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Irritazione americana contro la Svizzera e Polanski

Tornerà un giorno Polanski nel suo chalet di Gstaad dove è stato confinato dal 4 dicembre 2009 al 12 luglio 2010? Keystone

Il rifiuto svizzero di estradare Roman Polanski, negli Stati Uniti suscita aspre critiche. Le autorità giudiziarie americane non intendono mollare l'osso e fra i media c'è anche chi invita a boicottare i film del regista e delle star che lo sostengono. Sfumate le reazioni della stampa elvetica.

Roman Polanski può certamente tirare un grande sospiro di sollievo dopo la decisione elvetica di non consegnarlo alla giustizia USA e di revocare tutte le misure restrittive della sua libertà, come ha dichiarato lunedì il suo avvocato francese Georges Kiejman. Ma i suoi guai con gli Stati Uniti non sono terminati.

Il portavoce del Dipartimento di Stato USA P. J. Crowley ha definito “deplorevole” la conclusione di Berna. Lanny Breuer, ministro aggiunto di giustizia incaricato delle questioni criminali, si è detto “profondamente deluso” e ha avvertito che Washingtono “esaminerà le proprie opzioni”. Ha quindi aggiunto che “la nostra domanda di estradizione era perfettamente valida rispetto al trattato, ai fatti e al diritto. E il comportamento in causa era molto grave”.

Il procuratore della contea di Los Angeles Steve Cooley, all’origine della richiesta di estradizione, ritiene che la Svizzera “renda un cattivo servizio alla causa della giustizia e delle altre vittime in generale”. Il magistrato, “estremamente deluso” dalla decisione delle autorità elvetiche, non è comunque rassegnato. Ha precisato che spera ancora di ottenere l’estradizione di Polanski “se sarà arrestato in un paese con una giurisdizione cooperativa”.

“Il mondo si restringe notevolmente per Roman Polanski. Mi chiedo se potrà ancora circolare e lavorare in altri paesi al di fuori della Francia”, ha dichiarato a swissinfo.ch Steven Gaydos, direttore della redazione di “Variety”, la più vecchia rivista professionale dell’industria dello spettacolo e del cinema degli Stati Uniti.

Clima politico sfavorevole

Gaydos, il cui giornale segue il caso dall’inizio a Los Angeles, sottolinea che i fatti rimproverati al cineasta – stupro di una minorenne, per il quale si era dichiarato colpevole nel 1977, e fuga in barba al tribunale – sono gravi e non beneficiano di alcuna prescrizione negli Stati Uniti. Inoltre oggi nel paese prevale un clima politico sfavorevole al regista.

Il procuratore Cooley è un repubblicano che aspira alla carica di ministro di giustizia dello Stato della California alle prossime elezioni di novembre. Sia il procuratore sia il giudice Peter Espinoza non sono solo giuristi: sono anche politici.

Entrambi “continuano a raccogliere fondi per le proprie campagne elettorali”, osserva Steven Gaydos. “Il procuratore si mette in bella luce di fronte alla gente comune perseguendo Polanski, un uomo facile da demonizzare, che ha un accento straniero”.

Hollywood divisa

Hollywood e la società americana oggi sono più conservatrici che nel 1977. “Negli anni ’60 e ’70, Hollywood era impregnata della cultura dell’amore libero ereditata dal movimento hippie e di una mentalità che tollerava che uomini di potere frequentassero ragazzine. Senza essere diventata un esempio di virtù, Hollywood ha cessato di essere una colonia di artisti da una trentina d’anni per essere dominata da grandi aziende. Una delle conseguenze positive della trasformazione è che la gente è più cosciente dello sfruttamento sessuale e lo considera un crimine grave”, dice il direttore di “Variety”.

Per questo la petizione in favore di Roman Polanski, firmata da celbrità come Martin Scorsese, David Lynch e Woody Allen, “divide molto Hollywood”.

In generale gli americani esigono sempre maggior severità nei confronti di autori di abusi su minorenni. Lo hanno dimostrato recentemente condannando con fermezza preti che avevano palpeggiato bambini.

Manifestazione davanti al consolato svizzero

L’organizzazione delle vittime di preti lunedì ha protestato contro Roman Polanski e contro la Svizzera. “Gli svizzeri non hanno agito correttamente in questa vicenda. Polanski non dovrebbe essere premiato per essere sfuggito alla giustizia”, sostiene la presidente del Survivors Network of those Abused by Priests (SNAP), Barbara Blaine.

“Il rifiuto dell’estradizione di Polanski è un avvenimento molto importante e triste per i nostri governi, ma soprattutto per i bambini vittime di abusi sessuali”, afferma la donna.

Lo SNAP ha manifestato lunedì davanti al consolato svizzero a Chicago. Il movimento invita “chiunque è stato testimone, sospetta o ha sofferto delle malefatte di Polanski a contattare immediatamente la polizia”. L’organizzazione lancia pure un appello al boicottaggio “dei film e altre opere prodotti da Polanski e dalle star che lo sostengono”.

Un appello al boicottaggio è lanciato anche da un cronista del Washington Post. “Finché Polanski si tiene a distanza dalla giustizia americana, perché non ci terremmo a distanza dai suoi film?”, lancia Eugene Robinson.

Sollecitati da swissinfo.ch, Chad Hummel, l’avvocato di Roman Polanski a Los Angeles, e Jeffrey Berg, il suo impresario, non hanno rilasciato commenti.

Commenti contrastanti dei giornali elvetici

La stampa svizzera è divisa sulla liberazione di Roman Polanski. Se quella svizzero tedesca parla soprattutto di una decisione politica e criticano il trattamento di favore riservato all’artista, quella romanda loda in particolare la dimostrazione di indipendenza della ministra della giustizia Eveline Widmer-Schlumpf. Divergenti anche le reazioni dei tre quotidiani ticinesi.

La “Neue Luzerner Zeitung” titola “Non tutti sono uguali”. Stando al quotidiano della Svizzera centrale, se al posto del famoso regista fosse stato fermato un attore sconosciuto, quest’ultimo sarebbe ora davanti a un tribunale americano. Considerazioni simili sono espresse dalla “Neue Zürcher Zeitung”.

Anche per il “Landboten”, il “no” all’estradizione solleva il dubbio che non tutti siano uguali davanti alla legge. “Che cosa sarebbe successo se invece di Polanski, a finire in prigione fosse stato un religioso cattolico autore di abusi sessuali 33 anni fa?”, si chiede polemicamente il giornale.

Il “Tages-Anzeiger” parla di una decisione giuridica “traballante”. Il giornale spera che in futuro la nuova prassi inaugurata dall’Ufficio federale di giustizia, ossia l’esame del contenuto della richiesta di estradizione, venga applicata anche a quelle persone che non dispongono di una lobby efficace come quella del famoso regista.

Non sono mancate tuttavia anche parole di lode nei riguardi della decisione di Eveline Widmer-Schlumpf. La “Südostschweiz” parla di decisione logica. Dal momento che gli americani hanno “barato”, non rimaneva altra scelta alla ministra di giustizia di respingere la richiesta di estradizione appellandosi al principio “in dubbio pro reo”.

Comprensione per la liberazione di Polanski viene espressa dal bernese “Bund”, che parla di “buona scelta”. Per il quotidiano, la Widmer-Schlumpf ha preso una decisione giuridica e non politica. In questo modo, nessuno – ossia le autorità elvetiche e quelle americane – ha perso la faccia.

In generale la stampa romanda ha accolto con sollievo la decisione di liberare Polanski e ha lodato la dimostrazione di indipendenza di Eveline Widmer-Schlumpf. Questo è per esempio il giudizio del “Matin”.

Per il “Quotidien Jurassien”, questa vicenda mostra che la Svizzera ha saputo preservare la propria indipendenza nell’applicazione del diritto. Questa decisione giuridica è anche “politicamente felice”.

Per il vodese “24 heures”, la Svizzera ha preso una decisione limpida e logica. Per il ginevrino”Le Temps”, la decisione della ministra di giustizia è “coraggiosa ed equa”. Tra le voci discordanti figura la “Tribune de Genève”, secondo cui in tutta questa vicenda vi è sempre una vittima che all’epoca dei fatti contestati al regista aveva 13 anni. Per non parlare poi di una “detenzione inutile” per Polanski vista la sua liberazione.

Pareri discordanti al sud delle Alpi, dove il “Corriere del Ticino” saluta la liberazione di Polanski con un “Meglio tardi che mai”. L’editorialista s’interroga se fosse “proprio necessario lo zelo servile che le autorità federali hanno dimostrato al momento dell’arresto” e biasima le lungaggini, “le gaffe, le esitazioni e i tentennamenti” che hanno preceduto la decisione.

“Libero? No, di nuovo in fuga”, titola invece “La Regione Ticino”, che si “inchina di fronte alla legge e a questa soluzione”, ma che stigmatizza il comportamento di Polanski e dei suoi sostenitori. ” Non solo questi riconosciuti uomini di cultura antepongono infatti le qualità artistiche a scomodi accertamenti giudiziari, ma ora tornano pure a benedire il ritorno di un eterno privilegiato fuggitivo. Lasciatecelo dire: che pena!”, conclude l’editoriale.

Nessuna reazione infine da parte del “Giornale del popolo”. Il quotidiano della curia non commenta, limitandosi a pubblicare la notizia di agenzia e a titolare “Berna si è decisa: Polanski non verrà estradato”.

Marie-Christine Bonzom, Washington, swissinfo.ch
(Traduzione dal francese e adattamento: Sonia Fenazzi)

La vicenda inizia nel febbraio 1978 a Los Angeles, quando il regista polacco Roman Polanski è accusato di aver stuprato una ragazza di 13 anni, di perversione, sodomia e uso di stupefacenti.

Il regista riconosce parzialmente i fatti, cioè di aver fatto sesso con l’allora modella minorenne Samantha Gailey. Patteggia quindi con il tribunale di Santa Monica, dichiarandosi pronto a seguire una terapia.

Il giudice accetta – lasciando cadere le altre accuse – e si appresta ad ordinare l’arresto di Polanski, che però nel frattempo ha lasciato il paese. Il regista – che ha sempre sostenuto di essere finito in una trappola tesa dalla madre della ragazza – non torna più negli Stati Uniti.

Per evitare l’estradizione, all’inizio del 1978 Polanski lascia Londra, dove risiede, e si trasferisce a Parigi. Il regista in seguito ottiene la cittadinanza francese. Ciò gli offre la garanzia di non essere estradabile dalla Francia.

Nel maggio 2009, un tribunale di Los Angeles respinge il ricorso in cui Polanski chiede l’archiviazione delle accuse.

Anni dopo il fatto, la vittima dichiara pubblicamente di non auspicare ulteriori sviluppi giudiziari, ma il mandato di arresto nei confronti di Polanski rimane pendente.

Il 26 settembre 2009, all’arrivo a Zurigo, dove giunge per ritirare un premio cinematografico, il regista è arrestato in vista di estradizione.

Il 28 settembre Polanski ricorre al Tribunale penale federale (TPF). Il 20 ottobre l’alta corte di Bellinzona respinge il ricorso.

Il 22 ottobre la domanda ufficiale degli Stati Uniti di estradare il regista è consegnata a Berna.

Il 26 ottobre la vittima domanda l’abbandono delle accuse.

Il 25 novembre il TPF accorda a Polanski la scarcerazione, contro il versamento di una cauzione di 4,5 milioni di franchi.

Il 4 dicembre il regista franco-polacco è trasferito agli arresti domiciliari a Gstaad, nel canton Berna, dove possiede uno chalet.

Il 21 dicembre la giustizia americana rifiuta di archiviare il caso.

Il 22 gennaio 2010 un tribunale di Los Angeles respinge la richiesta di Polanski di un processo in contumacia.

Il 22 aprile una corte d’appello californiana rigetta la richiesta della vittima di Polanski di abbandonare il perseguimento.

Il 15 maggio l’attrice britannica Charlotte Lewis accusa Roman Polanski di avere abusato sessualmente di lei all’inizio degli anni ’80 quando aveva 16 anni. Gli avvocati del regista minacciano di perseguirla per calunnia.

Il 12 luglio la ministra svizzera di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf annuncia il rifiuto di Berna di estradare il cineasta.

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