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Svelati i segreti della trottola magnetica

Una fotografia del microscopio usato nell'esperimento. Laboratorio di ricerca sulle microstrutture del Politecnico di Zurigo

Ricercatori svizzeri hanno filmato i movimenti di una minuscola trottola di cobalto immersa in un campo magnetico pulsante. Uno studio che ha importanti applicazioni nel settore dell'informatica.

L’ago di una bussola, immerso in un campo magnetico, ruota fino ad allineare il proprio orientamento con la direzione del campo. Questo fenomeno, conosciuto da tutti, è alla base del funzionamento dei dispositivi che archiviano informazioni su nastri magnetici. La superficie del nastro è coperta da uno strato sottile di particelle magnetizzate, orientate in una determinata direzione.

Il registratore applica brevi impulsi magnetici in direzione parallela all’orientamento delle particelle, ma in verso opposto. Alcune di loro ruotano su se stesse come l’ago di una bussola e cambiano orientamento per adeguarsi a quello del campo. Così i dati vengono codificati e immagazzinati sul nastro. Gli impulsi necessari per rovesciare l’orientamento delle particelle hanno una durata dell’ordine di un miliardesimo di secondo.

Se il campo generato dal registratore fosse orientato in direzione perpendicolare a quella delle particelle, il tempo necessario per rovesciarle sarebbe molto più breve, dell’ordine di un millesimo di miliardesimo di secondo. Fino ad ora, però, gli esperti non sono stati in grado di applicare questa tecnica, perché i movimenti di una particella immersa in un campo magnetico perpendicolare al suo orientamento sono estremamente complessi e poco conosciuti.

Il corpuscolo ruota su se stesso come una trottola, mentre il suo asse di rotazione si muove rispetto alla direzione del campo. Ora un gruppo di ricercatori del Politecnico di Zurigo è riuscito a filmare il moto di una di queste microscopiche trottole. Gli scienziati svizzeri hanno realizzato un dischetto di cobalto del diametro di sei milionesimi di metro e dello spessore di venti miliardesimi di metro.

Quindi lo hanno immerso in un campo magnetico perpendicolare al piano del disco. Scattando un fotogramma ogni dieci miliardesimi di secondo, hanno ricostruito nei dettagli i suoi movimenti. I risultati dell’esperimento, pubblicati sull’ultimo numero della rivista Science, aprono la strada alla produzione di nuovi dispositivi magnetici per l’archiviazione dei dati, molto più veloci ed efficienti di quelli attuali.

Maria Cristina Valsecchi

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