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Una sola votazione sulla libera circolazione delle persone

Keystone

Dopo un lungo tira e molla tra le due Camere, il parlamento ha deciso di riunire in un solo decreto federale i due oggetti sulla libera circolazione delle persone: la proroga dell'accordo con l'Ue, in vigore nel 2002, e la sua estensione a Romania e Bulgaria. La destra nazionalista lancerà un referendum.

Con ogni probabilità, gli elettori saranno chiamati entro la primavera dell’anno prossimo ad esprimersi per la terza volta sulla libera circolazione delle persone, che consente ai cittadini svizzeri di risiedere e lavorare liberamente nei paesi dell’Unione europea (Ue) e a cittadini di questi ultimi di fare altrettanto in Svizzera.

Nel 2000 il popolo svizzero aveva approvato l’accordo concluso con i 15 membri di allora dell’Ue, che rientrava nel primo pacchetto di trattati bilaterali. Nel 2005 l’elettorato aveva accettato di estendere questo accordo ai 10 paesi che avevano aderito l’anno precedente all’Ue.

La destra nazionalista, che combatte dall’inizio degli anni ’90 ogni progetto di integrazione europea, intende ora lanciare un referendum contro un’ulteriore estensione di questo accordo a Romania e Bulgaria, che fanno parte dell’Ue dall’inizio del 2007. Se così fosse, gli elettori dovranno contemporaneamente pronunciarsi anche sulla proroga dell’accordo stesso sulla libera circolazione, che giunge a scadenza nel 2009, dopo un “periodo di prova” di 7 anni.

Un solo decreto federale

Giovedì, in seguito ad una conferenza di conciliazione, le Camere federali hanno infatti deciso di unire in un solo decreto federale la questione della riconduzione dell’accordo e quella della sua estensione ai due nuovi membri dell’Ue. Dopo un braccio di ferro durato quasi tre settimane, l’ha quindi spuntata il Consiglio degli Stati, che ha sempre difeso la necessità di unire i due temi, considerati facce della stessa medaglia.

La maggioranza della Camera dei cantoni aveva argomentato che non è possibile prolungare l’intesa con Bruxelles e nel contempo escludere la Bulgaria e la Romania. L’Ue, in base ai suoi principi, si oppone a qualsiasi tentativo di discriminazione nei confronti dei suoi membri.

Come proposto dal governo, la Camera del popolo sosteneva invece l’idea di separare i due temi in altrettanti decreti federali, sottoposti a referendum facoltativo. In tal modo la destra nazionalista avrebbe potuto combattere l’estensione a Romania e Bulgaria, senza compromettere la riconduzione dell’accordo oltre il 2009. Per finire, la soluzione del decreto unico è stata adottata dal Consiglio degli Stati con 32 voti a favore e 6 contrari, mentre il Consiglio nazionale l’ha approvata con 119 voti favorevoli, 58 contrari e 12 astenuti.

Clausola “ghigliottina”

Qualora il popolo dovesse esprimersi contro questo decreto unico, tutto il primo pacchetto di trattati bilaterali siglati con l’Ue diverrebbe caduco sei mesi dopo il voto. La cosiddetta clausola “ghigliottina” lega infatti i 7 accordi bilaterali che fanno parte di questo primo pacchetto.

È proprio questo lo scenario che il governo intendeva assolutamente evitare, proponendo di suddividere i due temi in due decreti distinti. Nel corso del dibattito parlamentare, la ministra di giustizia e polizia Eveline Widmer- Schlumpf ha più volte ripetuto che un no alla sola estensione a Sofia e Bucarest non avrebbe avuto la stessa portata giuridica di un no sia alla proroga che all’estensione.

Negli ultimi mesi, l’Unione democratica di centro ha dichiarato a più riprese di non voler opporsi alla proroga dell’accordo, ma di voler combattere in ogni caso la sua estensione a Romania e Bulgaria. Il partito di destra ha inoltre annunciato la chiara volontà di impugnare l’arma del referendum anche contro la soluzione del decreto unico.

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Un inganno al popolo

Al Consiglio degli Stati, il rappresentante dell’UDC Maximilian Reimann ha paragonato la soluzione del decreto unico ad un “diktat”, che impedisce al popolo di prendere posizione separatamente sull’estensione dell’accordo a Sofia e Bucarest. Per questo motivo, ha aggiunto, “non posso far altro che respingere questo pacchetto e sostenere il referendum”.

Il consigliere nazionale Luzi Stamm, pure dell’UDC, ha parlato di decisione “non democratica”, in contraddizione con quanto promesso anni addietro, ossia che il popolo sarebbe stato chiamato a esprimersi su ogni nuovo allargamento dell’accordo sulla libera circolazione.

Simili accuse sono state rispedite al mittente dal socialista Hans-Jürg Fehr, secondo il quale “vi è solo una libera circolazione con l’Ue”. A suo avviso, dire al popolo che “può approvare la proroga dell’accordo e respingere la sua estensione equivale ad ingannarlo”.

swissinfo e agenzie

La libera circolazione delle persone fa parte del primo pacchetto di accordi bilaterali conclusi tra la Svizzera e l’Ue, approvato in votazione popolare nel 2000.

L’accordo è entrato in vigore il 1° giugno 2002 con i quindici “vecchi” membri dell’Unione europea. Dal 1° giugno 2007 la libera circolazione non è più accompagnata da restrizioni per la manodopera proveniente da questi Stati.

Nel settembre del 2005 il popolo svizzero ha accettato di estendere questo accordo ai 10 paesi che hanno aderito all’Ue il 1° maggio 2004 (Estonia, Lituania, Lettonia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Repubblica ceca, Malta e Cipro). Per i cittadini dei paesi dell’Europa orientale sussistono però delle restrizioni durante un periodo di transizione fino al 2011.

Durante la loro sessione estiva, le Camere federali si sono espresse in favore della proposta di estendere l’accordo sulla libera circolazione delle persone anche a Romania e Bulgaria, entrate nell’Unione europea il 1° gennaio 2007.

Il parlamento ha inoltre approvato il rinnovo dell’accordo sulla libera circolazione con i Quindici, che giunge a scadenza il 31 maggio 2009. In caso di referendum, queste due proposte, riunite in un solo decreto federale, saranno sottoposta al verdetto popolare.

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