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Febbre da Oscar

Halle Berry, la protagonista di "Monster's Ball", e Marc Forster sorridono alla fortuna concessa loro della fabbrica dei sogni Keystone Archive

Tempi d'oro per i cineasti svizzeri. Tre nomination per l'Oscar sono già un successo: nella sezione documentario, per il miglior montaggio e "Monster's Ball", di Marc Forster, raccoglie un ambo nella rosa per i premi.

Raramente la situazione si è presentata così aperta, prima dell’assegnazione dei premi più ambiti del cinema. La kermesse mondana per l’attribuzione delle statuette d’oro non ha favoriti già preselezionati. Ma l’incertezza tiene alto l’interesse.

Lontani i tempi di “Via col vento” o di “Titanic”, che da soli occupavano l’interesse per la produzione dell’anno. Un largo ventaglio di favoriti compete per l’ultimo e decisivo voto dei 5’500 giurati dell’Accademy. Non ci sarà, dicono i ben informati, un cumulo di onori come per il naufragio più famoso della storia che si è accaparrato da solo undici statuette.

Elvezia e celluloide americana

Il cinema svizzero non è normalmente presente in campo internazionale. Eccezione singolare di inizio anni novanta: “Il viaggio della speranza”, di Xaver Koller, premiato come miglior film straniero.

Ma l’edizione del 2002 mette in prima fila tre operatori cresciuti nella Svizzera tedesca: il documentarista Christian Frei, lo specialista del montaggio Pietro Scalia e il regista Marc Forster. Ma tutti e tre sono stati scelti per un loro lavoro legato al paese a stelle e strisce.

Nel settore documentari la produzione svizzera si è sempre distinta, ma raramente oltre Atlantico. Con “War Photographer”, arriva adesso una conferma della vivacità e profondità con cui si può affrontare un tema difficile come la cronaca visiva dei conflitti. Il 43enne cineasta friburghese ha inseguito il fotografo statunitense James Nachtwey, documentando la nascita delle fotografie sul campo difficile del Medio Oriente.

Con il 42enne Pietro Scalia, un italiano della seconda generazione trapiantato in Svizzera, c’è invece un altro aspetto della produzione cinematografica in prima fila. Un contributo tecnico il suo che normalmente si nasconde dietro le quinte. La carriera dell’italo-svizzero si è svolta in gran parte oltre oceano. Adesso, dopo la menzione per il suo montaggio di “Black Hawk Down”, ha già in tasca un contratto per la postproduzione del prossimo film di Oliver Stone. Anche se non dovesse ricevere l’Oscar, l’Olimpo del grande cinema è raggiunto.

Blockbuster

Il vero successo è quello di Marc Forster. Il suo primo grande film, sostenuto da un “piccolo” budget da grande casa di produzione, si è rivelato un successo anche al botteghino. A soli 32 anni, il regista è considerato uno shootingstar di prima caratura e le due nomination, per il ruolo femminile e la miglior sceneggiatura, confermano le sue doti.

I critici gli attestano grande capacità di guida degli attori e un occhio particolarmente affinato che riesce a dare al film una completezza vera. Le qualità marcate anche dalle due nomination.

La carriera di Forster è una classica storia americana. Dopo la maturità, ha abbandonato Davos per frequentare una scuola a New York. Da lì, il passo verso l’altra costa è stato semplice e il successo vicino. Nel 2000 il suo lungometraggio “Everything Put Together” ha vinto il Festival Sundance. Dopo l’onore della critica si sono aperti i libretti degli assegni e gli studi cinematografici di Hollywood.

Domenica sera ci sarà la premiazione a Los Angeles. I riflettori saranno anche sui tre svizzeri coinvolti. Comunque vada è già un successo.

Daniele Papacella

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