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Promesse e rischi del “nanofood”

Le nanotecnologie stanno entrando anche nel settore alimentare Keystone

Oltre che nel settore della medicina e dell'informatica le nanotecnologie stanno entrando anche in quello alimentare. Il nuovo studio del Centro per la valutazione delle scelte tecnologiche ne spiega vantaggi e rischi in Svizzera.

Il TA-SWISS, Centro per la valutazione delle scelte tecnologiche, si è occupato a più riprese di questo tema.

Nel 2006 ha organizzato una serie di incontri della durata di un giorno in diverse località svizzere, invitando gruppi eterogenei di persone ad esprimersi e discutere sulle nanotecnologie e il loro significato per la salute e l’ambiente.

“Nella discussione con la popolazione svizzera – precisa Sergio Bellucci direttore di TA-SWISS – abbiamo visto che i cittadini sono molto positivi all’introduzione della nanotecnologia, ma anche molto sensibili quando si usano queste nanoparticelle nell’alimentazione, perché gli effetti tossicologici a lungo termine delle nanoparticelle sintetiche non sono ancora chiariti”.

È quindi anche sulla spinta dei dubbi e delle riserve espresse dai cittadini che il TA-SWISS ha avviato uno studio interdisciplinare atto ad approfondire e chiarire qual è la situazione svizzera nell’ambito delle nanotecnologie applicate al settore alimentare.

I “nano” nei prodotti alimentari svizzeri

Lo studio mette subito in chiaro che in Svizzera non sono in commercio alimenti provvisti di nanoparticelle sintetiche in senso stretto – per esempio sostanze metalliche o minerali – ma rileva che alcuni additivi considerati innocui vengono usati in taglia nanometrica.

Il diossido di silicio – più noto come E551- è ad esempio impiegato da molti anni come antiagglomerante in alcune miscele di spezie per impedire la formazione di grumi, mentre carotenoidi e micelle vengono utilizzati in forma di nanocapsule per avvolgere sostanze sensibili alla luce o di facile ossidazione.

La situazione in Svizzera sembra comunque sotto controllo ma non si può dire lo stesso del mercato asiatico o nord-americano. “Sappiamo che alcuni imballaggi che contengono per esempio nanoparticelle in argento potrebbero apportare problemi tossicologici” ci dice Bellucci.

“In Svizzera non sono in commercio ma si possono importare dall’estero attraverso internet. Se il consumatore quindi compra dei prodotti in questo modo non abbiamo il controllo e può esserci un rischio che ancora non conosciamo.”

I nanoimballaggi

Attualmente è proprio nel settore degli imballaggi che l’uso della nanotecnologia in ambito alimentare è più avanzato. L’utilizzazione di nanomateriali contribuisce a migliorare la conservazione degli alimenti garantendo una riduzione degli scarti e rafforza i materiali rendendo più solide le loro funzioni protettive, meccaniche e termiche.

Nel mercato svizzero sono ormai diverse le pellicole dotate di nanorivestimenti e le bottiglie in PET protette da una nanobarriera. Ne sono un esempio le bottiglie della Coca-Cola, della Granini e della Perrier.

Impatto ambientale e interessi economici

Le bottiglie in PET ottimizzate con nanoparticelle si presenterebbero interessanti anche sul piano dell’impatto ambientale. La fabbricazione di una bottiglia in nano-PET produce circa un terzo di gas ad effetto serra in meno di quello emesso per la produzione di una lattina in alluminio e circa il 60% in meno per una bottiglia in vetro non riciclabile.

Rimpiazzare lattine e bottiglie di birra non riciclabili con quelle in nano-PET significherebbe ridurre nella sola Svizzera di 10mila tonnellate le emissioni nocive al clima, senza contare che una simile sostituzione significherebbe anche aprire un mercato, per la sola Europa, di 3 miliardi di franchi.

Restano comunque ancora poco chiari i problemi legati allo smaltimento delle nanoparticelle e lo studio di TA-SWISS chiede perciò che vengano promosse più ricerche su tutto l’arco di vita dei prodotti – dalla fabbricazione all’eliminazione – per stabilire l’esistenza di rischi tossicologici per le persone e l’ambiente.

Necessità di una regolamentazione chiara

Anche le attuali normative sulle derrate alimentari si rivelano inadeguate. Oggi sappiano che le particelle nanometriche si comportano spesso in maniera diversa da quelle di misura più grande e quindi non è più sufficiente regolamentare le quantità e il genere di sostanze permesse. Questi parametri vanno ricalibrati anche in relazione alla dimensione delle particelle.

Inoltre al momento il produttore non è tenuto a dichiarare la presenza di nanoparticelle nell’etichetta dei prodotti e di conseguenza il consumatore può acquistarli senza averne la consapevolezza.

Già nell’aprile 2008 il Consiglio federale ha pubblicato un piano d’azione per far fronte ai problemi sorti dall’applicazione della nanotecnologia nel settore dei prodotti di consumo e attualmente la Svizzera prende anche parte ad un programma di cooperazione con l’OECD per coordinare un’azione in ambito internazionale.

“Ciò che penso sia molto importante per il successo della nanotecnologia sono l’informazione e la trasparenza”, conclude Bellucci. “Dobbiamo assolutamente avviare un dibattito che coinvolga tutti i cittadini e crei fiducia, mostri dove sono i vantaggi ma anche gli svantaggi, in modo che sia il consumatore ad avere la possibilità di decidere se vuole acquistare prodotti con o senza nanotecnologie.”

swissinfo, Paola Beltrame, Berna

“Le nanotecnologie nel settore alimentare” è il titolo del recente studio di TA-SWISS a cui hanno partecipato Martin Möller, Ulrike Eberle, Andreas Hermann, Katja Moch, Britta Stratmann. Redatto in tedesco, lo studio è disponibile anche in rete in una versione ridotta in francese, inglese e tedesco.

Dal 1992 TA-SWISS valuta gli impatti delle nuove tecnologie concentrandosi su 3 fulcri tematici: biotecnologia e medicina, nanotecnologie e società dell’informazione. Su questi temi applica metodi di dialogo e partecipazione della cittadinanza e promuove studi in modo da elaborare delle basi informative capaci di offrire un contributo alle scelte decisionali politiche del Parlamento e del Consiglio federale (governo).

Il “nanomondo” è quello degli atomi e delle molecole e letteralmente “nano” indica l’ordine di grandezza di un miliardesimo di metro. Una catena di DNA, ad esempio, è larga 2,5 nanometri (nm), una molecola di proteina 5 nm, un globulo rosso 7.000 nm e un capello umano è largo 80.000 nm.

Le proprietà delle nanoparticelle non sono governate dalle stesse leggi fisiche di quelle di maggiori dimensioni, ma dalla meccanica quantistica. Le proprietà fisiche e chimiche delle nanoparticelle – per esempio colore, solubilità, robustezza, reattività chimica e tossicità – possono dunque essere piuttosto differenti da quelle di particelle più grandi della stessa sostanza.

È proprio questo che schiude nuove possibilità alla tecnica ma apre anche nuovi rischi. Ciò che può essere innocuo a livello di microparticelle (un milionesimo di metro) può essere pericoloso per l’uomo e l’ambiente a livello di nanoparticelle.

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