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Quando i destini dipendono da un timbro

Bertolt Brecht e Ignazio Silone (a destra), due tra i dieci destini narrati dal libro swissinfo.ch

Ignazio Silone, Bertolt Brecht, Thomas Mann e altri rifugiati illustri in Svizzera nel XX secolo.

Se durante e dopo la II Guerra mondiale essere famoso facilitava l’asilo, oggi non è più così. Parola del direttore dell’Ufficio federale dei rifugiati.

Come sottolinea nell’introduzione al volume il professore di lingua tedesca Peter von Matt, chi legge queste storie diventa più conscio del potere di vita o di morte che ha un timbro concesso o negato.

Se le simpatie politiche giocano oggi un ruolo minore rispetto alle considerazioni puramente umanitarie, la possibilità di commettere errori, anche se certo ridotta, esiste ancora oggi.

Nel clima di incertezza che caratterizza il tema dell’asilo politico, ecco che questo libro pubblicato dall’Ufficio federale dei rifugiati (UFR) – che racconta i destini di alcuni famosi richiedenti d’asilo in Svizzera – offre nuovi spunti di riflessione.

Le star di oggi e la lezione del passato

“Oggi vedo moltissime richieste d’asilo di atleti conosciuti e mi si chiede perché non lo concedo”. A dirlo è il dimissionario direttore dell’UFR, Jean Daniel Gerber alla presentazione del volume “Rifugiati illustri nell’esilio svizzero”.

“Abbiamo tutto l’interesse a far restare questi atleti in Svizzera, mi si dice, potrebbero farci vincere delle medaglie…ma io dico no, non vedo perché uno sportivo dovrebbe ricevere un’autorizzazione di soggiorno mentre chi non riesce a saltare più di due metri non dovrebbe ricevere questo trattamento di favore.”

Come a dire, almeno una lezione del passato l’abbiamo imparata: il volume ricorda infatti come durante la Seconda Guerra Mondiale e nel dopoguerra esistessero eccome queste differenze tra rifugiati famosi o ricchi da una parte e sconosciuti dall’altra. O peggio ancora, invisi alla mentalità del governo elvetico.

Destini a confronto

Basta leggere i capitoli dedicati a Thomas Mann e a Bertolt Brecht per rendersene conto. Il primo, premio Nobel e con una carriera già solida alle spalle, fu accolto a braccia aperte. Al secondo, nel clima di timore della minaccia comunista furono accordati solo permessi limitati e dopo lunghe attese.

Poi ci furono anche rifugiati come lo scrittore Ignazio Silone, cofondatore del partito comunista italiano, che furono accolti in Svizzera, ma sorvegliati. Silone riuscì lo stesso a svolgere la propria attività antifascista in segreto, in parte a causa dell’inefficacia dei controlli, e in parte grazie all’appoggio di influenti amici svizzeri socialisti.

A differenza del Rapporto Bergier sul ruolo della Svizzera nella Seconda Guerra mondiale, il libro “Rifugiati illustri nell’esilio svizzero” non è stato curato da storici di professione, ma da alcuni collaboratori dell’UFR che hanno lavorato ai loro rispettivi dossier per passione e nel tempo libero.

L’analisi, proprio perché non è rivolta agli specialisti, offre rivelazioni interessanti soprattutto per un vasto pubblico. I testi sono in maggior parte in tedesco, con l’eccezione di due articoli in italiano e in francese.

Il materiale riemerso dal passato

Jean Daniel Gerber ricorda l’emozione di quando si trovò per la prima volta tra le mani l’incartamento del drammaturgo tedesco Bertold Brecht. “Volevamo far qualcosa con questo materiale, ma non sapevamo ancora cosa”. Così, quasi per caso, è nata l’idea del libro.

I dossier di più di 400 mila rifugiati, dal 1917 in poi (prima erano di competenza esclusiva dei cantoni), sono ormai pubblicabili, scaduti i termini per il segreto d’ufficio. Proprio su questi documenti scarsamente consultati si sono basati i collaboratori dell’UFR per i loro articoli.

Da un lato emerge l’atteggiamento delle autorità nei confronti dei personaggi illustri, dall’altro l’opinione dei rifugiati sulle autorità.

Una donna semplice, ma fuori dal comune

Tra le biografie di personaggi illustri anche quella di una donna che non era famosa quando arrivò in Svizzera, ma che si fece poi conoscere in Ticino per la sua attività umanitaria e culturale. Fritzi Spitzer, di famiglia modesta, fu liberata nel 1945 dal lager di Theresienstadt insieme a 1200 prigionieri ebrei e arrivò per caso a Lugano.

L’autore di questo scritto è Roberto Stroppini, che da 13 anni lavora al centro per i richiedenti d’asilo di Chiasso: “Ho scelto di parlare di questa sopravvissuta al lager, perché per me chiunque abbia superato quest’esperienza è da considerare illustre”, dice a swissinfo.

Parole quanto mai appropriate se si pensa che vengono pronunciate proprio nel “Giorno della Memoria”, dedicato al ricordo della tragedia della Shoah. Il 27 gennaio del 1945 venne aperto il lager di Auschwitz.

Colpisce comunque la differenza del percorso di Fritzi Spitzer rispetto ad altri personaggi famosi di cui parla il libro. Ad esempio, per ottenere un permesso di dimora, dopo tutte le peripezie subite, questa scampata all’orrore nazista dovette negli anni ’50 versare una cauzione di 2000 franchi per restare in Ticino, dove aveva trovato lavoro, non senza difficoltà.

swissinfo, Raffaella Rossello

“Rifugiati illustri nell’esilio svizzero”: Bertolt Brecht, Thomas Mann, Ignazio Silone, Robert Musil. Sono alcuni dei rifugiati famosi che ripararono in Svizzera.

Chi legge queste storie diventa più conscio del potere di vita o di morte che ha un timbro concesso o negato.

Una pubblicazione dell’Ufficio federale dei rifugiati: prezzo di vendita 32 franchi.

Il volume, disponibile unicamente in tedesco (un articolo in italiano, uno in francese) è in vendita in libreria o direttamente presso l’Ufficio federale delle costruzioni e della logistica.

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