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Cresce sostegno a soluzione per giovani ‘sans papiers’

A scuola sì, ma un lavoro no. Migliaia di giovani clandestini sono confrontati a questo problema in Svizzera Keystone

Da 10'000 a 30'000 giovani vivono in Svizzera senza nessuno statuto legale. Dei politici chiedono ora al governo di trovare una soluzione.

Questi giovani possono frequentare le scuole pubbliche, ma solo fino all’età di 16 anni, quando finisce la scolarità obbligatoria. L’apprendistato o un altro tipo di formazione professionale sono inaccessibili.

“È una vera e propria bomba sociale a scoppio ritardato”, afferma il consigliere nazionale ecologista Antonio Hodgers.

“Permettiamo a questi giovani di finire la scolarità obbligatoria, ma poi non diamo loro nessuna opportunità di imparare un lavoro anche se sono cresciuti qui”.

Alla fine del 2009, Hodgers ha presentato una mozione parlamentare che domanda di riconoscere legalmente coloro che sono nati in Svizzera e di garantire ai minorenni la possibilità di accedere a una formazione professionale.

La proposta, sostenuta anche da rappresentanti di altri partiti, chiede al governo di rispettare la Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite, ratificata dalla Svizzera nel 1997.

Non punire il bambino

“Invito il Consiglio federale a leggere l’articolo 2 della Convenzione, il quale stipula che un bambino non deve essere vittima dello statuto legale dei suoi genitori”, sottolinea Hodgers.

“Qualcuno che decide di vivere illegalmente in un paese sa che va incontro a molte difficoltà, ma è la sua scelta e deve assumersela. Il bambino però non deve essere punito per la scelta dei genitori”.

La sua mozione va nella stessa direzione delle proposte presentate dai consiglieri nazionali Christian van Singer (Verdi) nel dicembre del 2008 e Luc Barthassat (Partito popolare democratico) nell’ottobre dello stesso anno. Tutti e tre gli atti parlamentari devono ancora essere discussi dal plenum.

“Se un giovane riesce a concludere con successo la scolarità obbligatoria, deve poter anche accedere a una formazione professionale o continuare gli studi. E alla fine della formazione professionale deve pure poter presentare una domanda di naturalizzazione”, afferma Christian van Singer.

Il governo federale si oppone

La situazione sta evolvendo pure a livello cantonale. Alla fine di novembre del 2009 il governo vodese ha accettato un’iniziativa che domanda alle autorità federali di creare una base legale affinché i giovani sprovvisti di un permesso di soggiorno possano imparare un mestiere.

Il canton Ginevra sta pure valutando la possibilità di inoltrare la medesima richiesta e dei politici di diversi cantoni e comuni fanno pressione sulle autorità locali per spingere Berna a trovare una soluzione.

Finora il governo federale si è però opposto, sostenendo che una regolarizzazione dello statuto degli immigranti illegali è possibile solo per casi personali “particolarmente gravi”. “Il diritto vigente offre un congruo margine di manovra che permette di considerare gli aspetti umanitari nel singolo caso”.

Accordare un’amnistia generale ai giovani immigranti illegali significherebbe “ricompensare il comportamento illecito dei loro genitori e incoraggiare il soggiorno illegale”, ha indicato lo scorso anno rispondendo alla mozione di Christian van Singer.

I sogni dei ‘sans papiers’

“È ingiusto”. Andrés*, un ecuadoriano di 16 anni arrivato in Svizzera all’età di 10 anni, interpellato dal quotidiano vodese 24 Heures, non sa cos’altro dire.

Attualmente sta per finire la sua scolarità obbligatoria, ma essendo sprovvisto di un permesso, non può iniziare l’apprendistato di elettricista.

Carlos*, un 18enne boliviano, si trova nella stessa situazione. Dall’età di 8 anni vive a Ginevra e la scorsa estate ha terminato la scuola. Il suo obiettivo è di diventare muratore. In novembre ha trovato un posto d’apprendistato, ma non avendo le carte in regola il suo datore di lavoro non ha potuto tenerlo.

“Sarebbe meglio se si sbarazzassero di noi immediatamente piuttosto che lasciarci andare a scuola e costruire la nostra vista qui”, afferma.

Fatima*, dal canto suo, è arrivata in Svizzera dal Nordafrica coi suoi genitori quando aveva appena sei mesi. Da quasi 21 anni vive a Losanna, “senza però avere nessun diritto”. “Non è giusto. Non sono io ad aver scelto di trovarmi qui. I miei genitori hanno deciso di venire. La mia vita si è bloccata quando avevo 15 anni”.

A quell’età i suoi genitori le hanno detto la verità. Oltre ad essere un’allieva modello, presidente dell’associazione studentesca e un’appassionata sportiva, era anche figlia di immigrati clandestini. “La mia vita è diventata molto complicata”, sottolinea.

Appoggiata dal direttore della scuola, Fatima ha potuto continuare la sua formazione scolastica, ma lo scorso anno è caduta in depressione e ha dovuto abbandonare il liceo.

Adesso però sta di nuovo lottando. I suoi genitori hanno fatto ricorso dopo una richiesta di naturalizzazione respinta e Fatima sta pensando di iscriversi ai corsi serali per ottenere la maturità. “Il mio sogno – afferma – è di avere un giorno un lavoro”.


Simon Bradley, swissinfo.ch,
(traduzione di Daniele Mariani)

*nome fittizio

La Convenzione sui diritti del fanciullo è stata approvata dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1998.

La Svizzera l’ha ratificata nel 1997.

L’articolo due della Convenzione sancisce:

1. Gli Stati parte si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza.

2. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari.

Cifre attendibili sul numero di clandestini che vivono in Svizzera non esistono. In un rapporto pubblicato nel 2004, l’Ufficio federale della migrazione parlava di stime che oscillavano tra 50’000 e 300’000 persone.

Secondo uno studio del professor Schneider dell’Università di Linz, in Svizzera vi erano 90’000 lavoratori stranieri occupati illegalmente, una cifra di un terzo superiore rispetto a quella registrata 10 anni prima.

Nel 2006 il popolo svizzero ha approvato in votazione popolare la nuova legge sugli stranieri, che tra le altre cose limita l’immigrazione degli extracomunitari e permette di allontanare più facilmente persone in situazione irregolare, e la revisione della legge sull’asilo, che esclude dall’aiuto sociale i richiedenti respinti.

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