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La valle a cui è stata rubata l’acqua

Finalmente, eccomi arrivato sul Passo della Novena, tra la Val Bedretto e il Vallese. Qui, da qualche parte, nasce il Ticino.

Come su ogni valico che si rispetti, anche sulla Novena c’è un ristorante. Nel piazzale si affollano automobili, moto, macchine fotografiche. “Ein wunderschönes Panorama!”

Sì, davvero bello. Il maestoso paesaggio delle alpi bernesi sbarra lo sguardo a nord, oltre lo slargo del Vallese. Su tutto troneggia la piramide severa del Finsteraarhorn, con i suoi 4274 metri. “Lì non ci arriverò mai”, penso.

Ma sono qui per cercare la sorgente del Ticino. Più facile a dirsi, però, che a farsi: fra queste montagne ogni roccia, ogni zolla di terra sembra trasudare acqua.

Quando sembra di aver trovato una sorgente, basta sollevare lo sguardo per vedere più in alto una macchia bianca di neve, da cui scendono rivoli d’argento.

Poco importa. Almeno a nessuno verrà in mente – si spera – di salire quassù con un’ampolla celtica, a celebrare improbabili unioni mistico-politiche con il fiume.

Del resto poco più in basso, all’Alpe Cruina, l’acqua del Ticino viene già captata, per essere condotta attraverso la montagna fino agli impianti dell’Ofima (le Officine idroelettriche della Maggia).

“L’acqua era l’unica ricchezza della Val Bedretto”, osserva Diego Orelli, sindaco della valle, con un passato di contadino, maestro di sci, presidente del patriziato e un’immutata passione per la musica e per la sua terra.

“Su questo tema, io sono polemico”, ammette. “Quando incontro qualche politico a Bellinzona che mi dice: ‘La Val Bedretto ci costa’, io rispondo: ‘Guardate che l’unica ricchezza che avevamo ce l’avete rubata!’ Nel Vallese e nei Grigioni l’acqua appartiene ai comuni, in Ticino invece è del cantone.”

Siamo seduti sulla terrazza di un ristorante, nella località All’Acqua. Poco sotto di noi c’è una lapide. “Qui c’è stato un incidente, nel 1966”, racconta Orelli. “14 operai che stavano lavorando nella condotta forzata, dentro la montagna, sono morti, uccisi dal grisù. Erano operai valtellinesi, italiani e un ticinese.”

Il sole se ne sta andando, ormai. Anche gli alpinisti seduti al tavolo vicino si sono caricati zaini e corde in spalla, per scendere a valle. Il Ticino, o quel che ne resta, scorre appena oltre la strada.

“Ricordo l’alluvione del 24 agosto 1987”, riprende Orelli. “Fu un giorno nefasto, ma anche uno spettacolo affascinante. Di notte si vedevano i sassi trascinati dal fiume che facevano scintille.”

Così è il fiume.

swissinfo, Andrea Tognina, Val Bedretto

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