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Sviscerati in Ticino i segreti della memoria immunologica

L'edificio che ospita l'istituto, progettato dall'architetto Snozzi. www.irb.unisi.ch

L'Istituto di ricerche in biomedicina di Bellinzona, diretto dal professor Lanzavecchia, è uno dei centri mondiali all'avanguardia nello studio del sistema immunitario.

Studiando il comportamento delle cellule dendritiche, gli scienziati dell’Istituto di ricerche in biomedicina di Bellinzona, sotto la direzione del professor Lanzavecchia, sono riusciti a capire il modo in cui il sistema immunitario riesce a riconoscere gli aggressori. Scoperte essenziali per la messa a punto di nuove terapie antitumorali e di vaccini più efficaci.

Appena un organismo è attaccato da virus o altri corpi estranei, le cellule dendritiche, vere e proprie sentinelle del sistema immunitario, lanciano l’allarme e attivano i linfociti T, l’esercito di cellule preposto alla difesa del corpo. Poi, una volta eliminato l’aggressore, parte di queste cellule permangono nell’organismo con funzione di memoria, permettendo così di accelerare la reazione immunitaria in caso di nuova infezione. Il tutto sulla base di complicati meccanismi, il cui funzionamento ha potuto essere capito grazie agli studi condotti all’IRB, l’Istituto di ricerca in biomedicina di Bellinzona.

Un direttore di fama internazionale

Sebbene esista da nemmeno due anni, l’Istituto di ricerca in biomedicina di Bellinzona si è già conquistato un posto di tutto prestigio nel campo degli studi immunologici. Grazie anche alla fama del suo direttore, il professor Antonio Lanzavecchia, che viene classificato dall’autorevole Science al terzo posto fra tutti i ricercatori mondiali. Scienziato di fama internazionale, il professor Lanzavecchia è stato attivo per oltre 17 anni presso il famoso Istituto di immunologia di Basilea. Un centro di ricerca che in un quarto di secolo, prima di chiudere i battenti, aveva “sfornato” ben tre premi Nobel!

Distintosi fin dagli inizi degli anni ’80 con importanti studi sul meccanismo di cooperazione fra i linfociti T e B, essenziale per la produzione di anticorpi, Antonio Lanzavecchia ha pure contribuito a chiarire l’origine e la funzione delle cellule dendritiche nella induzione della risposta immunitaria. E attualmente studia i meccanismi che controllano l’attivazione, la migrazione e la funzione effettrice dei linfociti T, e le basi cellulari della memoria immunologica. La conoscenza dei processi che generano queste cellule “di memoria” potrebbe rivelarsi determinante nella messa a punto di terapie antitumorali. Ma, soprattutto, potrebbe anche favorire lo sviluppo di vaccini più efficaci, modellati secondo il tipo di bersaglio, ossia il particolare agente patogeno contro cui sono diretti.

Un altro importante campo d’attività dell’IRB riguarda le ricerche sulle chemochine, proteine prodotte dai tessuti per regolare gli spostamenti delle cellule del sistema immunitario. Dato che le chemochine sono in grado di inibire l’infezione virale, le analisi in questo campo sono molto importanti per la lotta contro l’AIDS – un ambito nel quale l’IRB collabora, con le sue analisi, a un progetto su scala europea

Studi sulle proteine per combattere il morbo di Alzheimer

A Bellinzona non si compiono unicamente ricerche nel campo dell’immunologia. Un gruppo di ricercatori dell’IRB, guidati dal dottor Maurizio Molinari, stanno effettuando importanti ricerche nell’ambito del controllo delle proteine, i cui risultati potrebbero rivelarsi molto utili nella lotta contro il morbo di Alzheimer. In particolare, i ricercatori dell’IRB stanno studiando i meccanismi che permettono alle cellule di effettuare una sorta di “controllo di qualità” sulle proteine che producono.

Un controllo indispensabile, poiché le proteine che non presentano una struttura corretta sono potenzialmente dannose. E laddove il meccanismo non funziona a dovere, possono formarsi delle proteine difettose, in grado di danneggiare anche il tessuto cerebrale. Ed è appunto quanto accade con il temuto morbo di Alzheimer, una malattia che porta alla demenza e che è in netto aumento, anche a seguito del crescente invecchiamento della popolazione.

Un’approfondita conoscenza di questi meccanismi di controllo potrebbe quindi rivelarsi molto utile nella lotta a questo tipo di malattie neurodegenerative. Per tale ragione, le ricerche del gruppo del dottor Molinari sono seguite con particolare interesse anche dall’industria farmaceutica, in particolare dalla Novartis, che ne finanzia parzialmente l’attività.

Il riconoscimento da parte dell’industria

La grande farmaceutica basilese non è l’unico a sostenere finanziariamente le attività dell’IRB. Tra le altre, va citata anche la Serono, di Ginevra, che fornisce importanti sussidi alla ricerca, nella prospettiva di conseguenze applicative per lo sviluppo di nuovi farmaci.

L’IRB si è quindi già profilato come possibile punto di sviluppo di un polo biotecnologico nel canton Ticino, con l’insediamento di nuove industrie farmaceutiche a sud della Alpi. Un polo che, grazie all’istituto bellinzonese, potrebbe servire anche da punto d’incontro fra i centri di Basilea e Ginevra-Losanna e gli importanti laboratori e industrie del settore nella vicina Italia.

Un altro importante sviluppo dell’istituto risiede invece nel campo dell’attività didattica. Quella che ora è limitata ad una decina di dottorandi, che svolgono ricerche presso l’IRB, potrebbe infatti essere ampliata, fino alla creazione, in un prossimo futuro, di una facoltà di terzo ciclo, per la formazione di dottorandi. Se la presenza della giovane Università della Svizzera italiana ha saputo attirare in Ticino un importante istituto di ricerca come l’IRB, questo potrà ora ricambiare, contribuendo alla crescita della stessa università.

Fabio Mariani

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