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La Svizzera difende un’architettura più umana a Venezia

Presenza svizzera alla Biennale di Venezia. swissinfo.ch

Sarà il "Terreno comune", l'unione tra architettura e società, il tema centrale della 13esima Biennale di Venezia, la prima diretta dall'inglese David Chipperfield. Il padiglione svizzero porta la firma di Miroslav Sik, professore al Politecnico di Zurigo e promotore di un'architettura integrata al paesaggio.

Quest’anno la Biennale di Venezia, così come il padiglione svizzero, si schierano apertamente contro una concezione individualista dell’architettura e a difesa di un maggior dialogo tra architetti e popolazione. I principi sono quelli del rispetto del contesto storico nel quale i progetti vengono elaborati, di una più grande valorizzazione del territorio e della qualità di vita degli abitanti.

La grande sfida per gli architetti contemporanei è riuscire a integrare l’architettura al tessuto urbano. Miroslav Šik, architetto di origine ceca e professore al politecnico di Zurigo, è stato l’iniziatore della cosiddetta “Architettura analogica”, che esorta a progettare nuovi edifici come parte integrante dell’ambiente. Dal suo punto di vista l’architettura è un’arte popolare e deve essere promossa in modo partecipativo.

«Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito all’espansione di un’architettura scultorea, di belle forme, com’è stato il caso a Bilbao», spiega Miroslav Šik. Questi edifici fanno bella figura nelle riviste specializzate, ma non si integrano nell’ambiente circostante. La nuova generazione di architetti è cresciuta in questo modo. Per loro non è sempre facile uscire da questa dinamica e lo dico da architetto e professore. L’impressione è che tutto sia già stato fatto. Spero che questi giovani lottino per contrastare questo modello dominante».

Tradizione e innovazione

Miroslav Šik ha seguito le orme del suo ex professore, l’architetto italiano Aldo Rossi, tuttora in carica al Politecnico di Zurigo. Come il suo maestro, Šik ha così sfruttato la tecnica del collage per illustrare il padiglione svizzero a Venezia, intitolato “And Now the Ensemble!!!” (E ora l’insieme). Ha trasformato le pareti in un gigantesco murales con fotografie di edifici realizzati in Svizzera negli ultimi quindici anni.

Si tratta di un dialogo tra opere diverse, progettate in più città, ma che riescono ad essere in armonia proprio perché si fondano su concetti analoghi, come l’attenzione al volume delle costruzioni o l’integrazione nel paesaggio circostante. «Sono convinto che ogni edificio debba essere in relazione con il proprio quartiere. È una questione di volontà. Si tratta di usare il colore giusto, la grandezza adeguata e molti altri strumenti attraverso i quali raggiungere questo obiettivo».

Gli edifici selezionati sono stati realizzati da due studi di architettura: Alexander Fickert & Kaschka Knapkiewicz, di Zurigo, e Quintus Miller & Paola Maranta di Basilea. La loro ricetta sembra semplice: restare fedeli al passato, pur innovando. «Non è facile produrre qualcosa di nuovo. La storia dovrebbe essere oggetto di maggior attenzione a scuola. Oggi non è più sufficiente essere coscienti di ciò che esisteva in passato», spiega a swissinfo.ch Kaschka Knapkiewicz.

Spazi diversi

La presenza svizzera alla Biennale di Venezia non si limita però al padiglione nazionale. Assieme ad architetti di altri paesi, gli svizzeri sono stati invitati dal direttore artistico David Chipperfield a presentare le loro opere, particolarmente diverse tra loro. «Vogliamo mettere in evidenza gli aspetti comuni di questa professione, a dispetto di un’apparente diversità nella produzione nazionale», ha sottolineato alla stampa David Chipperfield. Tra i nomi di spicco figurano l’architetto ticinese Mario Botta, il grigionese Valerio Olgiati, e lo studio basilese Herzog & De Meuron.

Il Salone svizzero di Venezia, situato nel Palazzo Trevisan degli Ulivi, è invece un luogo di incontri e dibattiti. L’obiettivo è quello di rendere il contributo svizzero alla Biennale un vivace terreno di scambio di conoscenze anche per i giovani architetti, sottolinea in un comunicato la Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia, incaricata per la prima volta di coordinare la presenza elvetica a Venezia.

Gli architetti svizzeri sono presenti anche alla mostra parallela denominata Traces of Centuries & Future Steps e organizzata dall’ONG GlobalArtAffairs Foudation, con sede in Olanda. Numerosi i volti presenti: l’architetto ticinese Men Duri Arquint, lo studio zurighese Holzer & Kobler; gli studi di Losanna Mann & Capua Mann e Brauen & Wälchli e l’architetto basilese Luca Selva. I loro lavori sono esposti a Palazzo Bembo, a pochi passi da Piazza San Marco.

Alfredo Brillembourg e Hubert Klumpner sono stati premiati alla 13esima Mostra internazionale di architettura di Venezia con il Leone d’Oro per il miglior progetto nel quadro dell’esposizione principale della Biennale.

Entrambi sono professori presso il Politecnico federale di Zurigo.

I due sono stati premiati per l’opera «Torre David/Gran Horizonte». Brillembourg e Klumpner esaminano come 750 famiglie si sono insediate in un grattacielo incompiuto di Caracas, in Venezuela.

La Biennale di architettura è aperta al pubblico dal 29 agosto al 25 novembre.

Vi partecipano per la prima volta paesi come il Kosovo, il Kuwait, il Perù e l’Angola.

Curata dall’architetto inglese David Chipperfield, presenta 65 progetti di 119 architetti.

Il padiglione svizzero, denominato “And Now the Ensemble!!!” è curato dall’architetto Miroslav Šik.

Nato a Praga nel 1953, lavora attualmente come professore al Politecnico federale (ETH) di Zurigo.

Figlio di Ota Šik, riformatore dell’economia cecoslovacca, dopo l’invasione sovietica del 1968,  Miroslav Šik è emigrato con la famiglia in Svizzera e dal 1973 al 1979 ha studiato all’ETH. È stato allievo di Aldo Rossi e Mario Campi.

All’Istituto di storia e teoria dell’architettura del Politecnico zurighese ha realizzato, tra l’altro, un lavoro di ricerca sull’architettura svizzera nella seconda guerra mondiale.

Teorico e iniziatore dell’«Architettura analogica», dal 1986 al 1991 Šik – nel frattempo divenuto cittadino svizzero – ha esposto a Zurigo, Vienna, Berlino, Strasburgo, Oslo, Stoccolma e Praga.

Dal 1988 è titolare di uno studio di architettura a Zurigo e negli anni Novanta ha lavorato come professore invitato a Praga e a Losanna.

Fra i suoi edifici più importanti figurano il centro cattolico di S. Antonio a Egg (1990–2003), il centro congressuale e alberghiero La Longeraie a Morges (1990–1995), la casa dei musicisti sulla Bienenstrasse di Zurigo (1992–1997), un nuovo complesso nel centro di Haldenstein (2005–2008) e gli alloggi per anziani Neustadt a Zugo (2009–2012).

(Traduzione dal portoghese, Stefania Summermatter)

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