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Resiste il no al divieto dei minareti

Ci sarà ancora spazio per i minareti in Svizzera? La risposta dalle urne il 29 novembre. Ex-press

Se gli svizzeri avessero votato oggi, dalle urne sarebbero usciti due no e un sì: no al divieto di costruire minareti, no al divieto d'esportare armi, sì al finanziamento speciale per i compiti di aviazione civile. Ma solo il destino dell'export di materiale bellico appare già definitivamente segnato.

Nel secondo sondaggio effettuato dall’istituto gfs.bern per conto della SRG SSR ideé suisse, i no all’iniziativa popolare “Contro l’edificazione di minareti” sono rimasti invariati al 53%. I sì, invece, sono saliti al 37%, guadagnando 3 punti percentuali rispetto al precedente sondaggio, condotto quattro settimane prima. La proporzione degli indecisi è scesa dal 13 al 10%.

Tuttavia, a una settimana e mezzo dallo scrutinio federale del 29 novembre, il responsabile dell’istituto di indagini demoscopiche Claude Longchamp ritiene impossibile fare pronostici sull’esito del voto. E ciò nonostante che le intenzioni si siano consolidate.

In entrambi i campi, infatti, la quota di coloro che si dicono “sicuri” di come voteranno è salita di sei punti percentuali. Sul fronte dei sì ora si situa al 30%, su quello dei no al 44%. La proporzione dei “probabili” sì è scesa dal 10 al 7%, quella dei “probabili” no dal 15 al 9%. Coloro che non hanno ancora un’opinione sono diminuiti dal 13 al 10%.

Secondo i ricercatori del gfs.bern, è però inabituale che con il progredire della campagna per il voto i no siano rimasti stabili e i sì siano aumentati. Solitamente, man mano che ci si avvicina alla votazione, il sostegno a un’iniziativa tende a diminuire e l’opposizione ad aumentare, spiegano gli specialisti di sondaggi.

Una tendenza sorprendente che si riscontra nell’elettorato liberale radicale e fra coloro che non sono legati ad alcun partito. Fra costoro, infatti, è aumentato il sostegno ed è calata l’opposizione all’iniziativa. Campioni del no sono gli elettori Verdi, con il 79%, seguiti dai socialisti (76%). Secondo logica, i maggiori sostenitori sono gli elettori del partito che ha lanciato l’iniziativa, ossia l’Unione democratica di centro, con il 78% di sì.

Nessun fossato linguistico

Contrariamente al primo sondaggio, ora il no prevale in tutte le tre regioni linguistiche del paese. Nella Svizzera italiana, infatti, si è registrato un capovolgimento di situazione: i no sono balzati dal 40 al 60%, mentre i sì sono crollati dal 53 al 28%. Gli indecisi sono curiosamente cresciuti dal 7 al 12%.

Fenomeno analogo in Romandia, dove la quota di chi non sa ancora cosa voterà è progredita dal 13 al 18%. Qui i no sono passati dal 52 al 53% e i sì dal 35 al 29%. Nella Svizzera tedesca, i sì hanno guadagnato terreno, salendo dal 34 al 41%, i no sono passati dal 54 al 53%, i senza opinione dal 12 al 6%.

Affossato il bando dell’export di armi

L’evoluzione delle opinioni fra i due sondaggi, invece, segue il corso classico per la seconda iniziativa sottoposta al voto di popolo e cantoni il 29 novembre, ossia quella “Per il divieto di esportare materiale bellico”. Il fronte dei no si è rafforzato, salendo dal 44 al 50%, i sì sono scesi dal 41 al 39%, gli indecisi sono diminuiti dal 15 all’11%.

Anche per questa iniziativa non si registrano spaccature linguistiche. In tutte le tre regioni è bocciata, seppur in misura diversa. Come nel primo sondaggio, il no più secco si registra nella Svizzera italiana: il 64%, contro il 30% di sì e il 6% di indecisi. Nella Svizzera tedesca i no sono il 50%, contro 40% di sì e il 10% di indecisi e nella Svizzera francese il 47% contro il 35% di sì e il 18% di indecisi.

Per gli studiosi del gfs.bern, la tendenza registrata fra i due sondaggi e i chiari schieramenti fra destra, contraria, e sinistra, a favore, permettono di prevedere che, come altri tentativi simili in passato, questa proposta non supererà lo scoglio delle urne.

Finanziamento nel regno dell’incertezza

L’incertezza regna ancora sovrana sul terzo oggetto in votazione, il finanziamento speciale per compiti connessi al traffico aereo. In una campagna incentrata su due iniziative che destano grandi controversie, questo tema, che ai cittadini appare lontano dalle preoccupazioni della vita quotidiana, è stato completamente ignorato.

In tale contesto, per l’elettorato è difficile farsi un’opinione. Così, a meno di due settimane dall’appuntamento con le urne, più di un quarto (28%) di chi dice di voler votare, ossia appena 4 punti percentuali in meno del precedente sondaggio, non sa ancora la risposta che metterà nell’urna. La proporzione di chi è “sicuro” di come voterà è salita dal 32 al 43%, mentre quella di chi ha “piuttosto” un’intenzione è scesa dal 36 al 29%.

La proporzione dei consensi è salita dal 42 al 49%, mentre quella delle opposizioni è scesa dal 26 al 23%. Ma per il team diretto da Claude Longchamp, l’insolita consistenza della fetta di indecisi preclude ogni pronostico sull’esito del voto.

Sonia Fenazzi, swissinfo.ch

Il sondaggio è stato effettuato dal 9 al 14 novembre 2009 dall’istituto gfs.bern.

È stato intervistato un campione rappresentativo di 1’213 aventi diritto di voto di tutta la Svizzera.

Di costoro, 888 hanno dichiarato che parteciperanno allo scrutinio federale del 29 novembre.

Con il 50%, il tasso di partecipazione è superiore alla media, che si situa al 45%.

Il margine d’errore è del +/- 2,9%.

L’iniziativa popolare “Contro l’edificazione di minareti” è stata lanciata dall’Unione democratica federale (UDF, destra cristiana) e dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice). È stata firmata da quasi 114mila aventi diritto di voto. Chiede l’aggiunta all’articolo 72 della Costituzione federale di un nuovo capoverso che recita: “L’edificazione di minareti è vietata”. Il governo e il parlamento svizzeri raccomandano all’elettorato di respingerla. Alle Camere federali solo il gruppo UDC l’ha sostenuta.

L’iniziativa popolare “Per il divieto di esportare materiale bellico” è stata promossa da una coalizione di quasi una quarantina di partiti di rosso-verdi e organizzazioni pacifiste, caritative e di ispirazione cristiana, capeggiate dal Gruppo per una Svizzera senza esercito. È stata depositata nel 2007 munita di quasi 110mila firme valide. Domanda che la Confederazione promuova una politica di pace. Stipula il divieto di esportazione e di transito attraverso la Svizzera di materiale bellico. Non sono sottoposti alla proibizione gli strumenti di sminamento umanitario, come pure le armi per lo sport e la caccia. Contempla l’obbligo per la Confederazione di sostenere per 10 anni i salariati e le regioni in cui andrebbero persi posti di lavoro a causa del bando. Il governo e il parlamento svizzeri raccomandano di respingerla. Alle Camere federali è stata approvata dai Gruppi socialista e dei Verdi/evangelici/cristiano sociali. Tutti gli altri l’hanno bocciata.

La modifica dell’articolo costituzionale che regola il prelievo di imposte sui carburanti, proposta dal governo, prevede una ridistribuzione di tali introiti, al fine di creare un sistema di finanziamento speciale per compiti connessi al traffico aereo. L’oggetto è combattuto solo dai Verdi. I socialisti lasciano libertà di voto, mentre tutti gli altri gruppi parlamentari lo sostengono.

swissinfo.ch

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