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UBS: per la stampa poco entusiasmo e molti dubbi

Keystone

L'accordo di principio raggiunto venerdì tra Berna e Washington è oggetto di commenti poco trionfalistici da parte della stampa elvetica. Anche quella internazionale esprime perplessità in merito agli sviluppi futuri.

L’UBS e il fisco statunitense hanno concluso – sotto l’egida dei rispettivi paesi – un accordo extragiudiziale nella vertenza che li vede opposti da parecchi mesi: i dettagli devono tuttavia ancora essere definiti.

In particolare, dovrà essere chiarito in che modo – e in quale entità – la banca elvetica potrà soddisfare le richieste di Washington.

La notizia, resa nota venerdì, è stata commentata soltanto domenica dai giornali svizzeri poiché sabato il paese ha celebrato la Festa nazionale.

«Vince UBS, perde la Svizzera»

Il commento della Sonntag ha un titolo emblematico: «UBS vince, la Svizzera perde». Nella sua riflessione, l’editorialista sottolinea innanzitutto che è troppo presto per esultare, poiché si dovrà attendere la conclusione e la ratifica definitiva dell’intesa.

Secondariamente, rileva il giornalista, «la Confederazione pagherà verosimilmente un prezzo molto elevato per l’accordo». Infatti, osserva, «dagli Stati Uniti non si riceve nulla gratuitamente», facendo riferimento alla multa di 780 milioni di dollari già pagata da UBS e alle concessioni relative al segreto bancario.

L’intesa in merito a UBS lascia dunque un retrogusto amaro alla Svizzera, costretta a rinunciare a un proprio diritto per salvare la banca: presto – conclude la Sonntag – altri Stati, segnatamente dell’Unione europea, chiederanno a loro volta soddisfazione.

Senza lo Stato…

Sulla medesima lunghezza d’onda anche la SonntagsZeitung. Il giornale sottolinea che la Confederazione ha dovuto scendere in campo in prima persona a due riprese per soccorrere UBS: dapprima finanziariamente, in seguito garantendo un importante sostegno nei negoziati con gli Stati Uniti.

«Durante mesi, quattro ministri e molti diplomatici d’alto rango hanno lavorato alacremente per aiutare la banca», con esito favorevole: anche se l’istituto dovesse pagare una multa salata, la questione si sta comunque risolvendo positivamente, constata l’editorialista.

Pur salutando questo risultato – «abbiamo interesse ad avere una banca come UBS in buona salute» – la SonntagsZeitung conclude: «Lo Stato dovrà essere risarcito per tutti i suoi sforzi», invitando il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz a «presentare il conto».

Dal canto suo, la NZZ am Sonntag commenta positivamente l’accordo di principio annunciato venerdì, così come i numerosi trattati di doppia imposizione rinegoziati nelle scorse settimane. Così facendo, si legge, «sono stati domati due focolai d’incendio».

Ciononostante, rileva il giornale, «è ora necessario dotarsi di una vera strategia, per evitare che in futuro si verifichino nuovi incendi». In particolare, viene indicata la proposta di rivalutare il meccanismo dell’imposta alla fonte. Secondo la NZZ am Sonntag, chi per anni non si è preoccupato di sviluppare un «Piano B» – ossia il governo e le banche – deve ora agire rapidamente.

Attese nuove pressioni

Il prospettato accordo tra le parti è stato commentato sabato dalla stampa anglofona. Secondo il Financial Times, se UBS dovesse consegnare all’erario statunitense i nominativi richiesti, ciò creerebbe un precedente per le autorità fiscali di parecchi altri paesi, indebolendo ulteriormente il segreto bancario elvetico.

Il Washington Post formula la medesima riflessione: se la banca accettasse di fornire i dati dei clienti americani, la conseguenza sarebbe un duro colpo per l’immagine della Svizzera e soprattutto del suo segreto bancario. Viceversa, se il fisco americano non riuscisse a ottenere quanto chiede, la ferma intenzione di Barack Obama di lottare contro l’evasione e i paradisi fiscali perderebbe molta credibilità.

Il New York Times si esprime in termini più critici: secondo il giornale, il solo fatto di essere giunti a un accordo extragiudiziale costituisce una bruciante sconfitta per il Dipartimento americano nella giustizia, in uno dei più importanti tentativi di arginare l’evasione fiscale degli ultimi anni.

Cauto ottimismo

La ministra svizzera della giustizia Eveline Widmer-Schlumpf, intervistata dalla Sonntag, ha espresso un moderato ottimismo in merito alla conclusione dell’accordo tra l’UBS e il fisco americano. A suo parere, non basta nutrire dei sospetti per richiedere i dati bancari dei clienti: tali sospetti devono essere corredati da prove.

Bisogna ancora regolare alcuni dettagli che per la Svizzera sono importanti, ha aggiunto la consigliera federale, facendo presente che nulla è scontato: «Se non si dovesse trovare una soluzione conforme al diritto elvetico, l’accordo potrebbe venir rimesso in discussione». In quest’ottica, ha sottolineato, i prossimi cinque giorni saranno decisivi.

La ministra della giustizia ha pure dichiarato: «Il segreto bancario nella sua forma attuale, così come vale per i cittadini elvetici, non subirà conseguenze», precisando però che «esso non può in alcun caso essere utilizzato per proteggere chi froda il fisco».

Andrea Clementi, swissinfo.ch e agenzie

Secondo quanto scritto dalla SonntagsZeitung, l’accordo di massima raggiunto venerdì tra autorità svizzere ed americane in merito alla vicenda UBS prevederebbe la trasmissione dei dati relativi a 5’000 clienti e l’impegno della Confederazione ad accelerare la procedura.

Se l’intesa venisse confermata in questi termini, la banca eviterebbe così la multa da uno a dieci miliardi di franchi che era stata evocata durante le trattative.

L’istituto, sempre secondo le indiscrezioni, avrebbe inoltre garantito la propria piena collaborazione alle autorità di Washington e assicurato la massima correttezza per il futuro.

Le informazioni, stando al domenicale, proverrebbero da numerose fonti vicine ai negoziatori.

Sempre domenica, il Dipartimento federale degli affari esteri ha confermato quanto anticipato dal Segretario di Stato Michael Ambühl alla NZZ am Sonntag: gli Stati Uniti presenteranno una nuova richiesta d’assistenza giudiziaria basata sugli accordi in vigore tra i due paesi.

Così facendo, «l’ordinamento giuridico svizzero è rispettato».

Numero di collaboratori: 27’262.

È presente in 414 sedi.

Gestisce un massa monetaria di 600 miliardi di franchi.

L’attività negli Stati Uniti corrisponde a circa un terzo del peso complessivo della banca nel mondo.

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