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L’Europa vuole sforzi più efficaci per il Darfur

La situazione per 2,5 milioni di profughi in Darfur rimane critica AFP

Il Consiglio d'Europa ha accolto martedì a Strasburgo il rapporto della deputata svizzera Ruth-Gaby Vermot-Mangold sulla crisi umanitaria in Darfur.

Nel suo documento, la parlamentare socialista chiama gli Stati membri a intensificare gli sforzi e a elaborare congiuntamente una soluzione al conflitto.

Non basta inviare soldati in missione di pace e applicare sanzioni economiche per risolvere il conflitto nel Darfur. Secondo la consigliera nazionale socialista Ruth-Gaby Vermot-Mangold, che chiede alla Svizzera di metter a profitto la sua esperienza in questo campo, è necessaria una mediazione.

La parlamentare bernese ha lanciato un appello non solo alla Svizzera, ma anche ai 46 altri stati membri del Consiglio d’Europa. Li ha esortati ha rafforzare l’aiuto umanitario e a tentare di riportare le due parti in conflitto alla ragione.

Proteggere la popolazione

Ruth Gaby Vermot-Mangold si è espressa in qualità di relatrice del comitato migrazioni, stranieri e popolazione. Il suo rapporto, adottato all’unanimità, fa seguito a una domanda urgente presentata dalla Svizzera per un dibattito sul conflitto in Darfur.

«Il rapporto propone in primo luogo una soluzione per proteggere meglio la popolazione civile», ha spiegato la deputata elvetica. «È compito del Consiglio d’Europa, in quanto istanza morale, aiutare i più deboli».

«Le circa 80 organizzazioni umanitarie presenti in Darfur faticano a distribuire gli aiuti», ha sottolineato. I dipendenti locali delle ONG sono vittime di minacce e vivono nella paura di essere rapiti. Devono quindi essere meglio protetti siccome il loro aiuto è vitale per le decine di migliaia di persone rifugiate nei campi nel deserto.

Sanzioni inutili

La deputata socialista svizzera non si è recata personalmente in Darfur, ma le informazioni che ha raccolto presso l’Alto commissariato dei rifugiati dell’ONU e altre organizzazioni confermano le notizie che giungono dalla regione da anni.

La situazione umanitaria è allarmante: 85’000 persone sono state uccise e oltre 200’000 sono morte di fame o per malattie nei quattro anni di conflitto fra i ribelli e l’esercito sudanese. Le donne inoltre sono state vittime di stupri e oltre 2,5 milioni di persone sono state sradicate dalle loro terre.

Malgrado le numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, la situazione non è cambiata, secondo Vermot-Mangold. A parte qualche breve pausa ottenuta grazie ai cessate-il-fuoco, subito violati, ci sono sempre più violenze, stupri e morti.

La consigliera nazionale non ritiene che le sanzioni economiche possano risolvere la crisi visto che il paese è già completamente distrutto. A suo avviso sarebbe meglio rilanciare la ricostruzione con investimenti.

La mediazione della Svizzera

La socialista è convinta che la Svizzera sia capace di riunire attorno allo stesso tavolo i rappresentanti delle parti in conflitto e della popolazione. «Abbiamo una grande esperienza nel campo della mediazione».

Berna ha già lanciato una prima iniziativa: il delegato del Dipartimento federale degli affari esteri, Günther Bächler, ha preso contatto con i responsabili sul posto. Bächler ha condotto per anni una mediazione in Nepal dove i suoi sforzi hanno dato frutti concreti.

swissinfo e agenzie

Secondo gli esperti internazionali il conflitto nella regione occidentale del Sudan ha provocato 200’000 morti e oltre 2,5 milioni di profughi dal 2003.

Il conflitto vede contrapposti la maggioranza nera che vive nella regione alla minoranza araba (maggioranza nel resto del paese).

Il governo di Khartoum è accusato di appoggiare le scorribande dei Janjaweed, una tribù nomade di origine araba.

L’accordo di pace firmato un anno fa dal governo del presidente Omar al Bashir e da un gruppo di ribelli del Darfur non ha avuto effetti, visto che oltre una decina di fazioni ribelli l’hanno respinto e continuano tuttora a combattere.

Martedì, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha condannato l’attacco perpetrato qualche giorno fa in Darfur contro la missione dell’Unione africana in Sudan (Amis).

L’aggressione, apparentemente condotta da un gruppo di ribelli, ha provocato la morte di almeno dieci militari dell’Amis.

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