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“Senza una rete di relazioni ci si arena velocemente”

Rudolf Wyder alla fine del 2013 cede il timone dell'Organizzazione degli svizzeri all'estero: era ormai diventato di casa anche nel Palazzo federale, dove faceva una tenace lobby per la Quinta Svizzera Courtesy of ASO

L'interesse per gli svizzeri all'estero come potenziali elettori è aumentato massicciamente negli ultimi anni. Così il suo lavoro è diventato sempre più politico, dice Rudolf Wyder. Dopo un quarto di secolo, il direttore dell'Organizzazione degli svizzeri all'estero (OSE) va in pensione e stila un bilancio.

“Come all’epoca in cui ho iniziato, oggi dirigo ancora una piccola organizzazione non governativa che difende gli interessi degli svizzeri all’estero La varietà delle attività è enorme, si fanno mille cose diverse, come in una bottega”, dice il 65enne direttore dell’OSE.

Col tempo, ci sono stati cambiamenti fondamentali: da quando, nel 1992, gli svizzeri all’estero hanno il diritto di voto per corrispondenza, sono presenti anche nel pensiero dei partiti politici. Non c’è un semplice interesse per i desideri e le esigenze degli svizzeri all’estero, ma soprattutto per il loro potenziale come elettori. “Così fare lobbying è diventata la mia attività principale. Perché occorre una rete di relazioni politiche con appoggi molto ampi, altrimenti ci si arena molto velocemente”.

L’attuale direttore dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE) Rudolf Wyder va in pensione il 31 dicembre 2013. Era alla testa dell’organizzazione dal 1987.

Il 1° gennaio 2014 l’OSE sarà guidata da un tandem femminile: Ariane Rustichelli e Sarah Mastantuoni. Attualmente Ariane Rustichelli dirige la comunicazione e il marketing dell’OSE, Sarah Mastantuoni il servizio giuridico.

Rudolf Wyder organizzerà come collaboratore esterno le celebrazioni per i 100 anni dell’OSE nel 2016.

Legittimità dell’OSE

Il fatto che la politica abbia “scoperto” i connazionali all’estero, secondo lo storico Rudolf Wyder è dovuto anche all’Intergruppo parlamentare svizzeri all’estero. Attualmente conta 112 membri ed è uno dei più grandi. Oggi non c’è praticamente più alcuna sessione parlamentare durante la quale non siano inoltrate mozioni o interrogazioni riguardanti la Quinta Svizzera. “25 anni fa veniva trattato forse una volta l’anno qualcosa proposto dall’OSE”.

Un ruolo importante è svolto dal Consiglio degli svizzeri all’estero, il cosiddetto “parlamento della Quinta Svizzera”. Si compone di 120 delegati delle istituzioni degli svizzeri all’estero e di 20 svizzeri in patria. “Anche se continuiamo a chiederci in nome di chi agiamo, il Consiglio ha indubbiamente una grande autorità morale. Certo, non ha poteri legislativi. Ma l’assemblea riflette le principali preoccupazioni degli svizzeri all’estero”, sottolinea Wyder.

Con gli anni è mutata fortemente anche la comunicazione tra la Svizzera e la sua diaspora. Soprattutto grazie a Internet e alla piattaforma SwissCommunity.org, gli espatriati oggi sono molto più vicini alla Svizzera di un quarto di secolo fa, rileva.

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“Figli” della globalizzazione

Negli ultimi anni, la mobilità è cresciuta fortemente, il numero di soggiorni brevi o quelli consecutivi in diversi paesi è aumentato. Basti pensare ai programmi per studenti Erasmus o ai soggiorni di lavoro di durata limitata all’estero.

Gli svizzeri sono troppo poco consapevoli del fatto che non è scontato installarsi ovunque. Grazie ad accordi speciali settoriali e alla libera circolazione delle persone, la Svizzera pur non essendo membro dell’UE ha quasi lo stesso status degli altri europei. “Ma dobbiamo stare attenti, non dimenticarci la reciprocità. Altrimenti gli altri potrebbero negarci ciò che ci piacerebbe avere”, mette in guardia il sostenitore dell’Unione europea.

Anche la mobilità per motivi personali è diventata comune. “È interessante notare che la Quinta Svizzera è a maggioranza femminile (il 57%). Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che le donne seguono i loro partner stranieri. Questo dovrebbe far riflettere gli uomini svizzeri”, scherza il direttore dell’OSE.

Immagine offuscata

In passato, in molti settori la Svizzera faceva figura di modello e oggi le piace ancora vedersi in quel ruolo. Tuttavia negli ultimi immagine è stata un po’ scalfita, per esempio in relazione al caso dei beni in giacenza di vittime dell’Olocausto negli anni ’90, alla controversia sul segreto bancario e al commercio di materie prime.

Che influsso hanno queste polemiche sulla vita degli svizzeri all’estero? Le affermazioni provenienti dall’estero sono contraddittorie, dice Rudolf Wyder. “Secondo alcuni, l’immagine della Svizzera ha sofferto molto: affermano che si viene lentamente guardati di sbieco, che mostrare il passaporto elvetico non è più così piacevole. Altri ritengono che essere svizzeri rappresenti ancora un vantaggio. A loro avviso, la messa sul banco degli imputati della Svizzera è un fatto di sensazionalismo mediatico e diatribe politiche. È però certo che è intervenuta una chiara distinzione dall’immagine puramente idilliaca della Svizzera”.

Un problema legato al segreto bancario e al contenzioso fiscale che attualmente preoccupa molti espatriati è che le banche chiudono le porte ai loro clienti svizzeri all’estero. “È iniziato negli Stati Uniti, ma nel frattempo abbiamo ricevuto da tutte le parti del mondo comunicazioni di svizzeri all’estero costretti a chiudere il proprio conto e che hanno problemi a trovare un’altra banca. Spero che il mondo bancario elvetico torni il più velocemente possibile a vivere ed operare in armonia con gli standard internazionali”, auspica Wyder.

“Il fatto di essere puniti solo perché si vive in un altro paese, è un incredibile passo indietro ed è in contraddizione con la globalizzazione e la mobilità”, osserva il direttore dell’OSE.

Se i conti non tornano

Negli ultimi 30 anni, il numero degli svizzeri all’estero è raddoppiato e supera ora quota 715mila. Nello stesso periodo si è dimezzato il numero dei consolati. È vero che molti servizi sono infatti disponibili su Internet, ma per richiedere o rinnovare un passaporto, adesso molti svizzeri all’estero devono percorrere lunghe distanze.

“Questo è uno dei grandi attriti attuali”, dice Wyder . “Qui è stato mancato l’obiettivo, perché anche i consolati devono affrontare maggiori distanze per esempio per visitare degli svizzeri in ospedale o in carcere. Non sono sicuro che il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) abbia fatto bene i conti. Il trasferimento nella diplomazia a scapito della rete consolare trovo che sia problematico. La rete è stata troppo diradata. Si dovrà correggere il tiro”.

Perché la comunità degli svizzeri all’estero è chiamata anche Quinta Svizzera?

Deriva dall’epoca in cui il romancio è diventato la 4a lingua nazionale. Voleva dire: attenzione, ci sono pure coloro che fanno parte del paese, anche se vivono al di fuori dai confini nazionali, dunque la 5a Svizzera.

Quanti sono gli svizzeri all’estero in totale?

Circa 716’000.

Quanti hanno la doppia cittadinanza?

La quota è del 69 % (corretto: il 72,5%).

In che paese vive il maggior numero di svizzeri all’estero?

Chiaramente in Francia.

In che paesi non vivono svizzeri all’estero?

Credo a Nevis, un’isola delle Piccole Antille, nonché a Nauru e Tuvalu, nel Pacifico. Attualmente è possibile anche in Iraq. Inoltre ci sono stati momenti in cui non ve n’erano in Afghanistan.

Quanti si sono registrati nei cataloghi elettorali in Svizzera?

Abbondanti 149’000.

Quanti club di svizzeri all’estero ci sono?

Siamo in contatto con oltre 700.

Qual è il più piccolo club?

Non lo so.

Quanti svizzeri all’estero conosce?

Nel corso degli anni ne ho personalmente incontrati varie migliaia.

Quanti paesi in cui vivono cittadini svizzeri ha visitato?

Direi una trentina.

Come descriverebbe il tipico svizzero all’estero?

Patriottico e cosmopolita.

E-voting ovunque

Un altro tema scottante è l’e-voting, che sulla scia delle rivelazioni di Edward Snowden sulle attività di spionaggio della NSA (National Security Agency), viene nuovamente rimesso in questione. Nonostante lo scandalo delle intercettazioni dei servizi segreti statunitensi, la Cancelleria federale assicura che il voto via Internet è sicuro.

Un parere condiviso da Rudolf Wyder. “Ritengo indispensabile adattarsi ai mezzi di comunicazione contemporanei. Certamente la vicenda dell’NSA dimostra che i sistemi di comunicazione sono obiettivi prediletti di hacker. Ma attacchi ai voti e spionaggio sono pur sempre due paia di scarpe. Ma naturalmente per coloro che sono sempre stati contro il voto elettronico, questa è una manna dal cielo”.

Il direttore dell’OSE si rallegra comunque che ora sia in corso una discussione più intensa sulla sicurezza. “Abbiamo già una strategia di massima sicurezza. La Cancelleria federale sin dall’inizio ha sempre posto la sicurezza davanti alla velocità con l’e-voting”. Con queste premesse, Wyder è convinto che alle elezioni federali del 2015 una grande maggioranza di svizzeri all’estero avrà la possibilità di votare tramite Internet.

Più spazio per le scuole

Le scuole svizzere all’estero, che sono sempre state alle prese con problemi finanziari, godono di un ampio consenso fra tutti i partiti in parlamento. “Sono uno strumento della politica estera svizzera”, dice Wyder, che è membro del Partito liberale radicale. Il parlamento sta dibattendo su una revisione legislativa che dovrebbe permettere alle scuole di avere maggiore margine di manovra nella gestione economica. Il 12 dicembre la Camera dei cantoni ha accettato la riforma, che ora passa al vaglio del Consiglio nazionale. La revisione prevede in particolare l’abolizione della quota minima di scolari svizzeri – attualmente il 20% per gli istituti più grandi e il 30% per quelli più piccoli – per l’ottenimento dei sussidi.

“In parlamento c’è unanimità sul fatto che queste scuole portano molto alla Svizzera: i giovani imparano a conoscere la Svizzera, è un plus per la promozione del turismo, ma anche per il reclutamento di futuri forze dirigenti”, dice il direttore dell’OSE, che alla fine dell’anno lascerà la carica per raggiunti limiti di età.

Congedarsi dall’OSE per lui “non è estremamente difficile”, anche se è “sposato ” con l’istituzione l’organizzazione da 26 anni. L’imminente cambio generazionale è una buona cosa, dice Rudolf Wyder. “E poi si dovrà tinteggiare il mio ufficio, perché all’inizio della mia attività qui fumavo ancora la pipa e i sigari”.

(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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