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L’Africa nera, i suoi volti e i suoi contrasti

Un volto dell'Africa nera nella foto di Didier Ruef. Didier Ruef

Immagini in bianco e nero più forti delle parole. Oltre cento fotografie che raccontano la vita quotidiana di un continente pieno di misteri.

Il Museo d’Arte di Mendrisio diventa così la tappa di un viaggio in una terra di guerre civili, di immensa povertà ma anche di incredibili risorse.

Un viaggio attraverso le fotografie di Didier Ruef, fotoreporter ginevrino, che mostrano con straordinaria efficacia e sensibilità una caratteristica: quella dell’Africa come simbolo di forza e di rinascita.

Tra le mura dell’antico Chiostro dei Serviti, sede del Museo d’Arte di Mendrisio, le immagini scattate da Didier Ruef acquistano quasi una dimensione palpabile. Forse perché le diverse situazioni colte dal suo obiettivo ci guidano davvero verso un profondo senso dell’esistenza.

Anche quando le immagini catturano lo sguardo, e la coscienza, su situazioni estreme e realtà singolari. O decisamente dure come i campi di rifugiati, le prigioni di minorenni che hanno partecipato al genocidio, l’Aids, la carestia.

Tante ferite, certo. Ma il valore delle fotografie di Didier Ruef risiede anche nel mostrare che nello sguardo degli africani, nel loro sorriso, c’è una forza misteriosa. Che trascende la sofferenza, la rassegnazione.

Istantanee nella memoria



“L’Africa è piena di ambiguità. Uno dei paesi che mi ha colpito di più – spiega a swissinfo Didier Ruef – è l’Angola. Un paese martoriato dalla guerra civile, diviso in due, disseminato di pericoli. La popolazione è letteralmente intrappolata”.

“Ho visto persone con gli arti amputati a causa delle mine anti-uomo, rifugiati, donne e uomini che lottano per la sopravvivenza, poverissimi. Eppure in mezzo a tanta sofferenza ho anche colto con molta chiarezza una forza di vivere. Non riesco a spiegarmelo, eppure è reale”.

Mozambico, Ruanda, Uganda, Etiopia. Tanti paesi, tante storie che Didier Ruef documenta con grande sensibilità e senso di rispetto per la popolazione. “In molti dei miei viaggi – precisa Ruef – ha lavorato a fianco di Médecins Sans Frontières. Un’opportunità che mi ha permesso di avvicinarmi alla popolazione, di raccontarne la quotidianità”.

Bianco e nero, una scelta



Quando arriva in un paese Didier, con la sua macchina fotografica, comincia a camminare. E sembra quasi che siano i suoi passi a condurlo tra la popolazione. “Io non mi nascondo mai – racconta il fotografico – mi muovo tra la gente, cerco di comunicare, di entrare in relazione”.

Relazione, una delle componenti fondamentali della fotografia di Didier Ruef che ha scelto il bianco e nero non per caso. “I miei lavori personali, come quelli sull’Africa, sono sempre in bianco e nero. Perché ha una grande forza estetica e un grande potere di astrazione”.

La fotografia in bianco e nero consente inoltre al fotografo di lavorare tutto il giorno. “In Africa la luce è fortissima. Questo modo di lavorare mi permette di stare in mezzo alla gente tutto il giorno e di trasmettere anche una certa dolcezza”.

Una fotografia, una storia



Le immagini di Didier Ruef sono come tante perle che si infilano nella collana della memoria collettiva. Ognuna di loro ha una sua storia. “L’atto fotografico – spiega Ruef – è, in fondo, una decisione. Decido, ad un certo momento, di cogliere una porzione della realtà”.

“Certo rimane una parte di soggettività, ma è proprio quello che mi interessa: sviluppare una visione personale di una realtà comunque conosciuta. L’Africa mi è piaciuta, e mi piace, perché ti prende. Ti parla al cuore, ti entra nelle viscere. O entri un questo continente o ne rimani fuori. L’Africa ti dà tanto. Ma è complessa. Bisogna prendere tempo per comprenderla”.

Con l’Africa nel cuore ora Didier Ruef parte per i Balcani. Per cogliere con i suoi occhi la storia di ieri e le storie di oggi di Srebrenica, altro paese martoriato dall’assurdità della guerra e dell’odio.

swissinfo, Françoise Gehring, Mendrisio

La mostra (fino al 3 aprile al Museo d’Arte di Mendrisio) presenta 142 fotografie in bianco-nero.
Le foto sono state realizzate in nove paesi dell’Africa Nera (Uganda, Mozambico, Ruanda, Etiopia, Sudan, Burundi, Angola, Guinea, Camerun) durante gli anni 1989-2001.
Un libro in francese (edizioni InFolio) accompagna l’esposizione
Dal 30 aprile al 5 giugno saranno esposte alla Gallerie Focale a Nyon

Le fotografie, scattate nel corso di tredici anni di reportages, documentano diversi aspetti di vita quotidiana in una prospettiva profondamente umana che permette di cogliere una immagine diversa dell’Africa.

Quella di un continente unico nel suo genere, che a dispetto delle profonde ferite subite, resta simbolo di forza di vita e di rinascita, tradendo il mito di un paese martoriato, umiliato, devastato.

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