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L’identità svizzera sul ciglio delle autostrade

A9, uscita di Conthey, canton Vallese, gennaio 2002 (© Nicolas Faure) Nicolas Faure

Sono luoghi inaccessibili o visibili appena. Luoghi densi di arbusti, laghetti, scarpate dall'aria apparentemente naturale. Luoghi reali, ma in fondo totalmente inventati.

Sono i PAESAGGI A (“Paesaggi autostradali”, ma anche “Paesaggi di primo grado”) quelli che presenta Nicolas Faure, fotografo ginevrino, in una mostra al Musée de l’Elysée di Losanna.

Dopo aver percorso le contrade elvetiche nella serie “Pierres erratiques” (1991), dopo aver attraversato il paese al passo delle sue “Autoroutes” (2000), Nicolas Faure ha scoperto che esiste un non-luogo che risponde a una domanda che da anni si pone:

Uno spazio lasciato vuoto

Quel che ha trovato è affascinante: per costruire le autostrade, in Svizzera come in altri paesi, occorre scavare, livellare e infine risistemare. Tra l’asfalto a sei corsie e il territorio circostante, dopo i lavori, resta una terra di nessuno, un terrapieno, uno spiazzo di ghiaia e terra smossa.

Secondo i dettami dell’ecologia, quello spazio va lasciato vuoto, per isolare l’autostrada dall’abitato. Ed è a quel punto che intervengono gli architetti-paesaggisti, che creano veri e propri “giardini autostradali” (“Jardins de la vitesse” è proprio il sottotitolo dell’esposizione losannese) fatti di stagni, arbusti (spesso in via di estinzione), scaloni ed alberi.

L’espressione della nostra identità

Il ragionamento di Faure è semplice: questi spazi fingono di essere naturali, sono invece una ricostruzione, che porta con sé un’idea precisa del paesaggio, di quel che – sfrecciando sull’autostrada – deve sembrare naturale e bello a chi passa di lì. E’ dunque l’espressione perfetta della nostra identità.

Un’identità al contempo dichiarata e nascosta. Questi giardini sono infatti poco visibili: non è certo a 120 chilometri all’ora che è consentito osservarli con attenzione, mentre dall’esterno dell’autostrada – per motivi di sicurezza – sono in genere totalmente inaccessibili.

“Mi sono dato il compito – conferma Nicolas Faure – in quattro anni di lavoro, di raccogliere una vera e propria documentazione, con 800 immagini scattate in tutta la Svizzera. Ma è ovvio che un’inchiesta fotografica di questo genere è in bilico tra il bisogno di mostrare ciò che è poco visibile (eppure significativo del nostro modo di concepire e istituzionalizzare, il paesaggio) e l’imperativo estetico. Sono un fotografo, lavoro dunque anche sull’inquadratura, sullo spazio, sulla geometria dell’immagine”.

Giochi di linee

Ottanta fotografie, di grande formato, sono esposte all’Elysée ed è indubbio che le linee dure della strada, dei ponti e dei guardrail sono in costante dialogo, in queste immagini, con la natura appassionata e disordinata dei cespugli, con la liquidità degli stagni (in)naturali, con l’invasione di queste terre di nessuno da parte di lattine, di bottiglie e di quant’altro viene gettato dai finestrini in corsa delle automobili.

Le immagini più convincenti – in una serie che può sembrare ripetitiva, a tratti arida – sono quelle che meglio articolano questo spazio: un gioco di linee che costruisce immagini talvolta astratte, come il dosso scabro dell’uscita di Bienne-Est o il giardino di sassi sotto un ponte di Beckenried, nel canton Nidwaldo.

Un’archeologia del presente

“Sullo sfondo – annota Daniel Girardin, che ha curato l’esposizione – è sempre possibile scorgere le montagne e questo è un ulteriore dettaglio che riguarda la nostra identità. A mio avviso, queste fotografie presentano una sorta di “archeologia del presente”: così come le stampe del passato mostravano i “panorami” della Svizzera come si voleva che fosse, questi giardini autostradali ci invitano a scoprire un paesaggio totalmente inventato, che racconta una vera e propria identità paesaggistica nazionale”.

Certo, l’esposizione – che non mette in primo piano la bellezza delle immagini ma il loro valore provocatorio – si capisce soltanto attraverso le spiegazioni dell’artista e dei curatori, con un tipico difetto “concettualistico” dell’arte contemporanea. Ma una volta capito il concetto che la accompagna, ci permette un viaggio inedito e appassionante sulle autostrade (invisibili) della nostra identità.

swissinfo, Pierre Lepori, Losanna

L’esposizione Nicolas Faure. Paysages A, jardins de la vitesse è aperta dal 17 novembre 2005 al 5 febbraio 2006 al Musée de l’Elysée di Losanna.
La mostra e il catalogo sono sostenuti dall’Ufficio Federale della Cultura e dall’Ufficio Federale delle Strade.

Nicolas Faure è nato nel 1949 a Ginevra e ha iniziato l’attività di fotografo, da autodidatta, nel 1975. Dal 1976 al 1980 ha vissuto a New-York, lavorando per riviste internazionali e Svizzere. In occasione del 700° della Confederazione ha realizzato una serie fotografica su identità e utopia. Ha esposto nelle principali istituzioni svizzere ed europee.

Il Musée de l’Elysée festeggia quest’anno i suoi 20 anni: fu infatti nel 1985 che Charles-Henri Favrod fondò questa istituzione, oggi prestigiosa, e ottenne dal canton Vaud di insediarla nella villetta settecentesca di Petit-Ouchy. Il museo può vantare una collezione di oltre 100’000 fotografie originali e ha attirato un vasto pubblico internazionale, in occasione di prestigiose esposizioni dedicate – tra gli altri – a Robert Capa, René Burri, Lynne Cohen.

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