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Saddam: la Svizzera contraria alla pena di morte

La giustizia irachena ha emesso il suo verdetto contro l'ex dittatore Saddam Hussein Keystone

La Svizzera non giustifica la condanna alla pena di morte per impiccagione dell'ex dittatore iracheno Saddam Hussein, processato a Baghdad per crimini contro l'umanità.

Il verdetto emesso dal Tribunale speciale suscita reazioni contrastanti anche a livello internazionale.

La Svizzera è soddisfatta che il processo contro l’ex dittatore iracheno Saddam Hussein si sia potuto portare a termine, malgrado la difficile situazione del paese.

Si è trattato di una “sfida immensa” sia per i giudici dell’Alto tribunale penale iracheno che per i difensori delle persone accusate. Ha richiesto coraggio e impegno personale, scrive il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) in una nota ricordando che tre di essi sono stati assassinati.

L’ex presidente iracheno doveva essere punito vista la gravità dei crimini commessi, ma per Berna la pena di morte non è accettabile in alcun caso. La Svizzera l’ha abolita e si impegna a livello di organizzazioni internazionali affinché anche gli altri paesi facciano altrettanto. Questa posizione vale anche nel caso di Saddam Hussein, precisa il DFAE.

Berna spera che i processi contro i resposabili dell’ex regime possano contribuire a superare le difficoltà del passato e ad istaurare uno Stato di diritto in Iraq. Il DFAE rimane molto preoccupato per la situazione di “drammatica insicurezza” che continua a sussistere nel paese, conclude la nota.

L’Europa del medesimo avviso

A Bruxelles, la presidenza dell’Unione europea (Ue) ricorda come “nell’arco degli anni l’Ue abbia ripetutamente condannato le violazioni sistematiche, estese e estremamente gravi dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale commesse dal regime di Saddam Hussein”.

“Stabilire la verità e chiamare a rispondere per i crimini commessi durante il passato regime aiuterà a favorire la riconciliazione nazionale e il dialogo in Iraq. La natura dei crimini così come la necessità di una riconciliazione nazionale fanno sì che tutti i procedimenti devono essere condotti nel rispetto di tutti i principi del processo equo”.

Come la Svizzera, anche l’Europa unita critica tuttavia la pena capitale. “La presidenza ricorda la posizione di lunga data dell’Ue contro la pena di morte” che non “dovrebbe essere applicata nemmeno in questo caso”, sottolinea la nota diffusa dalla presidenza finlandese.

USA soddisfatti

“E’ una buona giornata per il popolo iracheno”: questo è invece il commento di Tony Snow, portavoce della Casa Bianca che si felicita per la pena pronunciata contro Saddam Hussein. “Ora avete la prova assoluta che in Iraq esiste un sistema giudiziario indipendente e affidabile”.

L’ambasciatore americano in Iraq, Zalmay Khalilzad, ha parlato di una “pietra miliare nella trasformazione del paese in una società libera e in uno Stato di diritto”.

Pure la Gran Bretagna, alleata degli USA nella guerra contro l’ex despota di Baghdad, saluta con favore la condanna. Se qualcuno fa osservare al ministro dell’Interno John Reid (che era alla Difesa durante la guerra irachena) che Londra è ufficialmente contro la pena capitale, egli replica: “dobbiamo rispettare la sovranità dell’Iraq in queste decisioni”.

Condanna del Vaticano

“Dio dona la vita ed è il solo a poterla riprendere”, commenta invece il Vaticano per voce del cardinale Renato Raffaele Martino criticando la condanna. “Il verdetto dimostra che la logica dell’ ‘occhio per occhio, dente per dente’ continua a dominare il mondo”.

Secondo Amnesty International si tratta di “una vicenda losca, marcata da gravi vizi che mettono in dubbio la capacità del tribunale di amministrare correttamente la giustizia, nel rispetto degli standard internazionali”.

Un’opinione condivisa dalla Federazione internazionale dei diritti dell’uomo (Fidh), secondo la quale il tribunale iracheno “è gravemente venuto meno alla sua missione”, perché si è “caratterizzato per violazioni ripetute del diritto ad un processo equo”.

Infine, Louise Arbour, Alto commissario Onu per i diritti umani, ha chiesto alle autorità irachene una moratoria dell’esecuzione dell’ex presidente iracheno e dei suoi co-imputati. “Quelli che sono stati condannati oggi devono avere la possibilità di esperire tutte le vie di ricorso e, quale che sia l’esito dell’appello, spero che il governo iracheno pronuncerà una moratoria delle esecuzioni”, ha detto la Arbour.

swissinfo e agenzie

L’ex presidente iracheno Saddam Hussein è stato condannato a morte per impiccagione per la strage di 148 sciiti del villaggio di Dujahil, avvenuta nel 1982 per rappresaglia in seguito ad un fallito attentato contro il convoglio dell’allora presidente iracheno.

Il processo si è concluso con altre due condanne a morte. Quella contro il fratellastro di Saddam, Barzn al-Tikriti, responsabili dei servizi d’informazione al momento dei fatti e quella contro l’ex presidente del Tribunale rivoluzionario Awad Ahmed al-Bandar. L’ex vice-presidente Taha Yassine Ramadan è stato invece condannato all’ergastolo.

L’organizzazione Human Rights Watch ritiene che 200’000 potenziali oppositori furono assassinati durante il regime di Saddam, tra il 1979 e il 2003.

Saddam Hussein ha preso il potere in Iraq nel 1979.
Il leader decaduto è stato catturato dagli USA nel 2003.
Il suo processo per crimini contro l’umanità è iniziato il 19 ottobre 2005.

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