Svizzera tra pizzi, pelapatate, miti e montagne
Che cosa c'è in comune tra sacre cime innevate e prosaici oggetti della quotidianità? Lo spiega la grande esposizione "Enigma Helvetia" che a Lugano spalanca le finestre sulla Svizzera moderna proponendo un percorso che va oltre l'arte.
Si, perché nei due musei che ospitano l’esposizione di respiro internazionale (Museo cantonale d’arte e Museo d’Arte moderna) non approdano solo pittori e scultori.
La mostra indaga infatti le particolarità del mondo culturale elvetico, offrendo una lettura interdisciplinare attraverso opere e testimonianze che comprendono anche architettura, design, fotografia, video, installazioni e artigianato.
Come in una sala degli specchi
L’identità elvetica, declinata nella sua ricchezza e complessità, sembra immersa in una grande sala degli specchi, dove si riflette l’immagine di un paese che ha fatto dell’ equilibrio degli opposti una virtù.
La Svizzera, infatti, è spesso in bilico tra chiusura e apertura, tradizione e modernità, oleografia e trasgressione, ordine e improvvisazione, localismo e cosmopolitismo, realtà urbane con ambizioni internazionali e realtà rurali custodi di importanti tradizioni.
La Confederazione ha plasmato e profilato la propria identità condizionando inevitabilmente anche le espressioni di creatività. Nella “Swiss way of life” si sommano e si sedimentano arte, cultura, storia, tradizioni, innovazioni. Tutte componenti di un immaginario elvetico necessario alla condivisione di un patrimonio nazionale unico, in cui confluisce la diversità stessa della “Willensnation”.
Pompon rossi e ordinati: i gerani sui balconi
Alle opere d’arte provenienti dai più importanti musei svizzeri, il percorso espositivo affianca immagini e oggetti del quotidiano, frutto delle tradizioni e della produzione industriale svizzera. Vengono messi in luce, in modo accurato e vivace, i processi di miniaturizzazione e di ritualizzazione della vita quotidiana, in cui si riflettono quella precisione, perfezione ed efficienza che per molti aspetti caratterizzano il volto di Helvetia.
Allestita secondo criteri filologici, l’esposizione propone accostamenti audaci – ma estremamente pertinenti – che spingono il visitatore in un viaggio nel tempo. Non un viaggio nostalgico e passeista, bensì saldamente inserito nella dimensione del presente, con le sue aperture, senza fughe in avanti e ricco di ironia.
A cominciare dall’evocazione dei gerani rossi, che fioriscono sui balconi svizzeri, per la fierezza dei rispettivi proprietari. I gerani non fanno una grinza: dimensioni praticamente perfette, petali quasi della stessa misura, altezza delle piantine calibrata al millimetro. Insomma nulla è fuori posto. Quei gerani così veri, sembrano finti.
Che dire poi del rifugio antiatomico, così pulito e ordinato da poter mangiare per terra. O le stoviglie per apparecchiare i tavoli dei ristoranti, con l’argenteria lucida in cui ci si può specchiare e i cristalli che luccicano come diamanti. Tanto splendore ordinato a cui fanno da contraltare, nell’allestimento di uno degli spazi espositivi, le ruvide valige dei “Gastarbeiter” sospese al soffitto.
Modesto e prezioso: Rex, il pelapatate
Sembrerebbe forse un’eresia accostare un dipinto di Ferdinand Hodler, come “Le guerrier Dietegen luttant à l’épée” esposto a Lugano, al modesto e prezioso pelapatate Rex, realizzato da Alfred Neweczeral nel 1947. Oppure fare dialogare a distanza un dipinto di Paul Klee, con il coltellino svizzero. O ancora proporre la lucida follia di Jean Tinguely insieme ai pizzi di San Gallo.
Eppure non è così. Anzi. Il miracolo di Egnima Helvetia risiede proprio in questo: scoprire – attraverso un’esplorazione curiosa e sorprendente – la caleidoscopica realtà culturale svizzera dalla fine dell’Ottocento a oggi. L’esposizione entra dunque nel cuore del paese dove ciò che appare “più piccolo” comporta anche una produzione di cose “ordinate e pulite”.
Precisione, durata nel tempo e funzionalità, sono del resto alcune delle caratteristiche di oggetti di uso quotidiano che hanno reso il design svizzero famoso nel mondo. Nell’attraente vetrina sulla Svizzera moderna, non potevano quindi mancare: le cerniere Riri realizzate per Alinghi; il “caso” Swatch e i suoi prototipi; le pinzette Rubis, “metafora tangibile della precisione svizzera”, e il celebratissimo coltellino svizzero giramondo.
Mistica, romantica, turistica: la montagna
L’orologio, prodotto-archetipo del lavoro svizzero, i pizzi e i merletti di San Gallo, i ritagli di carte del Pays-d’en-Haut, le figurine sulle teste delle maschere di Urnäsch, si intrecciano nell’identità svizzera, tessuta a maglie fitte.
Ma nell’immaginario elvetico e nell’identità nazionale, la montagna occupa un posto centrale e si pone anche come elemento unificante per la produzione artistica svizzera. Raffigurata nelle sue diverse declinazioni – romantiche, mistiche, turistiche – la montagna è spesso “la metafora espressionista di una dimensione esistenziale influenzata dagli sviluppi della storia”.
“John Ruskin, il grande critico inglese, scrive che se una qualsiasi montagna potesse raccontare la propria storia, inizierebbe col ricordare quanto era stata grande. E Ferdinand Hodler – ricordano i curatori della mostra – sostiene che il tormento drammatico dei picchi, delle creste, delle punte che si ergono nella solitudine delle altezze, è destinato ad acquietarsi nella orizzontalità inerte del fondo degli oceani”. Un enigma tutto da scoprire. Engima Helvetia, appunto.
swissinfo, Françoise Gehring, Lugano
Lugano al centro della Svizzera: dal 27 aprile al 17 agosto 2008, il Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte presentano, nelle due sedi espositive, una mostra di respiro internazionale dal titolo “Enigma Helvetia. Arti, riti e miti della Svizzera moderna”.
La mostra è dedicata al complesso rapporto che, dalla fine dell’Ottocento a oggi, ha caratterizzato la produzione artistica, la storia, la cultura e l’immaginario di quel laboratorio unico e singolare che è la Svizzera.
Enigma Helvetia è la prima mostra ideata e prodotta congiuntamente dai due musei quale primo evento del Polo culturale.
La mostra – curata da Pietro Bellasi, Marco Franciolli, Carlo Piccardi e Cristina Sonderegger – coinvolge le due sedi espositive del Museo cantonale d’Arte e del Museo d’Arte moderna. Ogni sede sviluppa una serie di tematiche secondo un percorso coerente.
Nelle sale del Museo Cantonale d’Arte viene privilegiato il rapporto con il territorio, l’ambiente naturale, il paesaggio; nei locali del Museo d’Arte si rivolge invece l’indagine sul rapporto tra l’individuo e la società.
Spazio dunque alle montagne proposte, quale archetipo nazionale, in tutte le sue declinazioni. Spazio ad espressioni identitarie come i miti fondatori e Heidi. Riflettori accesi anche sui trasporti, sugli oggetti delle quotidianità assurti ad emblema nazionale, sulle espressioni artistiche contemporanee.
Museo cantonale d’Arte:
Il sentimento della montagna; l’invenzione del paradiso; sacre cime; il mito di Heidi;
verticalità e orizzontalità; l’epopea dei trasporti; altre montagne; frammenti e montaggi.
Museo d’Arte moderna
I miti fondatori; silenzi e solitudini; Armand Schultness; Dada & Co.; Made in Swtizerland; Bill e Tinguely: precisione e follia; miniaturizzazioni.
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