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“È piaciuta la loro veridicità”

36 foto di Ernst Scheidegger su Alberto Giacometti e sulle sue opere in viaggio attraverso la Cina. Risultato: un successo di pubblico enorme. E inatteso.

“Two arts on a jade stone”, così è denominata l’esposizione partita nel dicembre 2000 da Shanghai. Via via ha toccato 16 importanti città. Da maggio 2002 si trova nel cuore di Pechino, in un museo situato proprio accanto alla tanto nota quanto immensa piazza Tienanmen. In una sala che mai prima d’ora aveva ospitato mostre provenienti dall’estero.

Complessivamente, ben 130’000 persone hanno osservato il volto scavato di Giacometti o le sue filiformi rappresentazioni dell’uomo, viste attraverso l’obiettivo del suo grande amico Scheidegger. 130’000 individui, più di quanti abbiano visitato nel 2001 l’esposizione per il centenario dello stesso scultore bregagliotto al Kunsthaus di Zurigo.

Martedì è stato il giorno della cerimonia di chiusura. L’occasione per il segretario di Stato David Syz di dirsi fiero dell’interesse che i due artisti svizzeri hanno suscitato in Cina. “L’arte può contribuire ad avvicinare popoli e culture molto diverse”, ha inoltre rilevato. 600 cataloghi della mostra sono ora stati donati ad altrettante biblioteche distribuite nell’intera Cina.

“Come può essere possibile?”

“Queste immagini coprono un periodo di almeno 25 anni”, dice a swissinfo Ernst Scheidegger. “Raccontano la storia di Alberto, della sua vita, del suo modo di lavorare. Un uomo, Giacometti, che mi ha affascinato sin dal primo incontro”.

Una passione che, ai tempi della sua permanenza in Svizzera, ha contagiato anche la curatrice dell’esposizione, Huang Qi: “Queste fotografie non raccontano altro che la verità. Ciò è piaciuto ai cinesi. Nessun insegnamento, niente di artificiale”. Solo immagini di un uomo reale e di sue opere altrettanto reali.

“Mi sono chiesto: come può essere possibile? Che interesse potremo suscitare? Ero molto scettico”, ricorda Scheidegger ripensando alla proposta di portare una mostra su Giacometti in Cina. “Io sono cinese e amo queste foto. Come me lo faranno anche i miei compatrioti”, deve aver ribattuto Huang Qi. E l’avventura è partita.

Invaghiti nell’occidente

Ma come spiegare un tale successo di pubblico? OK, OK, i cinesi sono tanti ma ciò non basta. “La copertura mediatica dell’avvenimento è stata eccezionale”, evidenzia Hernst Scheidegger. Oltre ai numerosi articoli di presentazione sulla stampa, le varie televisioni cinesi hanno dedicato alla mostra ben una cinquantina di reportage.

E perché mai questo interesse? Gérald Béroud, esperto della complessa realtà del gigante asiatico, ritiene che si stia sviluppando un “invaghimento incredibile per tutto ciò che è occidentale”. Accanto alle luci colorate e ai fast food, sembra esserci posto anche per degli artisti svizzeri. Per fortuna.

E adesso?

Per l’ultimo giorno, nella sala ricoperta di velluto rosso dove si tiene la mostra echeggiano canti e suoni “tipicamente” svizzeri. Jodel, muggiti ed altre amenità che dovrebbero ricordare la Confederazione. Sarà. Guardo Tienanmen dalla finestra con questa musichetta nelle orecchie. Che contrasto!

Ancora una domanda. Cosa succede ora che la tournée cinese è finita? “Forse si riparte per un’esperienza analoga in Malaysia”, ci dice sorridendo la visibilmente entusiasta Huang Qi.

Marzio Pescia, Pechino

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