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L’Amazzone del Cavaliere Azzurro

Marianne Werefkin con Fede del Caffè Verbano. Fondazione M. Werefkin

La pittrice di origine russa Marianne Werefkin, compagna di Jawlensky e amica di Kandinksy, muore ad Ascona nel 1938. L’artista, il cui talento è unanimemente riconosciuto dalla critica, fa parte della cerchia del “Blaue Reiter” fin dalla nascita del movimento.

La baronessa Marianne von Werefkin compie i suoi primi passi alla grande scuola del realismo russo fiorito nella metà dell’800. Sotto la guida Ilja Repin sviluppa la sua arte. Ed è così brava tanto da essere definita il “Rembrandt russo”.

L’artista, molto intelligente, colta e preparata, è una pittrice d’avanguardia, capace di influenzare il lavoro dei suoi amici. Sperimenta, osa, trasgredisce, rompe con gli schemi. La sua forza propulsiva e visionaria spingono la critica a considerarla “la levatrice” e l’ ”amazzone” del “Cavaliere Azzurro”.

Il Museo comunale d’arte moderna di Ascona, sede della Fondazione Werefkin, ospita in assoluto la più grande collezione dell’artista: dipinti, libretti di schizzi, fotografie, quaderni di lettura, lettere. E si tratta di un patrimonio davvero molto prezioso.

Tra le coppie di artisti più celebri

C’è un evento che conta molto nella sua storia, privata e artistica: l’incontro, nel 1891, del giovane pittore Alexej Jawlensky. Insieme si trasferiscono a Monaco di Baviera, all’epoca una delle capitali dell’arte più importanti, stimolanti e vivaci.

E in quella Monaco in fermento, Marianne e Alexej condividono, dal 1908 al 1914, ideali e scoperte artistiche con un’altra coppia di pittori: Wassily Kandinsky e Gabriele Münter.

Insieme a questi artisti, Marianne Werefkin fonda nel 1909 la “Neue Künstlervereinigung München”. Sono gli anni di Mornau, la cittadina tedesca in cui le due coppie vivono intensi scambi e stravolgono il loro linguaggio artistico. Sono gli anni che preludono alla svolta rivoluzionaria di Kandinsky verso l’arte astratta.

Dopo un breve distacco da Kandinsky, impegnato a fondare il movimento artistico del “Cavaliere Azzurro” (“Blaue Reiter”), Werefkin presta alcune sue opere per la prima mostra del nuovo gruppo.

La fuga dalla guerra e il rifugio in Svizzera

Allo scoppio della Prima guerra mondiale la coppia Werefkin-Jawlensky ripara in Svizzera. Si sposta da Saint-Prex a Zurigo, dove frequenta il gruppo Dada. Nel 1918 si trasferisce ad Ascona. All’inizio degli anni Venti Werefkin partecipa alla Biennale di Venezia e si separa definitivamente da Jawlensky.

Insieme ad altri artisti rifugiatisi ad Ascona, Werefkin fonda nel 1924 il “Gruppo dell’Orsa Maggiore. Al Borgo Marianne Werefkin dona quattro suoi dipinti, un’opera di Klee e una di Jawlensky e invita gli altri artisti presenti nel Borgo a fare altrettanto.

E così getta lei stessa le basi per quello che oggi sarà il Museo comunale d’arte moderna. Sulle rive del Verbano la baronessa resta fino alla sua morte, il 6 febbraio 1938.

Una fitta rete di conoscenze

Mara Folini, ricercatrice e autrice di una tesi di laurea sulla pittrice russa, sottolinea lo spessore del periodo asconese. E mette in luce quanto e come i contatti e le conoscenze di Werefkin – quali Ferdinand Hodler, Paul Klee, Hermann Hesse – abbiano contato sul suo arrivo ad Ascona e al Monte Verità.

“Ad Ascona – racconta Mara Folini – Werefkin si ritrova in un piccolo paese, che la considera un po’ una matta, ma che la sostiene. In condizioni economiche difficili, la baronessa apre la sua casa a tutti e si dà da fare: lavora come rappresentante per una casa farmaceutica, vende le cartoline che dipinge. E mantiene sempre un’altissima dignità sia come donna, sia come pittrice e promotrice d’arte in Ticino”.

In Ticino Werefkin continua infatti a dipingere. Porta avanti la sua arte. Espone sotto i portici, alle scuole, dove trova un contesto adatto. E, sempre grazie ai suoi preziosi contatti, continua ad essere legata ai circoli di artisti più importanti e all’avanguardia, quali gli espressionisti.

Con il turbante rosso per le vie d’Ascona

“Werefkin ritiene che l’arte debba servire a cambiare la vita. Poiché l’arte non è scissa dalla vita. Ma è la vita stessa. Se Werefkin diventa una pittrice espressionista – spiega Folini – lo diventa sulla base di una concezione legata al realismo russo: l’arte, insomma, come educazione del popolo. Un retroterra culturale ed ideologico che non perderà fino all’ultimo giorno della sua vita”.

Ad Ascona Werefkin prosegue la sua profonda ricerca personale con forti tensioni mistiche. “Sviluppa la dimensione religiosa, umanitaria e filosofica – annota l’esperta – ed è sempre più influenzata dalla figura di San Francesco”.

Sulle rive del Verbano trova comunque una certa pace. Il suo amore per Ascona è del resto confermato in un suo racconto del 1928: la baronessa, che veste in modo strano e sfoggia sempre un turbante rosso, si definisce infatti un’asconese. Lei, di origine russa e con l’universo nell’animo.

La pittrice di origine russa, dal precoce talento, fa parte degli artisti che hanno tracciato la strada della pittura del XX secolo.

Il suo ruolo precursore nell’arte delle avanguardie è incontestato. Di lei si conoscono più di 350 quadri.

Le sue opere più importanti e il suo archivio personale sono patrimonio della Fondazione Werefkin di Ascona.

La pittrice nasce a Tula nel 1860 e muore ad Ascona nel 1938.

Nel 1896 si reca a Monaco di Baviera.

Dal 1901 al 1905 si dedica a studi e indagini sul pensiero estetico-teorico, raccolti nel diario “Lettres à un Inconnu”.

Nel 1906 riprende a dipingere: il suo stile è totalmente trasformato
Fonda nel 1909 la Neue Künstlervereinigung Munchen.

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