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Micheline Calmy-Rey visita i rifugiati del Darfur

Una tra le tante rifugiate del Darfur che ha trovato riparo oltre il confine con il Ciad Keystone Archive

In viaggio ufficiale nell'Africa subsahariana, la presidente della Confederazione si è recata domenica nell'est del Ciad, in un campo profughi per gli sfollati del vicino Darfur.

La Svizzera partecipa attualmente con circa 4 milioni di franchi all’anno al sostegno di questi campi che accolgono circa 380’000 rifugiati.

L’aiuto svizzero e la situazione nella regione del Darfur sono stati gli argomenti al centro dei colloqui del fine settimana tra Micheline Calmy-Rey e le autorità del Ciad, nella capitale N’Djamena.

Domenica, la consigliera federale ha voluto rendersi conto di persona della grave situazione che regna in un campo profughi, in prossimità della martoriata regione sudanese del Darfur.

Tra severe misure di sicurezza – diverse decine di soldati armati – la presidente ha visitato il campo Iridimi, a nord della città di Abéché, dove sono ammassati più di 17’000 rifugiati. Alcuni di loro vi risiedono da ormai quattro anni.

Dal 2003, anno dell’inizio dei combattimenti nella provincia del Darfur, in Sudan, circa 230’000 persone si sono rifugiate nei campi profughi in Ciad. Una dozzina di centri sono stati realizzati lungo la frontiera. A ciò si aggiungono circa 150’000 sfollati del Ciad, cacciati dai loro villaggi da conflitti tra milizie armate e esercito governativo.

Carenza d’acqua

Questi disperati arrivano in territori resi fragili dalla desertificazione; la Svizzera ha già stanziato quest’anno 4,5 milioni di franchi (3,5 nel 2006) per l’assistenza, tramite enti multilaterali. Nell’ovest del paese, nella zona visitata dalla Calmy-Rey, la situazione umanitaria è drammatica.

Il problema principale è la mancanza di acqua: ogni individuo ne ha diritto a otto litri al giorno, ben poca cosa viste le asfissianti temperature che regnano.

Permane inoltre una pericolosa violenza fra i residenti del campo e la popolazione locale, come ha fatto rilevare Djerassem Mbaiorem, dell’Alto commissariato Onu per i profughi. Di fronte a questi enormi problemi, la Calmy-Rey ha espresso la solidarietà della Svizzera.

Sostegno svizzero

Giunta venerdì sera in Ciad, dopo essere stata in Senegal, Benin e Ghana, la ministra degli esteri elvetica ha assistito alla presentazione di uno dei progetti svizzeri, in compagnia di Walter Fust, responsabile della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC). Il progetto riguarda il sostegno alle comunità rurali, che rappresentano l’80% della popolazione.

Sviluppo sostenibile all’agricoltura, lotta contro l’erosione, sanità ed educazione sono i punti salienti dei programmi per i quali Berna ha stanziato 11 milioni di franchi per l’anno in corso.

Tappa in Senegal

Nella giornata di venerdì Micheline Calmy-Rey aveva incontrato il presidente senegalese Abdoulaye Wade, rallegrandosi per il “ruolo costruttivo e stabilizzatore” svolto dal Senegal in Africa e nel mondo intero.

In un precedente colloquio con il ministro degli esteri, Cheikh Tidjane Gadio, aveva anche tenuto a sottolineare gli “amichevoli rapporti bilaterali”, che vanno tuttavia intensificati.

A Dakar, capitale del Senegal, la presidente della Confederazione ha avuto una riunione con gli ambasciatori svizzeri che operano nella regione, con i quali ha discusso la strategia per meglio tutelare gli interessi elvetici.

Lunedì ci sarà l’atteso incontro con il presidente ciadiano Idriss Déby, poi le ulteriori tappe in Repubblica democratica del Congo, Burundi e Rwanda.

swissinfo e agenzie

Il conflitto nel Darfur, regione in guerra nell’ovest del Sudan, dura ormai da quattro anni e, secondo le organizzazioni internazionali, ha già causato più di 200’000 morti oltre a 2 milioni di sfollati.

Organizzata sotto l’egida delle Nazioni Unite e dell’Unione africana, da domenica in Libia si tiene una conferenza internazionale sulla questione.

L’incontro precede una decisione dell’ONU sul finanziamento di un’operazione ibrida di mantenimento della pace nel Darfur per stabilizzare la situazione sul terreno.

L’operazione consisterà nel rimpiazzare la forza africana di 7’000 uomini, mal finanziata e mal armata, con una robusta forza di 20’000 uomini finanziata dalla comunità internazionale.

Uno dei punti forti del viaggio di Micheline Calmy-Rey in Africa (dal 9 al 18 luglio) era la riunione a Dakar degli ambasciatori svizzeri nei paesi dell’Africa subsahariana.

Terminato venerdì, questo incontro di tre giorni diretto dalla ministra ha permesso “di tracciare le basi di una strategia per l’Africa subsahariana”, stando al comunicato del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

Nella regione, la Svizzera dispone di una rete di 12 ambasciate e di 13 uffici di cooperazione.

Sul piano economico, la Confederazione occupa il quinto rango tra gli investitori stranieri alle spalle dell’Unione europea, degli Stati Uniti, del Canada e del Giappone.

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