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Google Street View, tra privacy e innovazione

In Svizzera la tutela della sfera privata prevale sugli interessi economici di Google Street View Keystone

Il Tribunale amministrativo federale impone a Google di sfocare tutti i visi e tutte le targhe di veicoli ripresi in Svizzera, che appaiono sul servizio online Street View, affinché non siano riconoscibili. Ma il gigante americano non ha problemi solo nella Confederazione.

L’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza Hanspeter Thür nel settembre 2009 aveva chiesto a Google misure per migliorare la tutela della privacy sul servizio che consente di passeggiare virtualmente in molte città. Poiché il gigante statunitense del web si è rifiutato di attuare la maggior parte delle proposte, Thür si è rivolto al Tribunale amministrativo federale (TAF).

I giudici elvetici hanno ora stabilito che Google deve soddisfare quasi tutte le richieste del garante della privacy. In particolare, la società è costretta a sfumare manualmente i volti delle persone e le targhe, affinché sia tutelata la sfera personale.

Secondo i giudici, gli interessi economici di Google non giustificano una violazione del diritto dei cittadini alla privacy. Del resto, Street View non è vietato: semplicemente deve rispettare il diritto di ogni individuo di proteggere la propria immagine.

Chi piange e chi ride

Google si è dichiarata “profondamente delusa” dalla sentenza. Street View ha dimostrato di essere molto utile per milioni di svizzeri, come pure per imprese e impianti turistici, ha detto Peter Fleischer, responsabile della protezione dei dati di Google.

La sentenza sarà ora esaminata in modo approfondito per determinare cosa significa esattamente per Street View in Svizzera e quali sono i possibili elementi di appello. La decisione del TAF può infatti ancora essere impugnata con un ricorso alla Corte suprema di Losanna.

Thür si è invece detto “sollevato” per la vittoria in tribunale. La corte ha sottolineato che i passanti non sono “prede” che possono finire come se nulla fosse nei mirini dei servizi online, ha dichiarato Mister Dati in un’intervista al quotidiano zurighese Tages Anzeiger.

Per il preposto alla protezione dei dati, la decisione del TAF indica anche che “un attore internazionale deve rispettare il diritto svizzero. Google pensava di essere soggetto solo alla legge americana, perché le immagini riprese qui sono state elaborate e messe in rete negli Stati Uniti”.

Un esempio internazionale

Thür ritiene di aver intrapreso “un ruolo di pioniere” nel braccio di ferro con Google Street View. “Mister Dati” ha riferito che i suoi omologhi in altri paesi hanno problemi analoghi: “Ovunque va il gigante online, i suoi servizi cercano i limiti legali e infrangono la legge”.

Gli incaricati europei della protezione dei dati, che lunedì avevano una riunione a Bruxelles, sono stati subito informati della decisione elvetica. La garante francese della privacy Gwendal Le Grand ha detto alla televisione svizzera che la Francia seguirà attentamente come sarà applicata la sentenza in Svizzera.

Secondo il suo collega tedesco Peter Schaar, il verdetto indurrà Google ad agire in maniera più responsabile. “Penso che sia fantastico. Questa è una vera vittoria per la privacy, che certamente servirà da esempio oltre i confini elvetici. Anche le autorità tedesche per la protezione dei dati esamineranno se devono chiedere misure supplementari a Google”, ha dichiarato alla televisione svizzera.

La via dell’innovazione

Fin dalle prime mosse per collegare e copiare dati nella produzione di un potente motore di ricerca mondiale, Google ha continuato a spingere i confini della tecnologia e della privacy.

Il suo Street View è solo un altro progresso tecnologico al quale sono stati apportati miglioramenti da quando è stato lanciato, come molte innovazioni, sostiene Marc Pollefeys, professore di informatica al Politecnico federale di Zurigo. “L’unico modo di fare è provare”, ha detto a swissinfo.ch, difendendo i metodi di Google.

“Si perfezionano le cose lungo la strada, si lavora per migliorarle. Solo una volta che si prova e che si vede se funziona effettivamente e se le persone sono interessate, ha senso investire di più nella tecnologia”, spiega Pollefeys.

Se le aziende dovessero garantire sistemi precisi al cento per cento prima di produrli, non ci sarebbero innovazioni, rileva. “Penso che sia essenzialmente una delle differenze tra gli Stati Uniti e l’Europa. Negli Stati Uniti hanno tendenza a cercare, vedere se le cose funzionano e poi adeguarle lungo la strada”, osserva.

“La metà dei prodotti di Google è ancora in versione beta [ad uno stadio incompleto]. È per questo che provano molto in fretta e poi vedono se le cose funzionano. Credo che sia in questo modo che si può innovare. Poi la tecnologia gradualmente viene migliorata”.

Difficoltà di applicazione

La sentenza del Tribunale amministrativo federale potrebbe creare difficoltà in futuro, se confrontata con altri attori del mercato che riprendono immagini di gente ignare, osserva Stéphane Koch, consulente di sicurezza informatica insediato a Ginevra.

Le reti televisive saranno costrette a sfocare le persone nei loro reportage, si chiede lo specialista. E per quanto riguarda le foto inserite su Facebook o il sito web di foto sharing Flickr?

“Ciò solleva interrogativi circa la parità di applicazione di questa sentenza per i diversi attori che producono lo stesso tipo di contenuto. Mi aspetto che arrivi il momento in cui diventerà difficile da far rispettare questo tipo di sentenze o di giurisprudenza, o che diventeranno completamente incoerenti”.

Google non fotografa intenzionalmente le persone riprese nelle sue immagini delle città, ha detto Koch a swissinfo.ch, ricordando che Google ha anche un meccanismo per richiedere modifiche di immagine.

Nell’odierno mondo online, spetta al pubblico assumersi la responsabilità della propria privacy, sostiene l’espero.

“Ad esempio, su Facebook, la maggior parte della gente non sa come usare le proprie impostazioni sulla privacy. La gente è forse troppo passiva, mentre oggi il concetto di gestione della vita privata richiede di essere proattivi. Dobbiamo padroneggiare gli strumenti, piuttosto di lasciare che siano gli strumenti a padroneggiarci”.

Google ha contenziosi legati alla tutela della sfera privata in 27 paesi in cui è disponibile il servizio Street View. Alcuni esempi:

In Grecia nel 2009 è stato proibito a Google Street View di scattare o pubblicare foto, in attesa di chiarimenti giuridici. Nessun accordo è stato raggiunto da allora.

In Giappone, Google ha dovuto accettare un compromesso con le autorità in seguito a proteste pubbliche. La società americana ha abbassato la posizione delle telecamere sui veicoli. Inoltre non può scattare foto in giardini o cortili.

In Francia, l’azienda è stata condannata a pagare 100mila euro di multa per violazione delle leggi sulla protezione dei dati. Google ha ammesso di aver registrato dati privati, comprese e-mail indirizzi url, mentre filmava strade.

L’Italia ha inasprito le disposizioni in materia. Google deve informare il pubblico tre giorni prima di filmare.

L’Austria ha sospeso Google Street View per più di sei mesi e ha chiesto informazioni supplementari.

La Cechia ha sospeso il servizio.

In Israele, garanti della privacy hanno espresso il timore che Google Street View possa essere utilizzato dai terroristi e ha chiesto al gigante USA di modificare il suo servizio.

Fondato nel 1998 da Larry Page e Sergey Brin in California, Google è presto diventato il più importante motore di ricerca. Oggi è il sito più visitato in assoluto a livello mondiale. Lo seguono Facebook e YouTube, anch’esso di proprietà Google.

Il suo finanziamento si basa principalmente sulle entrate pubblicitarie.

Il termine Google fa riferimento a un gioco di parole sulla parola ‘googol’, il termine matematico inglese per un 1 seguito da 100 zeri.

Oggi a livello mondiale Google ha oltre 20mila dipendenti.

(Traduzione e adattamento: Sonia Fenazzi)

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