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Agire all’origine per evitare il peggio

Per evitare una pandemia, bisogna agire all'origine, come qui in Indonesia Keystone

Per prevenire un'eventuale pandemia di peste aviaria, la Svizzera ha sbloccato quasi 5 milioni di franchi in favore dei piani di prevenzione dell'ONU in Asia.

Tra le altre misure intraprese, il governo ha pure deciso di rafforzare i controlli doganali negli aeroporti.

L’antico motto «prevenire è meglio che curare» è più che mai di attualità: per lottare contro il virus aviario in Asia, il Consiglio federale ha sbloccato 4,8 milioni di franchi che andranno all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO).

Inoltre, ha ordinato l’inasprimento – effettivo dal 1. ottobre – dei controlli doganali agli scali aeroportuali di Basilea, Zurigo e Ginevra per impedire l’importazione illegale di uccelli vivi, pollame, uova e piume non trattati, dai paesi asiatici colpiti dalla malattia.

Per quanto attiene a un possibile contagio tra esseri umani, una nota del Dipartimento federale dell’interno (DFI) specifica tuttavia che si tratta di un’eventualità assai rara e invita la popolazione a non fare incetta di Tamiflu, il farmaco al momento considerato il più efficace contro il virus.

Combattere il male all’origine

Poiché sussiste, teoricamente, il pericolo di una mutazione dell’agente patogeno e di una sua conseguente diffusione anche fra gli uomini, il DFI insiste sul fatto che la malattia va combattuta nei luoghi nei quali si sta manifestando.

Per questa ragione, l’esecutivo ha deciso di contribuire al fondo della FAO, l’organismo che coordina e sostiene la lotta contro l’influenza aviaria nei paesi colpiti (tra cui Russia, Kazakistan, Cina e Sud-est Asiatico).

La forte diffusione in questi paesi, ha spiegato a nome dell’Ufficio federale di veterinaria (UFV) Hans Wyss, è dovuta alla promiscuità tra uomo e volatili. La situazione ideale è quindi sradicare la malattia sul posto prima che si propaghi in Europa.

Polli svizzeri al sicuro, o quasi

Per quanto attiene alle migrazioni di volatili, Wyss ha affermato che la Svizzera è meno toccata dal problema, ma che tuttavia è stato messo a punto un sistema di allarme preventivo. «È comunque assai raro che i volatili infetti vengano in contatto con animali domestici», ha precisato.

Il DFI presenterà entro l’inizio del 2006 un rapporto sui provvedimenti adottati e quelli previsti per contrastare il virus nel caso in cui dovesse arrivare fino in Svizzera.

Niente panico

Il ceppo animale del virus H5N1 – osserva il DFI – colpisce l’essere umano solo in rari casi e non è in grado di trasmettersi facilmente da persona a persona.

«Finora – ha indicato dal canto suo il capo dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) Thomas Zeltner – solo in 116 casi il virus si è trasmesso all’uomo». Rispetto ai milioni di volatili colpiti si tratta di un numero esiguo.

«In tre casi vi è poi il sospetto che vi sia stata trasmissione tra umani», ha aggiunto.

Nell’eventualità più catastrofica, «la Svizzera dispone di una scorta di Tamiflu sufficiente per trattare due milioni di persone, ossia tutti i malati e il personale di cura», ha affermato Zeltner.

La riserva del medicamento antivirale corrisponde alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, che ha elaborato uno scenario in corrispondenza dell’epidemia di «Spagnola» del 1918 (25% della popolazione elvetica e mondiale colpita).

Nell’attesa di un vaccino

La seconda misura in caso di epidemia è la produzione di un vaccino, che però attualmente non è ancora disponibile. Appena sarà lanciato sul mercato, Berna si è detta pronta ad acquistarne 100 mila dosi.

«Al momento – ha detto Zeltner – in Svizzera non c’è nessuno in grado di produrre vaccini, a differenza di altri paesi europei a noi vicini».

In Svizzera, la sola azienda che produceva vaccini, la Berna Biotech, ha infatti cessato di farlo. Potrebbe ricominciare, «ma ci vorrebbero da uno a due anni prima di avere il prodotto desiderato», ha osservato il responsabile dell’UFSP.

swissinfo e agenzie

Le Nazioni Unite hanno nominato il dottor David Tabarro coordinatore per la lotta contro la peste aviaria.

Secondo lui, una pandemia potrebbe causare dai 5 ai 150 milioni di morti, a dipendenza del grado di prevenzione e di preparazione adottato.

L’Organizzazione mondiale della sanità stima dal canto suo dai 2 ai 7,4 milioni di decessi; si tratta ad ogni modo di cifre indicative fornite ai vari Paesi al fine di preparare le scorte di medicinali e i piani di messa in quarantena.

A titolo comparativo, l’influenza “spagnola” ha provocato 50 milioni di morti nel 1918-1919, mentre le pandemie del 1957 e del 1968 ne hanno causato rispettivamente 1 e 4 milioni.

L’influenza aviaria potrebbe, teoricamente, giungere in Europa in vari modi:
importazione di volatili contaminati.
importazione illegale di carne e uccelli vivi.
uccelli migratori.
spostamenti di uomini infetti.

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