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Si vota sull’aborto

Un week-end di votazioni per scegliere tra depenalizzazione a precise condizioni e divieto totale dell'aborto swissinfo.ch

Una campagna accesa per un argomento molto sensibile. In campo due schieramenti inconciliabili che riflettono due scelte di vita contrapposte.

Da un lato chi vuole legalizzare l’aborto a precise condizioni entro le prime 12 settimane dalle ultime mestruazioni. Sull’altro fronte chi boccia questa soluzione di compromesso e propone invece un’iniziativa popolare per un divieto quasi totale dell’aborto.

Organizzazioni integraliste

Dietro al referendum lanciato contro la revisione del Codice penale che reprime l’aborto, insieme al partito popolare democratico si profila una nebulosa di organizzazioni integraliste. Per loro, l’inizio della vita coincide con il momento stesso del concepimento. A partire da quell’istante, la società deve garantire lo sviluppo di una futura vita. Poco importano le condizioni in cui questa vita è stata concepita, né le prospettive che le si offrono.

Queste organizzazioni si sono profilate durante la campagna con l’invio di costosa pubblicità a tutti i cittadini e con una presenza molto visibile sugli spazi pubblicitari pubblici, con cartelloni di gran formato in tutto il paese. Anche la posta dei lettori nei giornali è stata invasa dalle lettere di militanti che si oppongono alla legalizzazione dell’aborto entro le prime 12 settimane e raccomandano l’iniziativa “Sì alla vita”.

Finanziamento poco trasparente

Diverse inchieste giornalistiche non sono riuscite a fare completamente luce sulla provenienza dei fondi. Spesso è stata evocata l’Opus dei, influente congregazione conservatrice cattolica; si è parlato anche di altri movimenti conservatori marginali, sia cattolici che protestanti, con legami con organizzazioni internazionali di chiaro stampo conservatore, come l’americana Promise Keepers o una setta di origine sudafricana. Dal canto loro, gli attivisti respingono le accuse e indicano di potere contare soprattutto sul sostegno finanziario di migliaia di simpatizzanti in tutto il paese.

Ma all’iniziativa “Sì alla vita”, nonostante la sua denominazione, è toccata una misera sorte in parlamento, dove la camera bassa l’ha bocciata con 156 voti contro otto: un risultato che non lascia spazio ad alcun dubbio sull’atteggiamento della classe politica nei confronti di un testo qualificato di “estremista”.

Adattare la legge alla realtà

Per l’altro schieramento, l’inizio della vita non si può ridurre a una massa di cellule suscettibili di svilupparsi, perché bisogna prendere in considerazione la capacità e la disponibilità dei genitori ad accogliere questa nuova vita.

L’iniziativa “Sì alla vita” non sembra dunque poter superare lo scoglio della doppia maggioranza del popolo e dei cantoni. Il consenso si è invece cristallizzato attorno alla soluzione dei termini, che prevede la possibilità di abortire durante i primi tre mesi della gravidanza e dopo una visita approfondita della donna presso un medico.

Un compromesso strappato dalle donne dopo una lunga lotta, ma che è stato reso meno solido con il lancio del referendum da parte del partito popolare democratico, formazione che fa parte della maggioranza di governo.

Nonostante la campagna martellante delle cerchie antiaborto , i sondaggi hanno indicato una maggioranza favorevole alla soluzione dei termini. La revisione dovrebbe così farcela, anche perché basta la maggioranza del popolo. L’elettorato cittadino sembra pronto ad adattare una legge vecchia di 60 anni alla realtà dei nostri giorni. Una modifica che metterebbe inoltre la Svizzera sullo stesso piano della maggior parte degli altri paesi in Europa.

Mariano Masserini

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