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Pro e contro la privatizzazione di Swisscom al Consiglio degli stati

Come il centro logistico dell'Hardturm, swisscom chiuderà presto altre strutture, indipendentemente dalla sua eventuale privatizzazione Keystone

L'idea di vendere la propria quota di azioni Swisscom anche senza consultare il Parlamento piace al Consiglio federale, ma non ad alcuni senatori preoccupati per la sorte del servizio pubblico.

È quanto scaturito alla Camera Alta durante la discussione su un’interpellanza urgente del «senatore « svittese democristiano Bruno Frick.

Nonostante i desideri di privatizzazione, ha spiegato il capo del Dipartimento federale delle telecomunazioni Moritz Leuenberger, il governo prevede di adottare misure di accompagnamento per le regioni periferiche e di dotarsi di un diritto di veto qualora siano in pericolo interessi vitali della Confederazione.

Secondo Bruno Frick, una modifica dell’attuale legge sulle telecomunicazioni dovrebbe dare a Swisscom i mezzi per cercare alleanze su un mercato in fermento. La legge attuale è un corsetto troppo rigido che rischia di penalizzare un’azienda finora redditizia, ha detto.

Di parere discordante il socialista solettese Ernst Leuenberger secondo il quale Swisscom, al pari della Posta e delle ferrovie, ha contribuito alla coesione nazionale. Una privatizzazione mal si concilia con la nozione di servizio pubblico.

Non diversa la posizione del PPD sangallese Eugen David, disturbato dal fatto che dall’estero qualcuno potrà un giorno comandare in casa nostra. «È scioccante – ha detto – come un’impresa centenaria costruita con le tasse dei cittadini possa cambiare padrone in un batter d’occhio».

Circa l’opportunità di associare le Camere alla decisione di vendere la propria quota di azioni Swisscom, Moritz Leuenberger ha ricordato che alleanze e strategie si siglano lontano da occhi e orecchie indiscrete.

Associare i due rami del parlamento a questa decisione sarebbe inoltre inutile, dato che la legge prevede espressamente che l’acquirente rispetti il concetto di servizio pubblico.

Berna non si appresta quindi a svendere «l’argenteria di famiglia» ha concluso Leuenberger, che nella legge intende inserire un diritto di veto, al quale ci appellarsi qualora l’acquisto da parte di un concorrente di Swisscom leda gli interessi vitali della Confederazione.

Preoccupati per le conseguenze sulle regioni periferiche, i «senatori» PPD Filippo Lombardi e Simon Epiney hanno chiesto lumi sui progetti del governo. Leuenberger ha respinto l’idea di un fondo ad hoc per queste regioni: al suo posto verranno elaborate misure di sostegno destinate alle regioni maggiormente toccate dalla perdita di impieghi. Il capo del DATEC ha anche ricordato che all’emorragia di posti in periferia ha fatto da contraltare un aumento degli impieghi nei centri urbani.

Il ministro ha rassicurato anche coloro che temono una riduzione massiccia dei servizi postali. Moritz Leuenberger ha ricordato che i tempi nei quali ogni comune aveva il suo ufficio postale appartengono oramai al passato, e ha specificato che sopprimere sportelli non significa smantellare il servizio pubblico. La posta elettronica e il fax, secondo Leuenberger, permettono di disporre delle medesime prestazioni.

swissinfo e agenzie

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