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Nuova partenza o capolinea?

Solidarietà e mano tesa della Svizzera al mondo: due concetti al centro della campagna nel 1920. Auszug aus einem Manifest für den Beitritt zum Völkerbund

Molti argomenti di questa campagna segnarono già il dibattito nel 1920 e nel 1986.

Il 16 maggio 1920 il popolo svizzero decise di aderire alla Società delle Nazioni (SDN) con una confortevole maggioranza dei votanti, ma con un solo cantone di scarto. La Svizzera latina si rivelò compatta in favore, mentre la Svizzera tedesca si spaccò sull’argomento. Dalla sua costituzione quale Stato moderno, per la prima e finora ultima volta la Svizzera decise dunque di aderire a un’organizzazione dal carattere sopranazionale.

Una visione di pace mondiale contro…

Anche allora, il dibattito fu molto acceso. I promotori dell’adesione provenivano dagli schieramenti liberale, cristiano-sociale e contadino. Per loro, la Svizzera costituiva una sorta modello ridotto di società delle nazioni, grazie alla sua multiculturalità. “L’Organizzazione era portatrice di una speranza di pace per l’umanità”, rileva il professore Carlo Moos, dell’Università di Zurigo, autore di uno studio sulle votazioni del 1920 e del 1986.

Questa argomentazione traeva la sua origine dalle atrocità commesse durante la prima guerra mondiale, appena terminata. Non si voleva più accettare la guerra come “continuazione della politica con altri mezzi.” Mai più guerra! era il nuovo slogan. L’SDN, promossa dal presidente americano T. Woodrow Wilson, doveva concretare questo slogan.

…la fine della Svizzera

Carlo Moos fa notare che, di fronte a questa aspirazione collettiva alla pace, gli avversari dell’adesione si trovarono in difficoltà. A sinistra si disse che la SDN era una piaga del capitalismo, mentre i conservatori cattolici e la destra dissero che la Svizzera avrebbe sacrificato la neutralità e la sovranità. Qualcuno usò addirittura toni apocalittici, parlando di “fine della Svizzera.”

La SDN riuscì a disinnescare qualche conflitto secondario, ma non i principali. Tra i suoi fallimenti figura anche l’aggressione contro l’Abissinia dell’Italia fascista. La tragedia della seconda guerra mondiale la privò poi di qualsiasi significato.

La bocciatura del 1986

La proposta di adesione fu bocciata anche da Ginevra, la città dell’ONU per eccellenza. Gli argomenti contro l’adesione rimasero gli stessi usati nel 1920: la Svizzera avrebbe perso neutralità e sovranità.

Gli avversari dipinsero l’ONU in modo molto negativo: troppa burocrazia, poca democrazia a causa del diritto di veto e troppe operazioni fallite. Si disse anche che l’ONU era lo strumento del comunismo, un argomento che fece presa in un’epoca contrassegnata dalla guerra fredda.

Nel 1986 i fautori restarono invece sempre sulla difensiva, limitandosi ad attenuare gli argomenti degli oppositori e a spiegare l’utilità di un’adesione. In questo modo, spiega Carlo Moor, si lasciò via libera agli oppositori. Mancò completamente una campagna impostata sul piano dell’idealismo, come quella del 1920.

L’insegnamento della storia

Oggi gli argomenti delle due parti sono conosciuti. Da un lato, come nel 1920 e nel 1986, si paventa la perdita della neutralità, dall’altro si osserva che non esiste più alcuna ragione per non aderire.

Moos è convinto che i fautori dell’adesione avranno successo soltanto se sapranno dare alla loro campagna una dimensione idealistica, come nel 1920 e diversamente da quanto successe 16 anni fa. “Dovrebbero far capire che partecipare a pieno titolo significa maggiore solidarietà con i diseredati di questo mondo. Se invece il dibattito si incentrerà attorno alla questione della sopravvivenza o della scomparsa della Svizzera, allora gli oppositori all’adesione avranno buon gioco.”

Felix Münger

Traduzione: Mariano Masserini

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