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Tartassato l’esercito, il ministro della difesa resiste

Keystone

L'esercito svizzero è stato di nuovo al centro di scontri fra partiti mercoledì alla Camera bassa del parlamento. Ancora nel mirino dei tiri incrociati, il ministro della difesa Samuel Schmid è rimasto imperturbabile.

Il bernese ha negato che l’esercito sia in crisi. Per Schmid, le forze armate elvetiche hanno solo difficoltà di adattamento legate all’applicazione del piano di riforma “Esercito XXI”. Si tratta di un processo iniziato nel 2004, che proseguirà fino al 2011 e che attualmente è in fase di consolidamento, ha sintetizzato il consigliere federale.

Una struttura così complessa non può trasformarsi in due o tre anni, ha ammonito il ministro, osservando che molti fattori non dipendono dalla direzione del Dipartimento della difesa.

Rispondendo al fuoco di fila delle critiche che denunciavano l’assenza di strategia, Samuel Schmid ha replicato che non ci si può difendere contro tutto. “Occorre dare alla popolazione la protezione più vasta possibile e riflettere sui rischi attuali, tenendo conto delle nostre risorse specifiche”.

“Se si riducono i mezzi finanziari, si devono anche rivedere le missioni”. L’esercito – ha proseguito Schmid – è pronto ad assumere nuove missioni, a condizione che la truppa sia bene equipaggiata. Ciò significa che deve beneficiare dei crediti necessari.

Lo stesso copione

Il dibattito urgente, sollecitato da Unione democratica di centro (UDC, destra nazional-conservatrice), Partito socialista (PS) e Verdi, è stato una sorta di replica di quello della scorsa settimana sul programma d’armamento, in cui si sono scontrate le diverse ideologie e concezioni sull’esercito.

Schmid ha dovuto rispondere a una ventina d’interventi. “Devo lavorare con tutti i gruppi e non temo i dibattiti”, ha puntualizzato il ministro, dicendosi disposto a trarre le debite lezioni, in particolare dalle “critiche costruttive” emesse dai partiti di centro destra, ossia quello liberale radicale (PLR) e quello popolare democratico (PPD), che erano contrari al dibattito urgente.

Il consigliere federale si è pure detto disposto a discutere sulla concezione del PS, anche se non corrisponde alla sua. Tuttavia – ha aggiunto – “non so se a destra tutti ne abbiano veramente una”, alludendo chiaramente al suo ex partito: quell’UDC che con la sua strategia di ostruzione cerca di costringerlo alle dimissioni.

Chi attacca

Proprio dai rappresentanti dell’UDC alla Camera del popolo, mercoledì sono stati sferrati gli attacchi più virulenti al ministro.”Signor consigliere federale, non le crediamo più. A causa della sua tattica della cortina fumogena, lei riconosce i problemi soltanto quando non ne può più fare a meno”, ha tuonato il turgoviese Alexander Baumann.

Dal canto loro, i Verdi hanno nuovamente chiesto una pausa di riflessione. Il presidente Ueli Leuenberger ha ripetuto che il suo partito è convinto che i veri problemi cui è esposto il Paese non sono legati a rischi di carattere militare, bensì ambientale e sociale.

Deplorando una mancanza di priorità, la socialista bernese Evi Allemann ha rilevato che l’esercito, dalla fine della Guerra fredda, fatica a trovare il proprio posto, soffre di mancanza di personale e di turbolenze ai suoi vertici. Per il PS, occorre concentrarsi sulla promozione della pace, sopprimere l’obbligo generale di servire e limitarsi a 50’000 volontari. In questo modo sarebbe possibile ridurre le spese di un terzo.

E chi difende

A sostenere il ministro della difesa e l’esercito sono così rimasti soltanto il PLR e il PPD. Il presidente del PLR Fulvio Pelli ha dichiarato che l’esercito e i suoi obiettivi vanno presi in considerazione con la massima serietà e non sfruttati a fini politici.

Dopo aver ricordato che, il 18 maggio 2003, i tre quarti dei votanti ha approvato la legge su “Esercito XXI”, il ticinese ha accusato la sinistra e l’UDC di sognare un altro esercito, un residuo del passato oppure uno in miniatura. Invece, l’esercito “significa difesa, sicurezza, interesse e coesione nazionale. L’esercito vuol dire anche posti di lavoro”, ha incalzato.

Il PPD ha a sua volta deplorato che si usi l’esercito per fare della politica fine a sé stessa. “Al posto di adottare le necessarie decisioni, che tutti rivendicano, discutiamo per ore”, ha deplorato la lucernese Ida Glanzmann.

All’UDC che rimprovera all’esercito di trovarsi in una “situazione desolata”, il bernese Walter Donzé, del Partito evangelico, ha fatto notare che “l’esercito funziona meglio del nostro parlamento, dove si svolgono lotte ideologiche motivate più dall’odio che dalla ragione”.

Una politica dei lunghi coltelli che non sembra spaventare Schmid. Al termine del dibattito, il ministro ha dichiarato di averlo molto apprezzato. Ha quindi aggiunto di avere ancora molto lavoro davanti a sé, mettendo così a tacere le voci insistenti di un imminente annuncio delle sue dimissioni.

swissinfo e agenzie

La popolarità di Samuel Schmid è in caduta libera, stando a un sondaggio sui 7 membri del governo elvetico pubblicato mercoledì dal settimanale romando “L’Illustré”: il ministro della difesa è ormai sostenuto soltanto dal 33% degli svizzeri, mentre un anno fa lo vedeva ancora di buon occhio l’80%.

Per la prima volta dal 2002, il ministro dell’interno Pascal Couchepin (40%) cede l’ultimo posto in classifica e diventa penultimo.

Schmid paga il prezzo delle vicende che hanno scosso l’esercito negli ultimi tempi, ma soprattutto la sua gestione del caso Nef, il capo dell’esercito che aveva scelto e che è stato costretto a dimettersi dopo le rivelazioni della stampa riguardo a un procedimento penale a suo carico per coazione a sfondo sessuale nei confronti dell’ex compagna.

La ministra dell’economia Doris Leuthard rimane il membro più popolare del governo elvetico, con l’87% di voti favorevoli. Con l’82%, segue la ministra di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf. Terzo è il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz (79%), quarti a parità (64%) il ministro dell’ambiente, dei trasporti e dell’energia Moritz Leuenberger e la minsitra degli esteri Micheline Calmy-Rey.

Al termine del dibattito generale, il Consiglio nazionale (Camera bassa) ha votato su una cinquantina di atti parlamentari concernenti l’esercito, quasi tutti respinti. Ha accolto mozioni sulla prontezza d’impiego dell’aviazione e su un nuovo piano in grado di garantire il trasporto aereo nell’ambito di impieghi civili e militari all’estero.

Il governo è anche stato incaricato di presentare un atto legislativo per sgravare l’esercito dai compiti di sorveglianza delle ambasciate. Tutti questi atti, per aver forza esecutiva, dovranno ancora essere approvati dalla Camera dei Cantoni (Consiglio degli Stati).

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