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Dall’art brut a Dubuffet, la fantasia al potere

Jean Dubuffet, Scénique triplex , 1982, acrilico su carta intelata. Galerie Baudoin Lebon, Paris. 2005, ProLitteris, Zurich

Il Museo dell’art brut di Losanna dedica una mostra al suo fondatore, Jean Dubuffet, l'uomo che celebrò l'addio all'arte convenzionale.

E con un piglio sfacciato che a lui sarebbe piaciuto, esplora i legami fra l’opera dell’artista francese e quella dei creatori non convenzionali da lui scoperti e promossi.

Dubuffet detestava l’arte tradizionalmente intesa. La chiamava «arte culturale» e non usava clemenza per descriverla: «È l’arte dei musei, dei saloni e delle gallerie. Non è rappresentativa dell’attività artistica in generale, ma solo dell’attività di un clan specifico: gli intellettuali di professione».

Jean Dubuffet era nato nel 1901 e alla soglia dei quarant’anni intraprese un lungo lavoro di ricerca. La prima tappa fu la Svizzera, dove medici e artisti, scrittori e intellettuali gli prestarono man forte. Dubuffet cercava le tracce di un’altra arte, quella autarchica e autistica, che non nasce in patinate accademie ma nella solitudine delle carceri e degli ospedali psichiatrici. Era l’inizio dell’avventura di quella che in seguito lui stesso battezzò «art brut».

Rompere gli schemi

Fra testi, fotografie d’epoca e una moltitudine di opere, il Museo di Losanna, in collaborazione con il museo Kunst Palast di Düsseldorf, ha deciso di esplorare senza pudore i legami fra l’opera di Dubuffet e l’art brut. «Ispirazione o plagio?» – è la sfrontata provocazione. A rispondere sono chiamate una cinquantina di opere del grande artista francese, che giocano alla risonanza con altrettante creazioni dell’art brut.

Un gioco di dialogo e rimandi dagli esiti talvolta sorprendenti. Il fondatore e i «suoi» artisti condividono l’abbondanza, di strati e di letture. Un mondo popolato di creature portentose e arricchito dall’impiego di materiali sempre nuovi. È la fantasia al potere e ad uscirne a pezzi sono le convenzioni: fuori dagli schemi, e così sia.

L’uomo selvaggio

Alla ricerca dell’arte originaria, Dubuffet parte da sé e si dà all’invenzione spontanea e febbrile. Perché: «Appartiene all’arte, sostituire nuovi occhi a quelli abituali, rompere con ogni cosa conosciuta, distruggere le croste dell’ordinario, fare esplodere la corazza dell’uomo sociale e civilizzato, fare spazio a passaggi dove possa esprimere le sue voci interiori – di uomo selvaggio».

Secondo Lucienne Peiry, direttrice del museo losannese: «Se talvolta nell’opera di Dubuffet rintracciamo parentele con l’espressione tipica dell’art brut, è per lo specchio di un’influenza determinante, che ha fatto presa sulla sua riflessione artistica e filosofica». Lui stesso, nei suoi scritti, la raccontava con parole simili: «I miei lavori sono stati incoraggiati e stimolati dalla presa di coscienza che le forme artistiche “altre” sono legittime e che rispetto all’arte culturale raggiungono espressioni più complete e più feconde».

La ricerca e la scoperta

A partire dal 1945, Jean Dubuffet si immerge dunque nei disegni e nelle sculture di folli e bambini, barbone e carcerati. Nel 1948 fonda la Compagnie de l’art brut, che pubblica monografie ed organizza le prime esposizioni di quella che molti chiameranno «arte marginale». Per vent’anni Dubuffet ne sarà il primo collezionista e nel 1976 farà dono del suo tesoro alla città di Losanna: un «ritorno alla sorgente», un omaggio al paese che lo aveva aiutato nell’esordio di una ricerca così poco convenzionale per l’epoca.

La donazione iniziale consisteva in 5000 opere, che in un trentennio hanno raggiunto quota 30mila, facendo del piccolo museo nel castello di Beaulieu un unicum planetario. Sempre piacevole la visita, a passeggio fra opere e installazioni di sicura suggestione. Le pareti dipinte di nero e i soffitti bassi con le travi a vista trasportano in una sorta di regno dell’ombra, godibilissimo nella stagione estiva.

All’ingresso, patti chiari – con le parole di Jean Dubuffet: «Una canzone stonata da una ragazza che pulisce le scale mi tocca più di una melodiosa romanza. I gusti son gusti. Io amo il poco. L’embrionale, l’imperfetto, il mescolato. Preferisco i diamanti grezzi, sono scoria. Amo tutti i loro difetti».

swissinfo, Serena Tinari, Losanna

A Jean Dubuffet si deve la scoperta dell’art brut e la nascita della collezione ospitata nell’omonimo museo di Losanna. Per la prima volta, una mostra esplora i legami fra le opere dell’artista francese e quelle dei creatori dell’art brut.

La mostra è stata preparata in collaborazione con il museo Kunst Palast di Düsseldorf, dove è stata esposta da febbraio a maggio 2005. Dopo Losanna sarà in Francia, a Villeneuve d’Ascq.

1945: Jean Dubuffet inizia in Svizzera la sua ricerca di forme espressive autonome rispetto ai circuiti artistici tradizionali.
Per un anno incontra direttori di carcere, psichiatri e intellettuali che lo sostengono nella sua ricerca.
1976: apre la Collection de l’art brut con le opere donate da Dubuffet.
È possibile visitare la mostra «Dubuffet e l’art brut» fino al 25 settembre 2005.

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