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Alberto Nessi: l’intelligenza del cuore

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Alberto Nessi, scrittore ticinese e voce critica dell'intolleranza e dei non-valori del consumismo incontra gli allievi di italiano del Liceo de la Cité di Losanna.

Si discute di traduzione, di impegno politico, di utopia, di gente che vive ai margini, di cieli azzurri e di fiori di malva.

Alberto Nessi seduto insieme al suo traduttore in francese, Christian Viredaz davanti alla classe del Liceo de la Cité di Losanna, comincia a leggere dalla raccolta “Fiori d’ombra”. Il racconto è “L’ora delle volpi”. Legge con un sorriso, passando leggero sulle parole, senza prendersi troppo sul serio. Non enfatizza.

La protagonista del racconto è una ragazza che ha l’età delle studentesse che stanno di fronte a Nessi. “Mia figlia, confessa l’autore, che per pagarsi un viaggio a Cuba una volta ha lavorato come cameriera in un autogrill”. Ecco un estratto del racconto.

“Il re dell’autostrada è il café crème… E ai tedeschi piace tanto il cappuccino. Questi tedeschi che con lo scontrino in mano dicono “Aló” o picchiano il pugno sul banco…”. La protagonista, provvisoria in quell’universo di eterno passaggio, osserva con occhi innocenti ingiustizie e destini pesantemente segnati dalla vita. Come tutti i giovani della sua età è ancora convinta di poter cambiare il mondo.

“Adesso sono qui per un mese, mi guadagno i soldi per andare a Cuba e là mi comprerò il basco con la stella del Che e imparerò a fare la rivoluzione e quando torno guideremo l’insurrezione dei benzinai, delle commesse, delle donne di fatica, dei camerieri dell’area di servizio.”

La voce valorizza il testo

Il racconto, di appena quattro pagine, è presto terminato. Lo scrittore guarda la classe e aspetta le domande. Rompe il ghiaccio una ragazza che vuol sapere quale metafora rappresenta la volpe nel racconto, “la mala gente?”, dice con un leggero ed irresistibile accento francese.

Durante la lettura di Nessi è successo qualcosa. I ragazzi si sono resi conto della sottile ironia che c’era tra le righe, un aspetto che era loro sfuggito. Avevano forse preso tutto un po’ troppo sul serio. “Mi pare che oltre all’intelligenza dello spirito lei abbia anche l’intelligenza del cuore”. Nessi è toccato dal complimento della ragazza. “Posso rubarti questa frase?” le chiede mentre già annota sul suo taccuino.

“A sua figlia il racconto è piaciuto?”, chiede qualcun’altro. In fondo si sta parlando di una loro coetanea piena di idee su come eliminare definitivamente “il Male” dal mondo, una ragazza che il padre prende affettuosamente in giro dall’alto della sua età ed esperienza. “Sì, abbiamo riso insieme”, risponde Nessi.

Poi una ragazza lo sorprende con una domanda a bruciapelo: “Il messaggio di questo racconto è che bisogna essere aperti. Ma non le sembra di partecipare a dei cliché, sottintendendo per esempio che in Ticino tutti i poliziotti sono corrotti, o i tedeschi maleducati?”

Il cliché in agguato

“Questo è vero, brava. C’è questo pericolo”, risponde Nessi. “Il cliché è sempre in agguato ed è il pericolo maggiore per l’artista, per lo scrittore… per tutti!”.

“La letteratura è una questione di misura, di dosi. Se sbagli dose, accoppi il paziente”, continua Alberto Nessi, che come ogni artista è attirato proprio da questo tipo di sfida, di ambiguità giocata sul filo del rasoio. “In realtà nei cliché c’è sempre un fondo di verità”, spiega.

“Nei miei racconti ci sono sempre due toni, serio e sorridente, luce e ombra…anche nelle mie poesie. La vita non è fatta solo di buio o di luce, c’è questo continuo alternarsi.”

L’alchimia della traduzione

Ma i ragazzi del liceo di Losanna sono anche affascinati dal lavoro svolto dal traduttore. “Come sceglie certe parole e non altre?”. “Prima Alberto parlava di dosaggio, anche il lavoro di traduzione è un lavoro di dosaggio”, risponde Christian Viredaz.

Le studentesse vogliono sapere perché un cielo azzurro non è un ciel azur nella traduzione in francese del racconto di Nessi. “Se dico un ciel azur cambio il tono del testo, lo rendo troppo poetico. Così traduco un cielo azzurro con ciel bleu. Certo nella traduzione si perdono delle cose, per questo si deve cercare di compensare con altre.”

I ragazzi insistono per sapere come si fa a diventare la voce di uno scrittore in un’altra lingua: “Probabilmente ho interiorizzato un personaggio, un Alberto che scrive in francese attraverso di me. Un po’ come un attore. Che presta la propria voce, che si mette a servizio del testo.”

La ricchezza svizzera che non si trova nelle banche

Qualcun altro vuol sapere se la poesia di Nessi è più difficile da tradurre. “È una questione di sensibilità”, risponde Viredaz. “È più facile tradurre un autore quando il suo testo, che sia prosa o poesia, fa risuonare qualcosa in noi. Certo, il fatto di aver scritto io stesso poesia mi rende il compito più facile”.

Si intuisce che molti ragazzi, bilingue, sono da sempre interessati all’argomento traduzione, che li tocca da vicino, nella vita di tutti i giorni e per loro avvicinarsi alla letteratura in lingua italiana è anche un modo di arricchire la conoscenza delle proprie radici culturali.

Un esempio concreto di come in Svizzera, un paese dall’identità culturale e linguistica multiforme, la traduzione sia essenziale sia alla coesione nazionale, sia alla comunicazione giornaliera.

È un abito mentale che tanti praticano con disinvoltura fin dall’infanzia. Una disponibilità a comprendersi che sicuramente è una delle vere ricchezze di questo paese. E non è nemmeno un cliché!

swissinfo, Raffaella Rossello

Alberto Nessi è nato a Mendrisio (TI) nel 1940 ed è cresciuto a Chiasso, dove ha insegnato letteratura italiana. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia e di prosa, “Tutti discendono”, “Terra matta”, “Fiori d’ombra”, “Rabbia di vento”, solo per citarne qualcuna. Come intellettuale di vocazione internazionalista ha preso spesso posizione contro le ingiustizie sociali e le derive del nazionalismo.

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