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Carla Porta Musa, un secolo di scrittura

Il consiglio di Carla Porta Musa ai giovani: «Leggere!» Photoshelter/Marco Tacca

Ritratto di Carla Porta Musa, ultracentenaria scrittrice comasca – vicina alla Svizzera per circostanze famigliari e percorsi formativi – che non si è stancata di regalare al pubblico le sue storie.

La signora Carla Porta Musa ci riceve all’ora del tè. Non è stato difficile trovare il suo domicilio nel centro di Como. La sua casa, che si trova ai piedi di una salita e alle montagne che guardano la Svizzera, è inconfondibile. Ricoperta dalle foglie primaverili della vite del Canada, sembra un cottage britannico.

Esponente della cultura e della borghesia intellettuale comasca e italiana, collaboratrice di giornali e riviste, Carla Porta Musa è una di quelle scrittrici che ti entusiasmano alla sola vista: dolce e decisa, elegante e distinta, dalla conversazione affascinante ci fa subito accomodare nel suo studio dove campeggiano i suoi libri e i suoi ricordi. Sul tavolo alcune copie dell’ultimo libro Le tre zitelle appena pubblicato alla giovane età di 108 anni.

Una passione antica

Un record forse per chi aspira ad entrare nel Guinness dei Primati, una cosa assolutamente normale per lei. Come il fatto di scriverli a mano senza, diciamo, servirsi delle ultime tecnologie: «Scrivo sempre i miei libri a mano anche se la macchina da scrivere ce l’ho da qualche parte».

Prima di iniziare l’intervista, dice, per rassicurarci, che a lei piace sempre dire la verità. Non per niente di lei Benedetto Croce una volta scrisse: «Ha qualche cosa da dire e lo dice con chiarezza e nobiltà». E poi comincia raccontando come nacque la sua passione per la letteratura. «All’età di 6 anni quando, in occasione del mio compleanno, mio padre, Enrico Musa, noto ingegnere milanese, mi regalò una piccola biblioteca con diversi libri. Ma fu solo alcuni anni dopo che scrissi la mia prima poesia».

Attraverso il Novecento

Formatasi in un collegio di Losanna (sua mamma Maria Casella era ticinese) e poi in Inghilterra dove fu mandata dal padre per imparare oltre al francese anche l’inglese, Carla Porta Musa ha attraversato tutto il Novecento. Animatrice negli anni Venti del circolo culturale “I Lunedì Letterari” che aveva sede nella sua casa, nel Dopoguerra ha riproposto gli incontri culturali all’Istituto Letterario Carducci di Como ribattezzandoli “Venerdì letterari”.

«Lei non si immagina quanti scrittori, poeti, intellettuali sono passati da quel circolo». E cita De Chirico, Ansaldo, il filosofo Colli, La Malfa, Gronchi, Quasimodo, Carlo Bo, Bacchelli, Buzzati, Maria Callas. Elencando degli aneddoti su ognuno di loro.

Come quello sul “caratterino” di Maria Callas o sugli abiti sempre bianchi e stirati di Ansaldo. O sul mancato invito a Indro Montanelli: «Lo conobbi in casa Falck, ma al circolo non lo invitammo perché mi dissero che era balbuziente». Mentre di Bacchelli ricorda: «Quando scrissi Liberata, che fu segnalato al premio letterario di Nuoro, mi disse: “Signora Porta, se lei avesse scritto 200 pagine in più sarebbe stato un capolavoro”».

I Promessi sposi

Autrice di oltre trenta libri, il primo dei quali pubblicato nel 1955, dice che, senza dubbio, il più bel volume in assoluto della storia della letteratura è I Promessi Sposi. «Peccato però che sia imposto ai ragazzini di 12 o 13 anni che non ne possono cogliere la bellezza e finiscono per non appassionarsi».

Qual’è il ricordo più bello del Novecento? «Il 4 novembre del 1918, la fine della guerra -risponde immediatamente la Signora- Era il mio onomastico, San Carlo come posso dimenticarlo?! Ero a Como nella casa a picco sul lago. Ho ricevuto tanti fiori, la gente era per le strade contenta e felice». Un bel ricordo che si scontra con quello peggiore del secolo XX: «Ritengo che la cosa più brutta del Novecento sia stata la Seconda Guerra Mondiale».

«Leggere, Leggere. Leggere!»

C’è chi ha cercato di chiedere alla Signora Porta Musa se il segreto della sua longevità risieda nell’alimentazione o nello stile di vita sobrio. O in tutte e due. Guardando la figlia Livia, nota pediatra a Milano, viene da pensare che sia un fattore genetico: grazie alla sua energia e vitalità anche lei dimostra molti meno anni.

«Io penso che il segreto della longevità di mia madre sia il fatto di aver amato tanto la gente, le persone con cui ha avuto a che fare e che ha conosciuto nel corso della sua vita». Non si spiegherebbero sennò l’affetto dei vicini e di tutti i comaschi (con il sindaco Stefano Bruni, grande amico della scrittrice, in testa) che, in occasione del suo compleanno lo scorso 15 marzo, le hanno riservato festeggiamenti e tributi.

Grande appassionata di cucina, ci mostra il libro delle sue ricette «A tavola con Carla Porta Musa» scritto da Arturo della Torre e pubblicato nel 1994. Pietanze preparate da lei e servite nei piatti di preziosa ceramica custoditi nell’armadio del tinello che da soli valgono una mostra.

Su quale sarà il suo prossimo libro Carla Porta Musa rimane abbottonata: «Devo maturare dentro di me e poi inizierò a scrivere anche se un’idea già ce l’ho». Intanto, confessa, di leggere i libri di Erri De Luca e il Vangelo: «Ma mi piace molto anche Lucio Magris».

Prima di congedarci non senza aver scritto la dedica sul suo ultimo libro, le chiedo quale consiglio si sentirebbe di dare ai giovani di oggi: «Leggere, Leggere. Leggere!», la sua risposta perentoria.

Michele Novaga, Como, swissinfo.ch

Nata a Como il 15 marzo 1902 da Maria Casella, ticinese cresciuta a Panama e dall’ingegnere milanese Enrico Musa, Carla Porta Musa è autrice di oltre trenta libri di prosa e poesia. L’ultimo, Le tre Zitelle pubblicato in occasione del suo compleanno numero 108, narra la storia di tre donne che, conosciutesi in Inghilterra, si trasferiscono a Firenze.

Studiò nei migliori collegi europei vivendo a Losanna, Parigi e in Inghilterra. Animatrice dell’Istituto letterario Carducci fondato da suo padre ed ora diretto dalla figlia Livia Porta, si sposò nel 1935 con il medico milanese Giovanni Porta, pediatra di gran fama morto nel 1984.

Innumerevoli i premi e i riconoscimenti che le sono stati assegnati nel corso della sua lunga vita: Nel 1987 le è stato conferito “L’Abbondino d’oro”, riconoscimento ufficiale della città di Como ai suoi più illustri cittadini.

Nel 1998 il suo libro Nel segno di Chiara viene segnalato al premio Bancarella.

Nel marzo 2002 in occasione dei suoi 100 anni, durante una cerimonia ufficiale, le furono consegnate le chiavi della città.

È stata assidua collaboratrice di riviste e quotidiani (dalla Domenica del Corriere a Scena Illustrata, da Amica alla Provincia di Como).

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