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Più collaborazione al posto del diritto di necessità

Licenza di distruzione per il governo svizzero? Keystone

Il ripetuto ricorso del governo federale al diritto di necessità è aspramente controverso. Intervista a Rainer J. Schweizer, professore di diritto pubblico all'università di San Gallo, sulle conseguenze della politica d'urgenza dell'esecutivo elvetico.

In virtù del diritto di necessità, il Consiglio federale ha deciso di distruggere documenti sensibili relativi al procedimento contro Friedrich Tinner e i due figli, Urs e Marco, sospettati di contrabbando di tecnologia nucleare verso la Libia. In base allo stesso diritto di necessità, il governo ha anche deciso un piano di salvataggio dell’UBS. Provvedimenti di grande portata che hanno scatenato aspre polemiche.

swissinfo.ch: La sottocommissione delle istituzioni politiche della Camera bassa parla di “uso inflazionistico” del diritto di necessità. A suo avviso, il governo ricorre veramente con smisuratezza a questo diritto d’eccezione?

Rainer J. Schweizer: Il diritto di necessità è previsto per adottare misure specifiche in situazioni straordinarie.

È stato impiegato ben prima delle vicende UBS e Tinner, negli anni ’90, all’epoca dell’embargo e del divieto di commercio d’armi nella guerra dell’ex Jugoslavia, come pure nel 2001, sotto forma di ordinanza su al Qaida.

Negli anni ’30, soprattutto sulla base dei pieni poteri durante la guerra, il Consiglio federale si è accordato la competenza assoluta in numerose questioni.

Negli anni ’50, all’epoca della guerra fredda, furono prese diverse decisioni segrete in materia di sicurezza, che sarebbero state di competenza del Ministero pubblico della Confederazione.

Dagli anni ’60, però, non è praticamente più successo. Il fatto che negli ultimi anni il governo ricorra con una certa frequenza a competenze straordinarie per me è un fatto nuovo.

swissinfo.ch: Cos’è cambiato?

R.J.S.: In tempi recenti il Consiglio federale ha fatto ricorso al cosiddetto diritto di necessità anche per problemi di ordine economico e in parte per richieste in materia di servizi d’informazione.

Il diritto di necessità è basato sugli articoli 184, sulle relazioni con l’estero, e 185, sulla sicurezza esterna e interna, della Costituzione federale.

Ma il piano di salvataggio dell’UBS non era di natura né di politica estera né di politica di sicurezza. La via costituzionale corretta sarebbe stata quella di un decreto federale urgente adottato dall’Assemblea federale. In Germania e in Gran Bretagna è così che i parlamenti hanno proceduto per salvare delle banche.

Nel caso della distruzione e della non pubblicazione di documenti riguardanti il caso Tinner esiste effettivamente un problema di politica di sicurezza. Qui è però discutibile l’urgenza. I documenti erano noti già da due anni e le loro copie sono state ritrovate già da sei mesi.

swissinfo.ch: I critici rimproverano al governo una cattiva preparazione sia nel caso UBS sia in quello dei Tinner. Ciò è dovuto a carenti competenze dell’esecutivo oppure i compiti sono diventati più complessi?

R.J.S.: Non voglio mettere in dubbio le competenze direttive del Consiglio federale, ma piuttosto puntare il dito sul fatto che attualmente vanno di moda determinati modelli di soluzione.

Nel campo della sicurezza, negli ultimi quattro anni, sono stati cercati dei tipi di soluzione che non sono conformi al diritto costituzionale.

Così, per esempio, il governo ha emanato un’ordinanza sui servizi di sicurezza privati senza una base legale. Sarebbe stato obbligatoriamente una questione di competenza del parlamento, poiché – come nel caso del trasporto di detenuti da parte della società Securitas – si tratta di una grave intrusione nei diritti fondamentali. Eppure adesso è regolato da un contratto di diritto privato stipulato dall’esecutivo.

Il Consiglio federale ha anche emesso diverse ordinanze sull’uso di armi da fuoco e altre armi, prive di basi legali.

swissinfo.ch: Perché oggi il governo agisce così?

R.J.S.: Me lo spiego con la situazione tesa con il parlamento. Oggi il parlamento è meno fedele al governo e forse opera anche in un modo un po’ più caotico.

Il Consiglio federale ha più difficoltà a far passare la sua politica in parlamento. La collaborazione non più così stretta e pacifica come forse 10 o 20 anni fa, quando regnava una costante concordanza.

Un altro motivo è sicuramente il potenziamento del controllo della giustizia sull’amministrazione federale. Il governo si sente molto più controllato dalla giustizia.

Inoltre ci sono le singolari nozioni di sicurezza che si sono sviluppate negli ultimi anni, manifestatesi già con il progetto di revisione della Legge sulle misure per la salvaguardia della sicurezza interna (LMSI). Il progetto proponeva raccapriccianti strumenti di servizi segreti, i cui effetti non possono essere circoscritti. Il parlamento ha rinviato il progetto al mittente per una rielaborazione.

swissinfo.ch: Cosa propone per ripristinare l’equilibrio fra potere esecutivo, legislativo e giudiziario?

R.J.S.: C’è un postulato del senatore liberale radicale Thomas Pfisterer, che suggerisce la creazione di un organo di vigilanza costituzionale indipendente sia dal parlamento sia dal governo.

Ci sono anche diversi altri atti parlamentari che propongono la creazione di una giurisdizione costituzionale per il legislatore. Considero pure assolutamente corrette le esigenze della nuova sottocommissione della Camera del popolo. È la via giusta. La questione è estremamente urgente.

swissinfo.ch: Qual è il pericolo se si ricorre ripetutamente al diritto di necessità?

R.J.S.: Ai cittadini sorgono dubbi sullo Stato di diritto in Svizzera, se si sottraggono più di 250 documenti bancari al controllo della giustizia e li si trasmettono alle autorità di perseguimento penale degli Stati Uniti oppure se si distruggono documenti riguardanti un procedimento penale in corso.

Ciò mette in cattiva luce anche il parlamento e la giustizia della Confederazione. Intraprendendo simili passi, il Consiglio federale dà l’impressione che queste autorità non hanno le capacità sufficienti per disbrigare compiti difficili. Invece di ricorrere al diritto di necessità, il Consiglio federale dovrebbe rafforzare la cooperazione con il parlamento e la giustizia.

Corinne Buchser, swissinfo.ch
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

La Costituzione federale non parla di diritto di necessità, ma della facoltà del Consiglio federale di adottare provvedimenti straordinari senza che vi sia una legge.

Più precisamente il governo può emanare un’ordinanza o una decisione.

Questo diritto d’eccezione è ancorato in due articoli costituzionali:

184 “Relazioni con l’estero”, che al capoverso 3 stipula che “se la tutela degli interessi del Paese lo richiede, [il governo] può emanare ordinanze e decisioni. La validità delle ordinanze dev’essere limitata nel tempo”.

185 “Sicurezza esterna e interna”, che al capoverso 3 stabilisce che il Consiglio federale “può emanare ordinanze e decisioni per far fronte a gravi turbamenti, esistenti o imminenti, dell’ordine pubblico o della sicurezza interna o esterna. La validità di tali ordinanze dev’essere limitata nel tempo”.

Rainer J. Schweizer nasce a Basilea nel 1943.

Compie studi di diritto nelle università di Basilea, Ginevra, Vienna e Bonn.

Nel 1968 si laurea, nel 1971 ottiene la patente di avvocato e nel 1974 consegue il dottorato.

Dal 1974 al 1986 lavora come collaboratore scientifico per il Dipartimento federale di giustizia e polizia.

È pure chiamato a far parte di numerose commissioni e organismi nazionali e internazionali in qualità di esperto, consulente o perito.

Sul fronte accademico, dal 1977 al 1992 insegna nelle università di Basilea, Friburgo e Zurigo.

Dal 1987 al 1988 è professore supplente all’università Johann Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno.

Dal 1990 è professore ordinario di diritto pubblico all’università di San Gallo.

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