Attenti al permafrost

L'aumento della temperatura potrebbe far franare lo strato di terreno gelato: un pericolo che in Engadina viene preso molto sul serio.
Gli scienziati parlano di permafrost quando la temperatura del terreno rimane sotto lo zero per almeno un anno e di conseguenza il sottosuolo è permanentemente gelato. Una situazione che si riscontra normalmente a partire dai 3000 metri. Ora, con l’attuale surriscaldamento dell’atmosfera, il sottosuolo si sgela anche ad alta quota e il limite del permafrost si sta progressivamente spostando verso l’alto.
In Svizzera, i primi studi sistematici sul permafrost sono iniziati già negli anni ’70. Nel 1987, ricercatori dell’Istituto d’idrologia e glaciologia del Politecnico federale di Zurigo hanno installato una stazione di misurazione sul Piz Corvatsch, vicino a St. Moritz , per osservare i mutamenti della temperatura del sottosuolo. Da allora, nelle Alpi grigionesi e in quelle vallesane vengono regolarmente effettuate misurazioni analoghe e studi specifici.
Grazie a misurazioni effettuate dal Politecnico federale di Zurigo e dell’Istituto federale per lo studio della neve e delle valanghe, si è ora potuto scoprire che una massa detritica sopra Pontresina rischia di franare a valle per lo scioglimento del permafrost. Si tratta di una massa di circa centomila metri cubi di detriti, situata a 2700 metri di altitudine, nella zona della Foura da l’Am d’Ursina, sopra la a località turistica dell’Alta Engadina.
Il caso di Pontresina non è peraltro isolato: ricercatori europei hanno già messo in guardia contro i rischi di smottamenti che incombono su stazioni turistiche e villaggi alpini. Ma la località grigionese non ha voluto perdere tempo in attesa di strategie globali: ha preferito passare rapidamente all’azione e adottare misure preventive, giudicandole pressanti.
Dai rilevamenti è infatti emerso che la temperatura del suolo dello Schafberg, la montagna che sovrasta Pontresina, negli ultimi anni è costantemente aumentata e che il permafrost è ormai vicino alla soglia dello scioglimento. Parallelamente, la stabilità della massa detritica si affievolisce e il rischio di cedimento cresce.
Il comune engadinese ha così progettato due dighe di protezione ai margini della località e altre due sulle pendici della montagna. Le dighe saranno lunghe 230 metri ciascuna, per un’altezza di 13,5 metri. Complessivamente, verrà utilizzata una superficie di 6,3 ettari. L’opera, del costo di 7,5 milioni di franchi, dovrebbe essere conclusa per la fine 2003 e servirà a riparare il comune anche dalle valanghe.
swissinfo e agenzie

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