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La speranza delle giovani generazioni all’ONU

Hamangai Pataxo
Hamangai Pataxo, dal brasile, si batte per i diritti delle comunità indigene. Nel 2019 era all'ONU a Ginevra per partecipare al Young Activists Summit. Quest'anno sei giovani attivisti e attiviste sono invitati a presentare le loro soluzioni alle sfide globali. Keystone / Salvatore Di Nolfi

Lo YAS, summit dei giovani attivisti e attiviste, consente alle nuove generazioni di accedere all’ONU di Ginevra, ma che significato ha per loro l’organizzazione internazionale, nata ormai 76 anni fa?

Domani, nell’ambito del Young Activists Summit (YAS)Collegamento esterno 2021, saranno le giovani generazioni a fare da protagoniste nella sede delle Nazioni Unite di Ginevra. Nel corso della giornata, sei giovani attivisti e attiviste provenienti da ogni angolo del mondo avranno la possibilità di presentare il lavoro svolto per affrontare problematiche globali e di interagire con altri pionieri e pioniere del cambiamento che parteciperanno all’evento in presenza o da remoto.

La più giovane tra loro, Gitanjali Rao, ha appena 15 anni ed è una scienziata statunitense le cui invenzioni hanno contribuito a individuare la presenza di contaminazioni nell’acqua potabile, a prevenire la dipendenza da oppioidi e a lottare contro il cyberbullismo. Nel 2020, i successi ottenuti le sono valsi il titolo di “Kid of the Year” per la rivista Time. Il più anziano invece è Lual Mayen, di 26 anni. Nato in un Sud Sudan dilaniato dalla guerra, Mayen è cresciuto in un campo profughi. Oggi sviluppa videogiochi per promuovere la pace.

“Non stiamo cercando la perfezione, né bambini o bambine prodigio: fare attivismo, infatti, vuol dire anche solo avere delle idee, provare a metterle in pratica, testarle e migliorarle”, commenta Marina Wutholen, direttrice della ONG dev.tv e fondatrice dello YAS.

Sebbene i sei attivisti e attiviste invitati a Ginevra vantino dei curriculum eccezionali, Wutholen spiega che il loro lavoro è incentrato su soluzioni concrete che possano ispirare la gioventù di altri paesi a replicarle per affrontare lo stesso tipo di problemi: “Se un’idea funziona per il Kenya, potrebbe andar bene anche in Asia o in Sudamerica”, dice.

Gli obiettivi dei giovani attivisti e attiviste includono ripristinare le barriere coralline, impedire le mutilazioni genitali femminili, favorire il riciclo, combattere la povertà e promuovere un’agricoltura sostenibile.

Ritratto Louise Mabulo, una dei sei attivisti invitati quest’anno:

Attivismo giovanile

Negli ultimi anni, molti movimenti militanti sono stati guidati da giovani ragazzi e ragazze. Il caso più famoso è quello di Greta Thunberg, che ha ispirato milioni di studenti in tutto il mondo a saltare la scuola al fine di spingere i leader politici ad agire per la tutela del clima. Come si giustifica questa tendenza?

“Credo che a essere cambiate siano istruzione e formazione. I giovani e le giovani d’oggi sono stati educati in un periodo in cui problemi come la sostenibilità, la crisi ambientale e il riscaldamento globale sono molto discussi nelle scuole”, dice Jasmine Lorenzini, ricercatrice senior dell’Università di Ginevra (UNIGE).

Il più ampio accesso alle informazioni e l’aumento della consapevolezza in materia, abbinati a una sempre minore fiducia verso le istituzioni politiche, hanno creato un terreno fertile perché figure come Greta Thunberg potessero guadagnare visibilità e ispirare movimenti di livello globale, continua Lorenzini.

Uno studioCollegamento esterno sul cosiddetto “effetto Greta Thunberg” ha rilevato che chi ha maggiore familiarità con le iniziative della giovane attivista svedese è più incline a credere di poter fare la differenza e a impegnarsi per proteggere l’ambiente.

In Svizzera, le proteste guidate dalla gioventù locale hanno risvegliato anche le generazioni più anziane. In parte, l’effetto può essere dovuto ai movimenti ambientalisti che hanno storicamente animato il paese, dice Lorenzini. Negli anni ’70 e ’80, per esempio, diversi gruppi ambientalisti e di opposizione al nucleare occuparono i siti delle future centrali nucleari elvetiche. Vedendo i giovani e le giovani protestare contro il cambiamento climatico, alcuni di coloro che manifestarono all’epoca potrebbero aver trovato l’ispirazione per tornare a partecipare al movimento, aggiunge.

“Si sente spesso parlare di movimenti giovanili, termine corretto in quanto si tratta di movimenti organizzati dalla gioventù, ma che può sembrare riduttivo se si considera chi alla fine scende in strada ad animare le proteste”.

Secondo Lorenzini, c’è il rischio che qualcuno sfrutti intenzionalmente i pregiudizi relativi a questi movimenti per minimizzarne l’impatto e per dichiarare che non rispecchiano l’opinione dell’intera popolazione.

In un panorama in cui la fiducia verso le istituzioni politiche non fa che calare, dunque, che cosa attira i giovani e le giovani verso l’ONU, un’organizzazione non proprio nota per la rapidità d’azione e l’intraprendenza?

La gioventù all’ONU

Presentare le proprie soluzioni all’ONU nel corso dello YAS conferisce ai giovani relatori e relatrici un certo prestigio e riconoscimento, spiega Wutholen. Lei e i suoi colleghi organizzano anche delle sessioni per consentire a chi partecipa di entrare in contatto con esperti ed esperte del settore, a Ginevra e oltre, e riceverne consigli utili.

“Abbiamo visto che, nella maggior parte dei casi, per i partecipanti e le partecipanti a queste sessioni c’è una grossa differenza tra prima e dopo”.

La Geneva Youth Call (GYCCollegamento esterno) è un’altra iniziativa con base a Ginevra, che mira a fare in modo che la voce della gioventù venga ascoltata dalle Nazioni Unite. Il progetto è stato avviato all’inizio del 2020 dagli studenti e le studentesse dell’UNIGE.

“Uno dei problemi fondamentali che volevamo affrontare era il fatto che, al momento, non esiste uno spazio comune in cui la gioventù mondiale possa confrontarsi su problemi globali”, spiega Eva Luvisotto, cofondatrice di GYC.

Nel 2021, GYC ha lanciato una piattaforma digitale in cui i giovani e le giovani di tutto il mondo possono condividere i problemi che devono affrontare e le soluzioni trovate per risolverli. I contenuti della piattaforma andranno a confluire in una Carta della gioventù internazionale che potrebbe fornire alle Nazioni Unite un’indicazione sulla posizione delle nuove generazioni del mondo. La GYC intende organizzare la sua prima Assemblea globale della gioventù nell’aprile del 2022 per lavorare al documento.

Luvisotto, che è anche tirocinante presso l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA), sostiene che molte delle critiche mosse all’ONU, come quella sull’eccesso di burocrazia, in realtà non sono riferite tanto ai principi cardine dell’organizzazione (come la promozione della pace nel mondo), quanto al suo funzionamento. In sostanza, si tratta di problemi risolvibili tramite semplici riforme, ai quali la GYC spera di trovare soluzione.

“[L’ONU] rappresenta qualcosa di molto importante per il mondo”, commenta Noa Rakotoarijaonina, studente di relazioni internazionali e membro chiave del team della GYC.

I movimenti giovanili stanno instaurando legami sempre più rilevanti con organizzazioni riconosciute come l’ONU, di cui condividono i valori e le problematiche su cui lavorare, sebbene con strategie e risorse diverse, dice Wutholen. “L’ONU è soggetto a vincoli che i gruppi giovanili non hanno, e viceversa. Ecco perché è davvero importante unire le forze”.

Le Nazioni Unite operano per proteggere i rifugiati e gli oceani, mettere fine alla povertà e alla fame, promuovere la tutela del clima e l’uguaglianza di genere: lo stesso vale per i giovani e le giovani invitati a Ginevra questa settimana. Il loro obiettivo è trovare soluzioni concrete che meritino l’attenzione e il sostegno della comunità internazionale.

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