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«Non serviva più a nulla rimanere in Iraq»

In Iraq, Mustafa Mezouar faceva da scudo umano per una raffineria di Badgad swissinfo.ch

Mustafa Mezouar, uno degli ultimi attivisti svizzeri partiti in Iraq come scudi umani, è tornato a casa sua, a Neuchâtel.

Alexandra Richard si è fatta raccontare le sue esperienze, le sue motivazioni e anche la sua delusione.

Martedì, sei giorni dopo l’inizio della guerra in Iraq, 14 scudi umani resistevano ancora a Bagdad, sul sito della raffineria di Al-Daura.

Solo qualche giorno prima, sul posto c’era anche Mustafa Mezouar.

swissinfo:Perché questa rinuncia?

Mustafa Mezouar: Non eravamo più abbastanza numerosi. E la nostra azione non aveva più alcun senso.

Ero partito per impedire questa guerra e per proteggere la popolazione civile. Ma avevo solo una piccola speranza che potesse funzionare.

Dipendeva da due cose: dal numero delle persone che sarebbero partite e dall’entità della copertura mediatica che ne sarebbe scaturita.

Purtroppo, quando la guerra è cominciata, rimanevano già meno di un centinaio di scudi umani. E a poco a poco hanno quasi tutti lasciato l’Iraq.

Non ha avuto il sentimento che, come scudo umano, stava facendo il gioco del presidente Saddam Hussein?

Lo sapevo fin dalla partenza, ma faceva parte del gioco. Il nostro obbiettivo era di impedire la distruzione di installazioni civili.

Mi sentivo impotente di fronte a questa guerra annunciata. Nel mese di gennaio, ho scoperto il sito internet dell’iniziatore di questo movimento, un ex «marine» americano. E mi sono detto ch’era qualcosa che avrei potuto tentare.

Una volta in Iraq, ha potuto scegliere il sito che voleva proteggere?

Potevamo spostarci in tutta libertà. E poi gli scudi umani potevano discutere con l’ONG irachena che ci ha accolti.

In generale, alcuni di noi andavano sul posto prima degli altri, per verificare che si trattasse effettivamente di siti civili e che non ci fossero installazioni militari nei paraggi.

Io avevo deciso di andare alla raffineria di Daura, la più grande di Bagdad. È stata una scelta mia, nessuno mi ha obbligato.

Perché proteggere proprio una raffineria?

In Iraq, tutta la vita si svolge intorno al petrolio. Se non c’è più petrolio, non c’è più elettricità, e allora non funziona più niente.

Gli ospedali, per esempio, sono paralizzati. La raffineria è quindi un centro nevralgico.

Ha avuto paura qualche volta?

A un dato momento, il gruppo si è lasciato prendere da una specie di isteria collettiva. Alcuni scudi umani avevano paura di essere presi in ostaggio dagli iracheni.

Dopo alcuni giorni passati là, io avevo il sentimento che saremmo stati trattati bene. E così fu, fino all’ultimo momento.

Ma alla fine, ha rinunciato. È deluso?

Gli ultimi giorni, ho dovuto prendere una decisione importante. La ragione mi diceva di partire, perché non serviva più a niente rimanere in Iraq. Ma il mio cuore mi diceva di restare.

È stato penoso constatare che io potevo scegliere, mentre gli iracheni erano obbligati a rimanere.

Un giorno, un iracheno col quale parlavo della mia eventuale partenza, mi ha detto: «Nella vita, quel che conta è la famiglia». E credo che mi abbia aiutato a decidere.

Ora sono felice di aver ritrovato la mia famiglia. Ma ho lo stesso un senso di colpa, di aver lasciato perdere gli iracheni, anche se la mia presenza non sarebbe servita a granché.

Ora, continuerà la sua azione qui in Svizzera?

Sì, ho bisogno di continuare questa azione, in un modo o nell’altro. Forse scriverò un articolo e pubblicherò le foto che ho scattato laggiù.

Si parla sempre dell’Iraq in relazione a Saddam Hussein. E io vorrei mostrare l’altra faccia di quel paese e della sua popolazione.

intervista swissinfo: Alexandra Richard
(traduzione: Fabio Mariani)

L’operazione, lanciata da un veterano della guerra del Golfo, avrebbe riunito circa 300 persone.
L’espulsione di 5 scudi umani dall’Iraq ha fatto temere agli attivisti di essere presi in ostaggio.
Nel frattempo, quasi tutti sono partiti.

In seguito alla partenza della maggior parte degli scudi umani, anche Mustafa Mezouar ha rinunciato e dopo aver lasciato l’Iraq mercoledì scorso è giunto in Svizzera questa fine di settimana.

Ora, a Bagdad non rimangono più che pochi scudi umani, tra i quali anche un bernese. Mustafa Mezouar non è in contatto con lui, ma comunica per e-mail con un altro scudo umano, un inglese, che è rimasto sul posto.

Di nuovo a casa, Mustafa Mezouar vuole continuare la sua azione in un altro modo: pubblicando le foto che ha scattato sul posto insieme ad alcune annotazioni, per mostrare un’altra faccia dell’Iraq.

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