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Koons e Hirst perdono valore malgrado la loro fama

Jeff Koons Studio, New York/Tom Powel

Nel mercato dell'arte, l'interesse delle grandi istituzioni nei confronti di un artista fa solitamente aumentare le sue quotazioni. Tuttavia, le esposizioni di Jeff Koons a Basilea e di Damien Hirst a Londra hanno avuto un effetto opposto. I più allarmisti annunciano una crisi in gestazione.

I prezzi delle opere di Jeff Koons hanno iniziato a salire a metà degli anni Ottanta per raggiungere l’apice nel 2007. È proprio in quell’anno infatti che lo scultore e pittore americano ha battuto il record di vendite all’asta. Mai prima d’ora le opere di un artista ancora in vita avevano raggiunto punte simili.

La consacrazione del “re del kitsch” da parte dei principali musei internazionali non ha però spinto ulteriormente verso l’alto il suo valore di mercato. Dopo una serie di aste nelle quali i prezzi d’acquisto sono risultati inferiori a quelli stimati, la casa Christie’s si mostra prudente in vista della vendita che organizzerà nel mese di giugno.

Per Damien Hirst la situazione è simile. Il fatto che la Tate Modern di Londra gli dedichi una grande retrospettiva durante i Giochi Olimpici non ha fermato l’erosione dei suoi guadagni. Secondo i dati forniti dal British Art Market Research Indexes, dal 2008 l’artista è sempre rimasto al di sotto delle aspettative.

Ironia della sorte, l’artista inglese è parzialmente responsabile della situazione, avendo  saturato il mercato con la vendita diretta delle sue opere. Si stima che la sua fortuna personale superi attualmente i 200 milioni di sterline (301 milioni di franchi).

Fino a poco tempo fa, Jeff Koons e Damien Hirst erano i beniamini del mercato dell’arte. Trascinati dai nuovi ricchi che dagli anni Ottanta hanno investito nell’arte contemporanea senza troppe remore, i due artisti hanno risposto con opere sempre più audaci, spettacolari e commerciali. Opere che di fatto non vengono nemmeno realizzate da loro stessi. Jeff Koons ad esempio può utilizzare fino a cento lavoratori simultaneamente per concretizzare le sue idee.

L’arte in rete

«Jeff Koons sa esattamente ciò che funzionerà, dichiara Bernard Fibicher, direttore del Museo di Belle Arti di Losanna. Inoltre dispone di una rete di contatti incredibile, in grado di aiutarlo nelle sue orchestrazioni più complesse. Niente è lasciato al caso».

La stessa rete funziona in tutto il mondo dell’arte, prosegue Bernard Fibicher, che spiega in questo modo il successo improvviso di artisti come Urs Fischer, d’origini svizzere e residente a New York. Conosciuto soprattutto per le sue installazioni, Fischer si ritrova in tutti i luoghi dove è già passato Jeff Koons, comprese le gallerie d’arte.

«Questa tendenza monopolistica è uno strumento di potere pericoloso, avverte tuttavia Bernard Fibicher. Può permettere a un artista di raggiungere il successo in tempi record, ma allo stesso tempo può farlo cadere nell’oblio nel giro di un anno».

Critico d’arte ed ex direttore di una galleria, il britannico Julian Spalding si spinge oltre e suggerisce perfino che i direttori dei musei e i mercanti d’arte siano complici.

In uno dei suoi libri più conosciuti (“Con Art – Why You Ought to Sell Your Damien Hirst While You Can”), Julian Spalding spiega come la riduzione dei finanziamenti pubblici ai musei, che ha preso avvio negli anni Novanta, abbia permesso ai mercanti d’arte di cavalcare l’onda. «I musei moderni sono così diventati delle vetrine del commercio d’arte», dichiara Julian Spalding a swissinfo.ch.

Un esempio emblematico è quello del centro per la cultura contemporanea “Garage” di Mosca, fondato da Daria Dasha Zhukova, compagna di vita del miliardario Roman Abramovich, il proprietario della squadra di calcio del Chelsea. «Assomiglia a un museo pubblico, ma è gestito da mercanti».

I collezionisti aprono le loro collezioni al pubblico non certo per altruismo, ma per accrescerne il valore monetario, prosegue Julian Spalding. Il critico d’arte cita ad esempio François Pinault, con il suo Palazzo Grassi a Venezia, oppure Eli Broad con i suoi musei in California e Michigan. Il mondo è inondato da collezionisti che cercano maggiore visibilità e un ritorno in termini di investimenti.

Confusione di ruoli

Curatrice della Fondazione François Pinault e responsabile della mostra consacrata allo svizzero Urs Fischer a Venezia, Caroline Bourgeois respinge ogni critica. «La collezione possiede e presenta un buon 70% di opere di artisti poco conosciuti o ancora da scoprire». Non si tratta dunque di una macchina per soldi, sottolinea Caroline Bourgeois.

Quanto alla presenza di un gran numero di opere di Jeff Koons, la curatrice dichiara convinta: «Jeff Koons è un artista di fama internazionale. Riflette la nostra aspirazione a una società perfetta, la nostra idea di lusso».

La «tendenza monopolistica» alla quale fa riferimento Bernard Fibicher nei suoi libri, e che alcuni giudicano incestuosa, ha portato a un mescolamento dei ruoli nel mondo dell’arte.

I conflitti d’interesse sono all’ordine del giorno quando i mercanti diventano collezionisti (Larry Gagossian) e perfino direttori di musei (Jeffrey Deitch al Museo d’arte di Los Angeles). Lo stesso vale per gli artisti che si trasformano in mercanti (Damien Hirst), i collezionisti che comprano case d’asta (François Pinault) o sponsorizzano le loro esposizioni in musei di cui sono membri del consiglio di amministrazione (Dakis Joannou). Le stesse persone possono imporre le loro scelte e i loro prezzi.

In queste condizioni, «gli artisti sono un po’ come delle marionette. Non fanno altro che seguire la musica che viene loro imposta», ritiene Julian Spalding.

«Vendete i vostri Hirst»

Questa «truffa artistica», che secondo Julian Spalding risale a Marcel Duchamp e Joseph Beuys ed è correlata «all’arte concettuale contemporanea», si è rafforzata grazie all’educazione artistica in voga dagli anni Settanta in Gran Bretagna. A un certo punto pensare l’arte è diventato più alla moda che realizzarla.  

Il risultato è un «buco nero nella cultura occidentale», nel quale la vacuità dei collezionisti d’arte va di pari passo con la povertà delle opere selezionate. Il leggendario mercante d’arte Charles Saatchi non è mai stato altro che un agente pubblicitario, ritiene Julian Spalding.

Il critico britannico è convinto che ci sarà un brusco risveglio e che questo condurrà a un crollo del mercato dell’arte. «Sbarazzatevi dei vostri Hirst», martella Spalding.

«L’arte di Jeff Koons sarà forse completamente vuota, ma almeno ha qualcosa in più rispetto a un Damien Hirst», osserva ancora Spalding. In quanto specialista di marketing che gestisce i mezzi di produzione e controlla l’apparato, l’artista americano è un «marxista di cuore». Ma il critico aggiunge: «Jeff Koons ha finito per essere sfruttato dallo stesso sistema ».

Ciononostante, l’esposizione alla Fondazione Beyeler (vicino a Basilea) e quella previsa in giugno alla fiera Art Basel, indicano che Jeff Koons continua ad essere padrone di sé stesso e della sua arte…

La Fondazione Beyeler di Basilea presenta una retrospettiva dell’artista americano, dal 13 maggio al 2 settembre.

Le opere di Jeff Koons sono state oggetto di esposizioni al Deutsche Guggenheim di Berlino (2000), al Kunsthaus di Bregenz (2001), alla Neue Nationalgalerie di Berlino, al Metropolitan Museum of Art di New York, al Museum of Contemporary Art di Chicago (2008) e alla Serpentine Gallery di Londra (2009).

Nel 2008, 17 sculture di Jeff Koons sono state esposte nei giardini del castello di Versailles, a Parigi.

Le sue sculture sono visibili anche alla Schirn Kunsthalle e alla Liebieghaus Skulptursammlung di Francoforte, fino al 23 settembre.

Nel 2007, Jeff Koons aveva battuto ogni record di prezzo per un’opera d’arte di un artista ancora in vita.

Il suo Hanging Heart, una delle cinque versioni di un cuore di 2,6 metri di altezza in acciaio inossidabile, era stato venduto per 23,6 milioni di dollari (22 milioni di franchi).

Nel 2008, Balloon Flower (magenta) era stato ceduto a Londra per 12,9 milioni di sterline (19,4 milioni di franchi).

Nel 2009, con la crisi economica, le vendite all’asta sono state dimezzate.

Nel 2010, Ballon Flower(blu), è stato venduto da Christie’s per “soli” 16,8 milioni di dollari (18,6 milioni di franchi).

Nel 2011, Sotheby’s ha assegnato Pink Panther al miglior acquirente per 16,9 milioni, mentre il suo valore era stimato tra i 20 e i 30 milioni di dollari.

Nel mese di giugno 2012 a Londra la casa d’asta Christie’s metterà in vendita un

Baroque Egg, il cui valore è stimato tra i 2,5 e i 3,5 milioni di sterline.

Una valutazione piuttosto “modesta”, se si pensa che altre versioni dello stesso uovo di Pasqua con rubino erano state vendute per 5,4 milioni di dollari nel 2009 e 6,2 milioni nel 2011.

(Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter)

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