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Scetticismo della stampa sul dopo Annapolis

Il presidente americano George W. Bush (da sinistra), il primo ministro israeliano Ehud Olmert e il presidente palestinese Mahmud Abbas riuniti per la prima volta alla Casa Bianca Keystone

A detta dei commentatori svizzeri, israeliani e palestinesi incontreranno grandi difficoltà nel tentativo di raggiungere un accordo di pace entro la fine del 2008.

Dopo la conferenza di Annapolis di martedì, i leader israeliani e palestinesi si sono incontrati mercoledì alla Casa Bianca per lanciare i primi negoziati formali e diretti degli ultimi sette anni.

“La pace è possibile. Ci credo io. E ci credono loro”, ha dichiarato il presidente americano George W. Bush, al termine del suo incontro alla Casa Bianca con il l premier israeliano Ehud Olmert e il presidente palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen).

Molto più scettici i media internazionali e anche quelli svizzeri: ai loro occhi, dopo 7 anni di scarso impegno nella crisi mediorientale, Bush riuscirà molto difficilmente a raggiungere uno storico successo diplomatico nel suo ultimo anno presidenziale.

Uno spiraglio di speranza

L’accordo fra israeliani e palestinesi su un documento che delinea la cornice dei futuri negoziati per la pace in Medio Oriente rappresenta comunque “un’occasione per un ripensamento” secondo la “Basler Zeitung” (BaZ), che parla di “un soffio di speranza”. Se le premesse sono positive, ora occorre però passare dalle parole ai fatti: “solo così si potrà ottenere anche il sostegno delle popolazioni israeliana e palestinese”, avverte il quotidiano basilese.

Circa le condizioni di concretizzazione, il foglio renano sottolinea “la responsabilità di Israele” nel fare concessioni in cambio del “sostegno – per la prima volta – di tutti gli Stati arabi importanti”. La BaZ rileva poi anche la responsabilità della comunità internazionale, che deve cambiare strategia, cooperando all’attuazione delle “concessioni dolorose” richieste alle parti, invece di limitarsi a lenire le ferite con aiuti finanziari.

I dubbi prevalgono

Pur riconoscendo che ad Annapolis è stato compiuto “un progresso”, la “Neue Zürcher Zeitung” (NZZ) è scettica sulle probabilità di una svolta nella soluzione del conflitto israelo-palestinese.

Il foglio zurighese evidenzia che nel documento concordato dal primo ministro israeliano Ehud Olmert e dal presidente palestinese Mahmud Abbas con il sostegno del presidente statunitense Georges W. Bush e la segretaria di Stato Usa Condoleezza Rice ci si impegna a raggiungere un accordo entro la fine del 2008 sulle questioni centrali aperte, senza però specificare di quali questioni si tratti.

La formula vaga, secondo la NZZ, dimostra che Olmert non era disposto a far figurare la scottante e controversa questione di Gerusalemme Est nei temi di negoziato. Il quotidiano parla quindi dei “rischi elevati” cui andranno incontro all’interno dei rispettivi paesi Olmert e Abbas quando cercheranno di tramutare in realtà le loro promesse. La ferma opposizione dei movimenti radicali li attende entrambi al varco.

Ostacoli interni difficili da superare

Sulla stessa lunghezza d’onda è il commento del “Tages Anzeiger” che mette subito in risalto lo scarso sostegno interno cui sono confrontati entrambi i leader: sia per Abbas, sia per Olmert un solo passo falso potrebbe segnare la loro fine politica. Questa situazione indicano che “l’accordo di Annapolis può essere considerato solo con grande scetticismo”.

Il giornale zurighese ricorda poi il peso del passato con tutta la sua scia di morti che non costituisce certamente una premessa promettente. Per il “Tages Anzeiger”, raggiungere il risultato che ci si è prefissi sarà impossibile “senza decisioni fondamentali, soprattutto da parte di Israele”. Senza di esse, “nemmeno la paura comune dell’Iran” basterà per una base comune, conclude il giornale.

Un nuovo asse anti-iraniano?

Per il Corriere del Ticino, Annapolis rappresenta “l’ultimo tentativo dell’amministrazione Bush Jr. di lasciare ai posteri un ricordo meno traumatico sulle sue iniziative nel mondo arabo”.

Secondo il quotidiano ticinese, il vertice sul Medio oriente segna “un potenziale punto di svolta storica”, che potrebbe portare ad un nuovo asse anti-iraniano e anti-sciita. In quest’asse figurerebbero anche alcuni paesi musulmani, a cominciare dalla Turchia, per i quali “il nemico da annientare ieri, cioè Israele, è molto meno pericoloso di quello da arginare oggi, cioè l’Iran”.

swissinfo, Sonia Fenazzi

La conferenza tenuta martedì ad Annapolis, negli Stati uniti, è la prima organizzata dal governo americano per tentare di risolvere la crisi mediorientale, da quando è entrato in carica il presidente Bush.

Secondo gli osservatori, la conferenza ha portato un nuovo slancio e alcuni progressi, ma le prospettive di giungere ad un accordo di pace entro la fine del 2008 sono alquanto tenue.

Il presidente americano ha ottenuto da israeliani e palestinesi un impegno scritto per l’apertura del dialogo su alcuni punti fondamentali, quali lo statuto di Gerusalemme, la sorte dei quattro milioni di rifugiati palestinesi, il futuro delle colonie ebraiche nei Territori palestinesi, la delimitazione delle frontiere e la ripartizione delle risorse di acqua.

Il prossimo 12 dicembre è in programma la prima riunione della commissione israelo-palestinese incaricata della supervisione delle trattative, che dovrà stabilire le linee guida per la prossima fase negoziale.

Due conferenze di pace sono inoltre previste il 17 dicembre a Parigi e all’inizio dell’anno prossimo a Mosca.

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