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“Il Festival come antidoto alla globalizzazione”

Mario Botta: "Sono un cinefilo mancato..." swissinfo.ch

Inconfondibile con i suoi occhiali rotondi e l’inseparabile matita rossa, la star dell’architettura internazionale Mario Botta ha fatto tappa al Festival di Locarno.

Invitato nel quadro del programma “In Progress” ad un dibattito con il direttore della fotografia Vittorio Storaro, l’architetto ticinese si è confrontato con il cinema. E con Locarno.

La luce – con la sua forza, i suoi significati e i suoi linguaggi – è stata il “file-rouge” del confronto tra due mondi diversi, ma solo apparentemente lontani: l’architettura e il cinema. Tra i punti di convergenza più significativi, l’appartenenza alla collettività.

Jean Cocteau diceva: “Il cinema è un sogno che si sogna insieme”. E l’architettura? Di questo e del futuro di Locarno “città del cinema” ne abbiamo parlato con Mario Botta:

swissinfo: Mario Botta costruttore di cattedrali, di musei, di teatri. E il cinema?

Mario Botta: A dire il vero ho preparato un progetto per il Palazzo del cinema di Venezia, partecipando ad un concorso. Il concorso non l’ho vinto, ma purtroppo il progetto non è ancora stato realizzato.

Vede, un fatto curioso nella vita dell’architetto è questo: non è lui a scegliere quello vuole fare, è la collettività che, sotto forme diverse, chiede un teatro, un museo, una chiesa, una casa o un ponte.

Ed essere, in un certo senso, a rimorchio della collettività ha molti lati positivi. Si è chiamati, insomma, ad essere interpreti della cultura, delle esigenze e della speranze del proprio tempo.

swissinfo: Aspettiamo allora che qualche regista la chiami per realizzare delle scenografie…

M.B.: Beh, un paio di scenografie le ho già realizzate all’Opernhaus di Zurigo e di Basilea. E’ stata un’esperienza molto stimolante, bella e divertente.

Un’esperienza che mi ha permesso di cogliere in pieno la grande differenza: la scenografia deve evocare uno spazio. Mentre l’architettura, lo spazio, lo deve costruire.

swissinfo: Mario Botta ama il cinema?

M.B.: Mario Botta ama il cinema, ma purtroppo ci va raramente. Sono un cinefilo mancato, nella misura in cui non trovo il tempo per andare al cinema. La vita, del resto, è fatta di scelte e di priorità.

Io, per quanto strano possa sembrare, sono un pigro. Vado dove mi spingono di più. E siccome nessuno mi obbliga di andare al cinema, vado raramente.

swissinfo: Che spettatore è?

M.B.: Se vado per piacere, mi lascio coinvolgere dalla trama e dalle emozioni, senza nessuno spirito critico. Se vado a vedere un film predisponendomi al commento e all’analisi, “l’état d’esprit”, naturalmente, cambia.

swissinfo: Che cosa le piace del Festival del film di Locarno?

MB: Locarno ha questa magia della Piazza. Malgrado tutto, il Festival è stato costruito e ruota attorno a questa agorà che è Piazza Grande. Ed è una condizione difficile da conservare perché con più si espande il Festival, con più si annacqua. E’ un po’ come una città: quando cresce la periferia, il centro perde di intensità.

Rompere questa maternità, che è data dalla Piazza, può dunque essere pericoloso perché Locarno diventerebbe uno dei tanti festival al mondo.

Occorre, secondo me, prestare molta attenzione e curare, come è stato fatto finora, la centralità di questo luogo. Uno spazio che con il bel tempo diventa punto di incontro, di scambio. E, attraverso i film, luogo di sogni.

swissinfo: Se le dessero pieni poteri per disegnare “Locarno città del cinema”, cosa farebbe?

M.B.: I pieni poteri non vanno mai bene per nessuno! E’ meglio lavorare sulla base di esigenze concrete, poiché il margine e lo spazio di interpretazione è già vastissimo. Locarno ha indubbiamente bisogno di infrastrutture per continuare a vivere.

Perché questo continuo ricominciare da capo ogni stagione, comporta dei costi che oggi non sono più sostenibili. O la struttura diventa sempre più effimera e quindi sempre meno pregnante, oppure è un imbuto senza uscita.

Credo che Locarno debba mantenere la sua dimensione. Non deve avere ambizioni sbagliate, non deve diventare Cannes, non può avere la mondanità di Venezia. Quindi deve sapere circoscrivere il proprio spazio.

Tanto più che è stato tracciato come spazio culturale, di ricerca, di sperimentazione. E, in quest’ottica, mi sembra che come antidoto alla globalizzazione, il Festival di Locarno abbia ancora molti spazi per l’avvenire.

swissinfo, Françoise Gehring, Locarno

Mario Botta nasce a Mendrisio il 1.aprile 1943
A 15 anni entra come apprendista disegnatore presso lo studio di architettura di Carloni-Camenisch a Lugano
All’età di 16 anni realizza la sua prima costruzione (presbiterio di Genestrerio)
Prosegue gli studi al Liceo Artistico di Milano e all’Istituto Universitario di Architettura IUAV di Venezia tra il 1964 e il 1969.
Nel 1970 apre il proprio studio di achitettura a Lugano

Mario Botta, che ha collezionato un numero impressionante di premi, è considerato uno degli architetti europei “che maggiormente hanno influenzato e continuano ad influenzare le strade dell’architettura contemporanea”.

Tra le mostre recenti più importanti quella al Palazzo della Ragione a Padova, dal 12 dicembre 2003 al 15 febbraio 2004. Un’occasione per ripercorrere dieci anni della sua attività, dal 1993 al 2003.

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