Parlamento: si riapre il cantiere della libera circolazione

I trattati bilaterali tra Berna e Bruxelles ritornano sui banchi dei parlamentari: mercoledì la Camera del popolo affronta la questione del rinnovo dell'accordo sulla libera circolazione delle persone con l'Unione europea e la sua estensione a Romania e Bulgaria.
In attesa dei campionati europei di calcio, che saranno sicuramente seguiti con passione anche da numerosi parlamentari, tra i dibattiti di maggior interesse di questa sessione vi è un altro tema che riguarda i rapporti tra la Svizzera e gli altri paesi europei. Mercoledì la Camera del popolo è infatti chiamata a prendere posizione, a sua volta, su due decreti federali che concernono il rinnovo dell’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’Unione europea e la sua estensione a Romania e Bulgaria.
Questo accordo, che rientra nel primo pacchetto di trattati bilaterali conclusi tra Berna e Bruxelles, è entrato in vigore nel 2002, quando l’Ue era ancora formata da 15 membri. Nel 2005 il popolo svizzero ha accettato di estenderlo anche ai 10 paesi che hanno aderito all’Ue nel 2004.
In base alle sue disposizioni, ogni cittadino svizzero può stabilirsi liberamente nei paesi dell’Ue, a condizione di possedere un contratto di lavoro o svolgere un’attività lucrativa indipendente oppure, ancora, disporre di mezzi finanziari sufficienti per sopperire alle proprie necessità. Lo stesso diritto di lavoro e di residenza viene accordato ai cittadini dell’Ue che desiderano vivere in Svizzera.
Esperienze positive
Nonostante i timori iniziali, legati al rischio di un afflusso massiccio di manodopera dai paesi dell’Ue, l’accordo ha avuto finora ricadute positive per la Svizzera. Stando ad un rapporto pubblicato a fine aprile dal Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP), l’immigrazione si è sviluppata “in maniera conforme ai bisogni”, senza influire negativamente sul tasso di disoccupazione, né sui salari.
L’immigrazione proveniente dai paesi dell’Ue ha pure favorito negli ultimi anni il rilancio economico in Svizzera, sottolinea il DFGP. Ha infatti permesso di colmare il “fabbisogno significativo” di manodopera qualificata da parte delle aziende elvetiche in questo periodo di alta congiuntura.
Sulla base di queste considerazioni, la settimana scorsa il governo svizzero ha deciso di rinunciare ad introdurre i contingenti d’immigrazione, autorizzati dall’accordo, per i 15 “vecchi” membri dell’Ue. Per quanto riguarda invece gli Stati dell’Europa orientale entrati 4 anni fa nell’Ue, la Svizzera può ancora riservarsi il diritto di applicare delle restrizioni fino al 2011 in caso di enorme afflusso di lavoratori da questi paesi.
Chiara maggioranza in favore
Nel corso di questa sessione, le Camere federali devono decidere se rinnovare l’accordo sulla libera circolazione delle persone, che era stato concluso per un periodo iniziale di 7 anni e che giunge quindi a scadenza il 31 maggio del 2009. Tenendo conto delle esperienze positive raccolte finora, una chiara maggioranza del parlamento sostiene la proposta di riconduzione.
Perfino l’Unione democratica di centro, che negli ultimi due decenni si è battuta contro ogni progetto di integrazione europea, ha annunciato di non voler opporsi con un referendum all’applicazione di questo decreto federale. Il partito di destra combatte invece il decreto federale sull’estensione dell’accordo sulla libera circolazione a Romania e Bulgaria, i due paesi che hanno aderito all’Ue all’inizio del 2007.
Secondo l’UDC, l’apertura graduale delle frontiere alla manodopera proveniente da questi due Stati non può giovare in alcun modo all’economia svizzera. Si tradurrebbe invece in un aumento della disoccupazione e della criminalità sul suolo elvetico. Il maggiore partito svizzero intende quindi impugnare l’arma del referendum per bloccare questo progetto.
Manovra strategica
In vista di una votazione popolare, la Camera alta aveva deciso nell’aprile scorso di fondere i due decreti in un solo oggetto, dal momento che sono strettamente legati. A detta della maggioranza dei senatori, un rifiuto dell’estensione della libera circolazione a Romania e Bulgaria rischia di compromettere l’intero pacchetto di trattati bilaterali conclusi nel 2000 con Bruxelles: l’Ue non può infatti accettare che dei suoi Stati membri vengano discriminati.
La proposta della Camera alta, contraria al volere del governo, mirava tra l’altro a ridurre le chance di successo dell’UDC dinnanzi al popolo. Si tratta ora di vedere, se questa strategia verrà seguita anche dalla Camera del popolo. La settimana scorsa, la commissione di politica estera del Consiglio nazionale ha proposto al plenum di optare per due decreti distinti. L’esito del dibattito su questo importante tema si presenta quindi alquanto incerto.
swissinfo, Armando Mombelli
La libera circolazione delle persone fa parte del primo pacchetto di accordi bilaterali conclusi tra la Svizzera e l’Ue, approvato in votazione popolare nel 2000.
L’accordo è entrato in vigore il 1° giugno 2002 con i quindici “vecchi” membri dell’Unione europea. Dal 1° giugno 2007 la libera circolazione non è più accompagnata da restrizioni per la manodopera proveniente da questi Stati.
Nel settembre del 2005 il popolo svizzero ha accettato di estendere questo accordo ai 10 paesi che hanno aderito all’Ue il 1° maggio 2004 (Estonia, Lituania, Lettonia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Repubblica ceca, Malta e Cipro). Per i cittadini dei paesi dell’Europa orientale sussistono però delle restrizioni durante un periodo di transizione fino al 2011.
Il parlamento è ora chiamato a pronunciarsi sulla proposta di estendere l’accordo sulla libera circolazione delle persone anche a Romania e Bulgaria, che sono entrate nell’Unione europea il 1° gennaio 2007.
Pure in discussione al parlamento durante la sessione estiva figura il rinnovo dell’accordo sulla libera circolazione con i Quindici, che giunge a scadenza il 31 maggio 2009.

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