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I capolavori di Montpellier a Losanna

Gustave Courbet, Le bord de mer à Palavas. Frédéric Jaulmes

Con un parallelismo quasi perfetto, a un museo che accoglie risponde un museo che viaggia.

Dopo aver presentato i capolavori dei musei di Barcellona (1986), Liegi (1988), Grenoble (1992) e Atene (2004), la Fondation de l’Hermitage di Losanna accoglie, fino al giugno 2006, 130 opere provenienti da uno dei più ricchi musei francesi, il Musée Fabre di Montpellier.

Da quando, nel 2003, si è aperto il grande cantiere di restauro, destinato a dare a Montpellier una sede appropriata per le sue mirabolanti collezioni, i quadri viaggiano: da Richmond a Dallas, da Madrid a Bilbao, dall’Australia al Giappone, dove è in corso la mostra French Paintings from the Musée Fabre. Non è la prima volta: già nel 1939, in occasione di un ampliamento degli spazi museali, a Parigi e Berna aveva fatto sensazione una prima scelta di grandi opere del lascito Fabre.

A Losanna un alleato perfetto

Juliane Cosandier, direttrice dell’istituzione losannese, è molto fiera di quest’incontro: “Contrariamente a quanto avviene talvolta, per questo genere di esposizioni, che presentano un florilegio di opere notevoli di un museo, in modo un po’ disparato e dispersivo, trovo che in questo caso la specificità del Musée Fabre di Montpellier abbia trovato un alleato perfetto nei nostri spazi espositivi: una villetta borghese, con le sue stanze di diversa dimensione, che permette di valorizzare appieno questi quadri, spesso non monumentali, perché raccolti nell’ambito di collezioni private”.

Il museo Fabre fu infatti fondato da un pittore, allievo di David, il barone François-Xavier Fabre. Nel 1825 l’artista volle donare alla sua città natale una collezione d’opere d’arte conservate nel suo palazzo fiorentino di Santo Spirito.

Di origini modeste, Fabre aveva rapidamente ottenuto grande successo – una serie di dipinti esposti a Losanna dimostrano un talento tutt’altro che caduco – grazie a un Prix de Rome ottenuto nel 1787 ed era partito per l’Italia. Prima a Roma, poi a Firenze: sarà amico e confidente di Alfieri, ereditando i beni della Contessa d’Albany, celebre compagna del poeta e animatrice di un Salon frequentato dagli ingegni più brillanti dell’epoca.

Alla donazione s’aggiungerà – ancor prima della sua morte avvenuta nel 1837 – il lascito di Antoine Valedau, uomo d’affari il cui “cabinet” era già celebre tra i contemporanei per la ricchezza dei dipinti di scuola fiamminga. A lui si deve l’ingresso nella collezione di un olio su legno di Rubens (lo schizzo Allegoria, databile intorno al 1620) o una serie di interni saporosi e sarcastici di Gerard Ter Borch o Jan Steel.

Scuole italiana e francese

Dalla straordinaria collezione di Fabre, che privilegia invece le scuole italiana e francese, prenderanno stanza a Montpellier il raffinato ovale di Carlo Dolci (La vergine del fiordaliso, 1642) o il conturbante Ritratto d’uomo con nastro nero di Sébastien Bourdon (artista secentesco locale di eccezionale rilevanza), solo per citare alcuni dei quadri presenti nell’esposizione vodese. Ed anche opere dell’amico Jean-Baptiste Greuze (alcuni luminosi ritratti di bambini), di Louis Gauffier o Joseph-Marie Vien (un altro nativo della città).

Ma il museo di Montpellier non ha smesso di arricchirsi dopo la morte del fondatore eponimo: un altro grande dono, quello del mecenate oriundo Alfred Bruyas – la sua collezione aveva l’ambizione di “raccontare” la storia dell’Ottocento pittorico francese – arricchirà l’assortimento, con capolavori di Delacroix e Ingres (due “studi” di piccole dimensioni ma grande fascino) oppure i paesaggisti della scuola di Barbizon, con Théodore Rousseau e Camille Corot.

Il ruolo di Courbet

Grande merito di Bruyas fu di attirare, per un soggiorno di vari mesi, i contestatissimo Courbet nella Linguadoca: sue sono alcune delle tele più straordinare della collezione, un autoritratto con pipa (datato 1946-49) e il celeberrimo Le bord de mer à Palavas (del 1854); “Bruyas, uomo dalla salute cagionevole ma dal grande intuito – conferma Michel Hilaire, direttore del Musée Fabre di Montpellier – sostenne a lungo Courbet, che all’epoca era al centro di un’aspra battaglia sul suo realismo; acquistò le celebri Baigneuses, che hanno rivoluzionato la storia dell’arte”.

Se nel corso del secolo seguente il museo ha continuato ad arricchirsi e proliferare – da un autoritratto di Bernini alle grandi tele di Cabanel, fino al radioso Vertumne et Pomone di Jean Ranc, che campeggia sul manifesto dell’esposizione dell’Hermitage (una tela acquisita nel 1964) – bisognerà attendere la riapertura del Musée Fabre di Montpellier, prevista nel gennaio 2007, per poter ammirare nella sua completezza le sue straordinarie collezioni.

Nell’attesa, l’assaggio che ci offre la Fondation de l’Hermitage di Losanna non manca certo di capolavori.

swissinfo, Pierre Lepori, Losanna

Chiuso per restauri dal 2003, il Musée Fabre di Montpellier sarà di nuovo aperto al pubblico nel gennaio del 2007: il grande cantiere avrà un costo complessivo di 62 milioni di Euro.

François-Xavier Fabre (1766-1837), fondatore del museo nel 1825, visse in un appartamento al suo interno, decorato con un grifone dipinto dall’artista svizzero-italiano Thomas Baroffi.

La mostra Chefs-d’Oeuvres du Musée Fabre de Montpellier è aperta fino al 5 giugno 2006 alla Fondation de l’Hermitage di Losanna.

Un ricco catalogo dell’esposizione è pubblicato dalle Editions des 5 Continents di Milano (255 pp., 40 Euro).

130 opere (tra tele e disegni) offrono uno spaccato dell’arte francese, fiamminga e italiana dal Seicento all’Ottocento, con capolavori di Dolci, Bernini, Zurbaràn, Bourdon, Metzu, Bruegel il Giovane, Rubens, Steen, Greuze, Houdon, Champaigne, Fragonard, Ingres, Cabanel, Puvis de Chavannes, Géricault, Delacroix, Corot, Courbet, Bazille, Monet, Degas.

I quadri del Musée Fabre di Montpellier sono stati l’oggetto di grandi mostre a: Canberra (Australia), Richmond, Williamstown, Dallas, San Francisco, Madrid, Bilbao, Tokyo, Ibaraki, Yamanashi, Osaka, Nagasaki.

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