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L’ultimo genio universale

Haller nel ritratto di S. Freudenberger (1773) che servì da base per la banconota da 500 franchi in circolazione dal 1976 al 2000 Privately owned, Haller300

Albrecht von Haller ha rivoluzionato la medicina, sistematizzato la flora elvetica e fatto scoprire da poeta la bellezza delle Alpi. Nato 300 anni fa, è considerato l'ultimo dei geni universali.

Fu vera gloria? Per gli esperti sì, anche se il grande pubblico ha ormai dimenticato Albrecht von Haller e la sua erudizione, tanto leggendaria da spingere alcuni dei suoi illustri contemporanei a lunghi viaggi pur di vederlo. «Del signor Haller bisogna dire che sa tutto», scriverà ad esempio un ammirato Giacomo Casanova dopo un incontro avvenuto nel 1760.

Mezza Europa aveva imparato a guardare la montagna con occhi nuovi attraverso il suo poemetto Le Alpi (1729) e si era innamorata con i versi di Doris (1730), la poesia scritta per chiedere la mano della prima moglie.

In botanica, Haller rivaleggiava con Linneo. Il suo erbario, la prima descrizione sistematica della flora elvetica, è composto di 61 monumentali volumi. I numeri 15 e 41 sono tra gli oggetti scelti dal Museo storico di Berna per la mostra allestita in occasione del 300esimo anniversario della nascita di Haller.

Ma è soprattutto in campo medico che il genio bernese ha lasciato il segno. Per lui, la medicina rimase sempre una priorità. Un poeta – scrisse – può intrattenere per un quarto d’ora, un medico migliora le condizioni di un’intera vita.

L’importanza del contributo dato da Haller allo sviluppo scientifico si può intuire anche dal seguente dato: portano – o hanno portato – il suo nome 21 parti del corpo e 14 piante.

Inoltre, Haller fa capolino in molte – per quanto discutibili – classifiche d’eccellenza. È ad esempio al nono posto sulla scala d’intelligenza calcolata nel 1926 da un gruppo di psicologi di Stanford, dietro a personaggi come Stuart Mill, Goehte e Leibniz, ma davanti a Michelangelo, Galileo o Mozart. Per quanto riguarda la sua attività poetica, il critico tedesco Dietrich Schwanitz ha messo Le Alpi tra i 70 libri che hanno cambiato il mondo, insieme ad opere come il Principe di Machiavelli o l’Enciclopedia di Diderot e D’Alambert.

Padre della sensibilità

Dopo aver concluso gli studi di medicina a soli 19 anni, Haller si reca a Parigi e a Londra per perfezionarsi. La capitale francese gli rimarrà impressa per due motivi: è il contrario della vita a contatto con la natura che idealizza nelle 49 strofe di Le Alpi e gli mette davanti agli occhi i limiti della chirurgia. Dopo aver assistito a diverse operazioni – praticamente tutte con esito letale per i pazienti – Haller decide che è meglio sezionare i morti che operare i vivi.

Nei 16 anni in cui è professore a Gottinga, sui tavoli del suo «teatro anatomico» finiscono non meno di 350 cadaveri di persone a cui la chiesa negava una sepoltura (condannati a morte, ragazze madri, suicidi…). Grazie a queste autopsie e agli esperimenti sistematici sugli animali, Haller acquisisce e trasmette nuove conoscenze sul sistema di circolazione del sangue, la respirazione e il cuore.

È lui a sfatare il mito del corpo umano come pompa idraulica le cui parti si muovono in risposta ad un comando dell’anima. Haller dimostra che l’organismo non è una macchina animata, ma ha delle proprietà autonome, è capace di azione e reazione, è sensibile. Vivisezionando cani e gatti, stimolando i loro muscoli, irritando i loro nervi messi a nudo, il medico bernese fa delle scoperte fondamentali e inaugura l’epoca della sperimentazione sistematica.

Il prezzo da pagare è la sofferenza degli animali, che all’epoca erano considerati poco più di cose: usarli per migliorare le conoscenze umane non poneva dei problemi etici, anche se – scriverà Haller – «personalmente sono crudeltà che mi ripugnano».

Stacanovista, ipocondriaco, drogato

Haller applica la tecnica dell’osservazione sistematica anche a sé stesso. Quando nel 1773 si ammala per un’infezione alle vie urinarie, annota minuziosamente frequenza, colore e consistenza dell’urina.

I dolori sempre più forti lo portano a provare l’oppio. «Non dimenticherò mai l’effetto della prima applicazione», scrive nei suoi appunti, dai quali si viene a sapere che le dosi vengono aumentate regolarmente e che i tentativi di disassuefazione falliscono miseramente.

Nonostante la malattia, Haller continua a dedicarsi alle sue attività: «Lavorerò fin tanto che avrò vita». E di vita gliene resta abbastanza da ricevere l’onore di una visita dell’imperatore austriaco Giuseppe II che non si reca da Voltaire, ma raggiunge Berna in incognito per vedere Haller. Per lo scienziato bernese, l’omaggio dell’imperatore ha il sapore di una vittoria sul filosofo francese con il quale era in contrasto in merito alle teorie del buon governo, tema di alcuni suoi romanzi, e all’importanza della religione.

Haller muore nel 1777, qualche mese dopo la visita dell’imperatore. La leggenda lo vuole attento fino all’ultimo al ritmo del suo battito cardiaco: «Batte, batte, batte», avrebbe detto osservandosi il polso. «Batte… non più».

swissinfo, Doris Lucini

Con la mostra dedicata ad Albrecht von Haller, il Museo storico di Berna inaugura il nuovo spazio espositivo Kubus/Titan: 1200 m2 muniti di pareti mobili dove è lo spazio ad adattarsi alla storia e non la storia ad essere costretta in uno spazio.

Strutturata in capitoli, quasi fosse un romanzo di formazione, la mostra avvicina il visitatore ad Haller, alle sue ricerche, al contesto storico in cui ha operato.

Sono di particolare interesse i modelli anatomici in cera realizzati nel corso del Settecento in base alle conoscenze acquisite da Haller attraverso la pratica delle autopsie.

In mostra ci sono poi numerosi manoscritti – Haller era in contatto epistolare con 1’200 personalità europee dell’epoca – ed edizioni a stampa delle opere.

La mostra, inaugurata il 4 dicembre, rimane aperta fino al 13 aprile 2009.

Albrecht von Haller (Berna 1708-1777) studia medicina nei Paesi Bassi, a Leida, dove si laurea a soli 19 anni. Seguono soggiorni di studio a Londra e Parigi.

Esercita dapprima nella sua città natale, poi, nel 1936, quando già è considerato un luminare, diventa professore all’Università di Gottinga.

Torna a Berna nel 1753. Assume diversi ruoli all’interno dell’amministrazione bernese. L’incarico di direttore delle saline di Bex gli dà sicurezza economica.

Alla sua morte, lascia la più grande biblioteca privata del XVIII secolo. Acquistati dall’imperatore austriaco Giuseppe II, i 12’400 volumi di Haller sono stati trasportati a Milano. In buona parte sono conservati ancora oggi alla Biblioteca nazionale braidense.

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