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Riconoscimento a furor di popolo degli svizzeri all’estero

Quando fu scattata questa fotografia nel 1933 a Lezema (Argentina), gli svizzeri all'estero non figuravano nella Costituzione federale: dovranno attendere fino al 1966 per essere esplicitamente menzionati nella Magna Carta della Confederazione. swissinfo.ch

È con un risultato trionfale – il sì di tutti i cantoni e del 68,1% dei votanti – che gli svizzeri all’estero "entrano" nella Costituzione federale. Lo scrutinio popolare del 16 ottobre 1966 pone le basi per poter legiferare a livello federale sui loro diritti e doveri, in particolare nei campi dell’esercizio dei diritti politici, degli obblighi militari e dell’assistenza sociale. Il cammino sarà però ancora lungo.

Con il voto del 16 ottobre 1966 il popolo svizzero posa una pietra miliare per i suoi connazionali nel mondo: il nuovo articolo costituzionale riconosce ufficialmente il loro ruolo storico, politico ed economico e l’importanza di rinsaldare i rapporti tra la Confederazione e la Quinta Svizzera. Un riconoscimento degli svizzeri all’estero e un miglioramento del loro statuto giuridico che erano stati a lungo trascurati dal governo federale.

Eppure, atti parlamentari in tal senso non erano certo mancati, sottolineava il Dipartimento politico federale (oggi degli affari esteri) in un rendiconto all’indirizzo del governo del 1° novembre 1963, riguardante l’opportunità di elaborare un articolo costituzionale sugli svizzeri all’estero. Nel rapportoCollegamento esterno, oggi accessibile presso i Documenti Diplomatici Svizzeri nella banca dati Dodis (dodis.ch)Collegamento esterno, si rammentava che questo auspicio risaliva al 19° secolo e che alcune istanze datavano “del periodo immediatamente dopo la fondazione dello Stato federale” svizzero nel 1848.

“Non si tratta di concedere privilegi agli svizzeri all’estero, bensì di assicurare che nella legislazione federale si tenga conto delle loro condizioni specifiche”, si puntualizzava nel rapporto. L’esito della votazione popolare del 1966 mostrerà poi che questa preoccupazione era ampiamente condivisa dall’elettorato.

Dal 45 bis al 40

L’articolo 45 bis sugli svizzeri all’estero, approvato nella votazione popolare del 16 ottobre 1966, sarà sostituito dall’articolo 40 con la revisione totale della Costituzione federale del 1999. Il nuovo testo è formulato in modo più perentorio: alla Confederazione non è più semplicemente data la facoltà di promuovere le relazioni degli svizzeri all’estero tra loro e con la Svizzera e di emanare prescrizioni sui loro sui diritti e doveri, ma le sono attribuiti chiaramente questi compiti.

Inoltre, ai tre campi esplicitamente citati in cui la Confederazione deve legiferare – esercizio dei diritti politici nella Confederazione, adempimento dell’obbligo di prestare servizio militare o sostitutivo e assistenza – se ne aggiunge un quarto molto importante: quello delle assicurazioni sociali.

Democrazia diretta svizzera una macchina lenta

Fondamentale per poter promuovere le relazioni degli svizzeri all’estero tra loro e con la patria, sostenere le istituzioni che se ne occupano e disciplinare i loro diritti e doveri, il nuovo articolo non è però orientato verso riforme a tutta birra. Infatti, non impone alla Confederazione questi compiti, ma le attribuisce “la facoltà” di attuarli. Inoltre stipula che essa emana disposizioni in materia, “dopo aver sentito i Cantoni”.

Non è dunque sorprendente che cinque anni dopo, nel discorso al Congresso degli svizzeri all’estero a Brunnen, il consigliere federale Ernst Brugger, stilerà un primo magro bilancio di “quanto è stato realmente compiuto”. L’unico atto concreto della Confederazione fino a quel momento è stata l’introduzione di un regolamento che disciplina la protezione diplomatica e consolare degli svizzeri all’estero, si legge nel discorso scrittoCollegamento esterno, disponibile nella banca dati Dodis.

“Certe peculiarità del sistema decisionale politico del nostro paese non hanno ancora consentito di sfociare in una legislazione di esecuzione completa”, giustifica Brugger. E il ministro imputa alla democrazia diretta la causa della lentezza nell’attuazione dei mandati costituzionali in Svizzera: è “il tributo che dobbiamo pagare per vedere partecipare i cittadini, e fortunatamente da poco anche le cittadine [il suffragio femminile in Svizzera è stato introdotto nel giugno 1971, Ndr.], all’attività legislativa”.

Poco importa se sia effettivamente la democrazia diretta o se sia il federalismo oppure semplicemente l’iter amministrativo e parlamentare a rallentare la concretizzazione dell’articolo costituzionale approvato nel 1966. Sta di fatto che gli svizzeri all’estero dovranno aspettare fino al 1977 per ottenere i diritti politici a livello federale (legge del 19 dicembre 1975), fino al 1992 per poterli esercitare più agevolmente grazie al voto per posta, e non si sa ancora fino a quando per poterli effettivamente esercitare in qualsiasi Paese in cui risiedono grazie al voto online.

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