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Le famiglie degli scomparsi in Kosovo esigono la verità

Dans l attente de corps d Albanais du Kosovo découverts dans une fosse commune aux abords de Belgrade
Fotografie di persone scomparse in Kosovo poste per terra a Merdare, a nord di Pristina, nel 2006, in attesa dei corpi di alcune vittime del conflitto ritrovati in un fossa comune nei pressi di Belgrado. Keystone

Una conferenza di due giorni è in programma questa settimana a Ginevra per rilanciare le ricerche e l'identificazione di 1658 persone scomparse durante la guerra in Kosovo (1998-1999). In tale ambito, le famiglie delle vittime serbe e kosovare si sono unite per spingere le autorità locali e internazionali a superare i blocchi e la cattiva volontà politica. 

“Noi, madri, padri, mogli, mariti, fratelli, sorelle, figlie, figli e tutti gli altri famigliari di persone scomparse (…) non riposeremo fino a quando sarà chiarita la sorte di ogni persona scomparsa. Da 18 anni, ogni giorno è un giorno di agonia per ciascuno di noi”. 

Inizia così l’appello congiunto firmato il 21 giugno dalle famiglie serbe e kosovare di donne e uomini scomparsi durante la guerra in Kosovo (1998-1999). 

Ciò che chiedono ancora una volta, è che i resti dei loro parenti, nella maggior parte dei casi uccisi, vengano restituiti a loro e che venga fatta luce su questi crimini. L’appello congiunto è stato rivolto a Belgrado, Pristina e alla comunità internazionale in vista della riunione in programma a Ginevra. 

La conferenza, che si tiene giovedì e venerdì sotto l’egida della Missione ad interim delle Nazioni Unite per il Kosovo (MINUK), riunisce non solo le famiglie delle vittime, ma anche delegazioni governative serbe e kosovare, le organizzazioni internazionali specializzate su questi temi dolorosi, come il CICR, e gli esperti delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate. 

Da suo esito ci saprà se le pressanti richieste delle famiglie sono state ascoltate dalle parti interessate e se verranno rilanciate le ricerche e i procedimenti giudiziari. 

Attualmente queste ricerche si trovano in una fase di stallo. Nel 2002 erano date per scomparse 6044 persone. Per un gran numero di casi si è potuto accertare la loro sorte nei due anni seguenti. Poi il ritmo dei ritrovamenti è diminuito continuamente, con solo 4 casi risolti nel 2015, 14 nel 2016 e 6 quest’anno, secondo i dati del CICR.

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Perché un tale situazione di stallo? 

Al centro delle critiche si trova da anni anche la MINUK, l’organismo messo in piedi dalle Nazioni unite per organizzare l’amministrazione ad interim del Kosovo dopo la guerra. In un rapporto pubblicato nel 2013, Amnesty International puntava il dito sul “protettorato” dell’ONU: “Il fatto che la MINUK non abbia indagato su atti che costituiscono attacchi sistematici e su larga scala contro civili o crimini contro l’umanità, ha contribuito al clima di impunità che regna oggi in Kosovo”. 

Rimproveri vengono rivolti anche al Tribunale penale per l’ex Jugoslavia, che non avrebbe effettuato il campionamento del DNA sui corpi ritrovati in Kosovo, facendo aumentare quindi il rischio di errori di identificazione. Un orrore supplementare inflitto alle famiglie, alcune delle quali potrebbero scoprire che la tomba da loro onorata è occupata da un’altra persona. 

Miriam Ghalmi, responsabile dell’ufficio dei diritti umani della MINUK, sottolinea che l’obiettivo della riunione di Ginevra non è di regolare dei conti. “Alcune di queste istanze non avevano come mandato di identificare con precisione le vittime, ma di trovare e giudicare i loro aguzzini. Questa conferenza è in primo luogo un forum di discussione per le famiglie delle vittime e l’occasione per loro di farsi ascoltare sulla scena internazionale. La riunione permetterà agli esperti invitati, tra cui specialisti argentini, bosniaci, lituani e svizzeri, di condividere le loro esperienze e contribuire a risolvere la questione degli scomparsi in Kosovo, posta per la prima volta sotto i riflettori dell’attenzione internazionale”. 

“Errori sono stati commessi da tutte le parti interessate. La conferenza vuole rilanciare il processo di identificazione e di giustizia, ponendo al centro le famiglie delle persone scomparse e il loro calvario “, aggiunge Miriam Ghalmi. 

La riunione evidenzierà in che misura le resistenze politiche potranno essere superate, dato che molti responsabili di questi crimini di guerra figurano tuttora tra i principali attori politici in Serbia e Kosovo. Rimane da superare il campo di tensioni generato dalle soluzioni politiche dei conflitti, tra i bisogni di pace e di giustizia, che stentano a coincidere.

 

Traduzione di Armando Mombelli

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