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Nuovi sguardi sull’universo di Fellini

Il bacio "immaginario" tra Marcello Mastroianni e Anita Ekberg in La Dolce Vita. Courtesy Collection Christophe Schifferli, Zürich

La realtà popolare, i sogni e le ossessioni hanno profondamente segnato l'opera di Federico Fellini. Stabilendo un dialogo tra fotografia e film, un'esposizione al Museo dell'Elysée di Losanna svela nuovi aspetti del processo creativo del regista italiano.

Un laboratorio visivo che mette a confronto l’opera cinematografica e il contesto iconografico in cui è nata. È in questi termini che il museo losannese ha concepito la mostra Fellini, La Grande Parade, a 50 anni di distanza dall’uscita de La Dolce Vita.

«È un tentativo azzardato di esporre il cinema», afferma il suo curatore Sam Stourdzé. «L’idea è di stabilire un dialogo tra immagine fissa e immagine animata».

Scatti nei retroscena

Suddivisa in quattro sezioni tematiche, l’esposizione è costituita da oltre 400 documenti tra fotografie, disegni, manifesti, riviste ed estratti di film.

«Ci interessava mostrare il contesto visivo nel quale ha lavorato Fellini. Questo per tentare di capire quale era il processo creativo nella mente del regista», spiega Stourdzé, direttore del museo.

Nella prima parte, dedicata alla cultura popolare, la mostra si sofferma sugli elementi – quali i fumetti o le caricature – che hanno ispirato Fellini. Si passa poi al lavoro vero e proprio (Fellini all’opera), evocando gli aspetti più importanti dell’elaborazione dei suoi film: dalla collaborazione con gli sceneggiatori all’attenzione data a costumi e ambienti.

Per mostrare ciò che succedeva “dietro le quinte” e riunire tutto il materiale, sottolinea Stourdzé, ci sono voluti quattro anni di ricerca. «I fotografi che documentavano le riprese lasciavano alla produzione soltanto le immagini più belle, ovvero quelle che sarebbero servite per presentare il film. Noi abbiamo invece raccolto tutte quelle fotografie considerate “mancate”, le quali raccontano un’altra storia».

L’anello mancante

La terza parte dell’esposizione (La città delle donne) affronta il rapporto di Fellini con l’universo femminile. Ritroviamo qui alcune attrici – come Anita Ekberg o Giulietta Masina – che grazie al regista italiano sono entrate a far parte della storia del cinema.

Nell’ultima sezione, il curatore ha voluto esplorare l’immaginario onirico di Fellini esponendo una selezione di disegni tratti dal Libro dei sogni.

Su consiglio dello psicanalista junghiano Ernest Bernhard, Fellini ha infatti rappresentato e descritto i suoi sogni su carta. Disegni che rivelano i fantasmi e le angosce del Maestro. «Il Libro dei sogni ci apre una nuova finestra sul processo creativo di Fellini e rappresenta quasi l’anello mancante tra l’ispirazione proveniente dalla realtà e la rappresentazione cinematografica», osserva Sam Stourdzé.

Il mito della macchina volante

«Quello che più mi ha sorpreso nella mia ricerca – prosegue il direttore del museo – è il fatto che la realtà ha ispirato Fellini molto più di quanto si pensasse».

Tra gli esempi più emblematici vi è la scena iniziale de La Dolce Vita, in cui si vede un elicottero che trasporta una statua di Gesù Cristo sopra i tetti di Roma. «Questa scena esisteva già prima che Fellini la mettesse in scena», rileva Stourdzé.

Un filmato proiettato al Museo dell’Elysée mostra infatti un elicottero che nel 1956, quattro anni prima de La Dolce Vita, atterra in piazza del Duomo a Milano con a bordo una statua del Cristo. Tra il 1930 e il 1960, sono poi oltre una trentina le copertine del settimanale La Domenica del Corriere che raffigurano un elicottero in diverse situazioni.

«Questa macchina volante era molto presente nell’immaginario collettivo degli italiani. Era il simbolo della modernità. Il grande talento di Fellini è stato di saper riconoscere la materia cinematografica presente nel suo ambiente».

Fellini nel sangue

Parallelamente all’esposizione del Museo dell’Elysée, la Cineteca svizzera ha allestito una retrospettiva integrale dell’opera felliniana, con copie nuove o restaurate dei suoi film.

Una scelta che per il suo direttore Frédéric Maire non è affatto anacronistica. «L’opera di Fellini sarà sempre attuale poiché è l’opera immensa di un regista che ha inventato un mondo estremamente originale, in cui Fellini racconta sé stesso e al contempo parla della realtà italiana», dice a swissinfo.ch l’ex direttore artistico del Festival internazionale del film di Locarno.

«Fellini è una parte d’Italia. E l’Italia, una parte di Fellini ce l’ha nel sangue».

L’esposizione Fellini, La Grande Parade è visitabile dall’8 giugno al 28 agosto 2011 al Museo dell’Elysée di Losanna.

È organizzata in collaborazione con la Cineteca svizzera, la Cineteca di Bologna, la Fondazione Fellini di Rimini, la Fondazione Fellini per il cinema di Sion e il Museo Jeu de Paume di Parigi.

Federico Fellini è nato a Rimini il 20 gennaio 1920; si è spento il 31 ottobre 1993 a Roma.

Prima di diventare un regista ha lavorato come caricaturista e sceneggiatore.

Il suo primo lungometraggio è stato Luci del varietà del 1951; la sua produzione cinematografica è cessata nel 1990 con La voce della luna.

Durante la sua attività ha ottenuto diversi premi, inclusi gli Oscar per La strada (1954), Le notti di Cabiria (1957), 8 ½ (1963) e Amarcord (1973) e l’Oscar alla carriera nel 1993.

Con La dolce vita (1960) ha inoltre vinto la Palma d’Oro al Festival di Cannes.

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