La storia del clima nei colori del mare

Un ricercatore del Politecnico di Zurigo ha ricostruito la storia climatica del Mar dei Caraibi analizzando le variazioni di colore dei sedimenti depositati sul fondale.
I cambiamenti climatici che si sono verificati in passato sul nostro pianeta hanno lasciato traccia nei detriti depositati sui fondali marini. Una traccia che oggi gli scienziati sono in grado di interpretare, analizzando la composizione chimica del materiale stratificato.
Gerald Haug, del Dipartimento di scienze della terra del Politecnico di Zurigo, ha preso parte ad un programma di ricerca internazionale che ha ricostruito la storia climatica del Mar dei Caraibi studiando i detriti accumulati nel bacino Cariaco, in Venezuela. Il fondale del bacino è coperto da uno strato di sedimenti alto 170 metri, che si è formato progressivamente nel corso di 580.000 anni.
Haug e i suoi colleghi hanno analizzato i 36 metri superiori del deposito, relativi agli ultimi 90’000 anni. I risultati dello studio sono descritti sull’ultimo numero della rivista Science.
“I campioni che abbiamo prelevato”, spiegano gli autori, “mostrano una sovrapposizione di livelli di colore diverso: strati verde scuro alternati a strati di colore marrone, giallo o verde chiaro.” Gli intervalli di colore scuro, secondo gli esperti, indicano una scarsa concentrazione di ossigeno sul fondo marino, una condizione che si verifica quando il clima è caldo e i microrganismi acquatici proliferano, consumando le riserve del prezioso gas.
Gli intervalli più chiari, invece, indicano la presenza di ossigeno sul fondale, quindi una minore abbondanza di forme di vita dovuta al clima freddo e arido.
I dati ricavati dallo studio del bacino Cariaco coincidono con le informazioni ottenute dall’analisi dei ghiacci della Groenlandia. Dimostrano che negli ultimi 90’000 anni la Terra ha subito delle repentine variazioni di temperatura e piovosità e che i mari tropicali hanno influito, con la loro riserva di calore e umidità, sui cambiamenti dell’assetto climatico globale.
Maria Cristina Valsecchi

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