sicuramente rivedere al ribasso le sue ambizioni. Avrà fortuna se riuscirà a salvaguardare gli elementi fondamentali della sua riforma sanitaria, sempre molto controversa. I repubblicani battaglieranno su tutti i fronti per abrogare almeno alcune clausole di questa legge. Obama dovrà pure fare marcia indietro su alcuni aspetti essenziali dei suoi progetti di legge piuttosto ambiziosi sull’ambiente e sull’energia. Infine, credo che non troverà nessun sostegno repubblicano per nuovi piani di rilancio economico.

swissinfo.ch: A livello dei singoli Stati, dove molti posti di governatore sono passati in mani repubblicane, quale sarà l’impatto della sconfitta democratica?

A.D.: Questo rovescio avrà presto delle conseguenze gravi e tangibili. La nuova e solida maggioranza di governatori repubblicani avrà un’influenza enorme sulla prossima ripartizione delle circoscrizioni elettorali. Questa ripartizione avrà un impatto enorme sui risultati delle legislative e, indirettamente, sulle presidenziali del decennio a venire. Con i parlamenti degli Stati, i governatori repubblicani tenteranno sicuramente di bloccare l’attuazione della riforma sanitaria di Obama.

swissinfo.ch: Le elezioni di martedì erano il primo test elettorale su scala nazionale per il Tea Party, che ha contribuito alla riscossa repubblicana. Crede che questo movimento possa durare e come potrebbe influenzare la politica americana a corto e medio termine?

A.D.: Non vi è dubbio che martedì è stato un grande giorno per il Tea Party. È qualcosa di più che un fuoco di paglia. Questo movimento riflette il malumore dell’«America media» nei confronti del suo governo e dei suoi partiti politici. Il Tea Party ha chiaramente spinto il Partito repubblicano ancor più a destra.

Tuttavia, se si analizzano altri esempi nella storia degli Stati Uniti, dubito che questo movimento senza vere gerarchie possa durare nel tempo. Inoltre, molti candidati del Tea Party sono stati considerati troppo radicali o addirittura pazzi dagli stessi repubblicani.

swissinfo.ch: La disfatta subita da Barack Obama si ripercuoterà anche sulla politica estera?

A.D.: Non ne sono sicuro. Prima di tutto la politica estera non è stata per nulla al centro delle elezioni di metà mandato. Barack Obama stesso non sembra molto attirato dalla prospettiva di diventare un presidente che si focalizza soprattutto sulla politica estera. Però, chi lo sa? Se i due prossimi anni dovrebbero condurre a un’impasse sul piano interno, Obama potrebbe tentare una fuga in avanti nelle attività internazionali. È esattamente ciò che Bill Clinton ha fatto dopo la disastrosa sconfitta alle elezioni di metà mandato nel 1994.

swissinfo.ch: Barack Obama rischia di essere presidente per un solo mandato?

A.D.: La sua rielezione tra due anni è lungi dall’essere acquisita. Dovrà dar battaglia. La sua situazione non è però disperata. I repubblicani avranno enormi difficoltà a presentare un’alternativa convincente a Obama. Tutti i potenziali candidati dell’ala del Tea Party si trovano in questo momento sotto la luce dei riflettori, ma mi sembra che siano assolutamente ineleggibili per una maggioranza di americani. Sarah Palin, ad esempio, non ha quasi nessuna chance di ricevere l’investitura del suo partito. Divide troppo profondamente la gente, compresi i repubblicani.

swissinfo.ch: Il tasso di partecipazione è ancora una volta stato basso, raggiungendo solo il 42%. Nei sondaggi all’uscita delle urne, gli americani hanno detto chiaramente di non volere che uno dei due partiti domini il sistema politico del loro paese. Questa situazione rappresenta una sfida per la democrazia?

A.D.: Ha ragione. Queste elezioni non hanno rappresentato solo una sconfitta per i democratici e per Obama, ma sono anche stata l’espressione di una sfiducia nei confronti dei due partiti politici. In questo senso, la vittoria dei repubblicani non è da interpretare come un segnale per continuare come prima.

Francamente, però, non credo che questo scrutinio delinei una crisi fondamentale o preannunci la fine del sistema bipartitico tradizionale negli Stati Uniti. Come dicevo in precedenza, il fenomeno del Tea Party è senza dubbio il sintomo di un malessere generale, ma non potrà smantellare questo sistema.

Alla Camera dei rappresentanti, il Partito repubblicano gode ormai di una solida maggioranza, dopo aver conquistato una sessantina di seggi supplementari, stando ai risultati ancora parziali. Ne avevano bisogno solo di 39 per dominare la Camera bassa.

Per il Senato, sei seggi sono passati in mani repubblicane, tra cui quello molto simbolico dell’Illinois, tradizionale feudo di Obama. Nello Stato di Washington, i risultati non sono ancora conosciuti. I repubblicani sono anche riusciti a conquistare sei posti di governatore.

Si tratta del più importante ribaltone politico dal 1948, quando di democratici avevano conquistato 75 seggi. Il Partito repubblicano non aveva avuto una maggioranza così ampia nella Camera dei rappresentanti (240 seggi su 435) dal 1928.

Alfred Defago è professore invitato di relazioni internazionali alla University of Wisconsin-Madison.

Dal 1997 al 2001 è stato ambasciatore svizzero a Washington.

In precedenza, dal 1994 al 1997, era stato console generale di Svizzera a New York.

Dottore in storia e letteratura, Alfred Defago ha pubblicato diversi libri sugli Stati Uniti, l’ultimo dei quali dedicato a Barack Obama nel 2009.

Traduzione di Daniele Mariani

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