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Ministro Schmid sotto inchiesta

Keystone

La preposta commissione parlamentare verificherà con priorità assoluta fatti e circostanze della nomina dell'ex capo dell'esercito Roland Nef. Un primo rapporto intermedio è atteso per novembre. Nel mirino c'è l'operato del ministro della difesa Samuel Schmid.

La Commissione di gestione (CdG) del Consiglio nazionale (Camera bassa) ha affidato venerdì il mandato di svolgere l’inchiesta alla sua sottocommissione per la vigilanza del Dipartimento federale della difesa (DDPS), ha annunciato in una conferenza stampa a Berna il suo presidente Pierre-François Veillon.

Il primo bilancio non sarà dunque disponibile per la sessione d’autunno delle Camere federali, che si svolgerà dal 15 settembre al 3 ottobre. “Ci siamo dati tre mesi di tempo e ciò rappresenta una grande sfida”, ha sottolineato Veillon, assicurando la volontà della commissione di chiarire la vicenda il più rapidamente possibile.

La sottocommissione dovrà già fare gli straordinari. È scontato sin d’ora che ci saranno sedute supplementari, ha rilevato il parlamentare vodese dell’Unione democratica di centro (UDC).

Se, come prevedibile, la vicenda della nomina di Nef a capo dell’esercito fosse dibattuta durante la sessione d’autunno, i membri della commissione in quell’occasione non potrebbero fornire alcuna informazione sull’inchiesta in corso, poiché vincolati dal segreto di funzione, ha puntualizzato Veillon.

Né il presidente della commissione, né quello della sottocommissione, il popolare democratico lucernese Ruedi Lustenberger, hanno dato maggiori ragguagli sulle modalità d’inchiesta. Per ora non è possibile entrare nei particolari, hanno osservato. “Ci occuperemo delle questioni ancora aperte e speriamo di riuscire a dare delle risposte”, ha semplicemente affermato Lustenberger, senza precisare per esempio se Nef sarà interrogato.

Insistendo sul fatto che si tratta di un mandato e una scadenza ambiziosi, Veillon e Lustenberger hanno aggiunto che al bilancio intermedio farà seguito, nel più breve tempo possibile, un rapporto finale che conterrà conclusioni e raccomandazioni.

Riguardo alla situazione dell’esercito, la sottocommissione dovrà verosimilmente vagliare la questione della selezione dei quadri. Inizialmente, la sottocommissione intendeva concentrarsi nel 2009 sulla strategia di comunicazione e la logistica. Ora dovrà dunque rivedere trattande e ruolino di marcia.

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Una nomina inopportuna

Con il mandato affidato alla sua sottocommissione, la CdG ha dato seguito alle richieste delle Commissioni della politica di sicurezza delle Camere federali, insoddisfatte dalle dichiarazioni del ministro della difesa Samuel Schmid e dell’ex capo dell’esercito Roland Nef.

Quest’ultimo è stato costretto a dimettersi dopo che la stampa in luglio ha rivelato che era stato nominato allorché su di lui era in corso un’inchiesta per coazione nei confronti dell’ex compagna. Quando era scoppiato lo scandalo Schmid aveva ammesso di essere stato al corrente dell’inchiesta ma di aver taciuto al momento in cui aveva proposto al governo di nominare Nef.

Il ministro aveva ripetutamente affermato di essere stato informato dallo stesso Nef nella primavera del 2007, durante un colloquio in vista della sua nomina a capo dell’esercito. Nef gli aveva assicurato che la denuncia sarebbe stata ritirata e il procedimento archiviato. Cosa poi puntualmente avvenuta, in seguito ad un accordo extragiudiziario con la querelante.

Ma il 3 settembre c’è stato un nuovo colpo di scena: la radio svizzera tedesca DRS ha rivelato che Schmid era già stato informato nel novembre 2006 del procedimento penale aperto contro Nef. Il ministro della difesa si è giustificato sostenendo di essersene completamente dimenticato.

Schmid ha argomentato che nel 2006 non era ancora il superiore diretto del brigadiere Nef e che, di conseguenza, l’informazione avuta allora dall’uditore in capo dell’esercito non era di sua competenza. Soltanto alcuni mesi dopo Nef è entrato nella lista dei papabili per la carica di capo dell’esercito.

Schmid ha ribadito che un procedimento penale non è ancora una sentenza, visto che vale la presunzione d’innocenza. A suo avviso anche l’archiviazione del caso dopo il pagamento di un indennizzo non costituisce ancora un’ammissione di colpa.

Strategie partitiche

La competente sottocommissione dovrà ora cercare di verificare la buona fede di Schmid. Ma gli errori del ministro della difesa si accumulano, mentre la pressione dell’UDC lo stringe come una morsa. Il suo ex partito continua ad accusarlo di incompetenza e ad esigerne le dimissioni.

L’UDC spera che Schmid getti la spugna per poter tornare in governo. Interrogato dai giornalisti su un eventuale ritorno in Consiglio federale, Christoph Blocher ha replicato venerdì che risponderà alla domanda soltanto se Schmid dovesse ritirarsi. Un’eventualità che Blocher considera comunque una remota ipotesi. A suo avviso, il ministro “non vuole lasciare e non lascerà il governo” a breve termine.

Ma l’Unione democratica di centro non è il solo partito che intravvede nella partenza del bernese la possibilità di fare eleggere un proprio rappresentante alla sua successione. Anche i Verdi vorrebbero entrare nell’esecutivo federale.

Temporeggiano invece ancora i partiti socialista, liberale radicale e popolare democratico, che non desiderano un ritorno dell’UDC in governo. Ma anche in seno a questi partiti cominciano a levarsi voci critiche.

Schmid appare sempre più isolato. Anche se non può essere obbligato a dimettersi prima della fine del suo mandato, che scade nel dicembre 2011, la sua situazione sembra diventare ogni giorno più difficile.

Al varco lo aspetta presto un’altra dura prova. Nella sessione d’autunno sottoporrà al parlamento il programma d’armamento 2009. L’UDC ha annunciato che lo boccerà se Schmid non si ritirerà. Dato che anche i Verdi e i socialisti sono intenzionati a respingerlo, per il ministro della difesa si profila una dura sconfitta.

A meno che liberali radicali e popolari democratici scendano a patti con i socialisti per trovare una soluzione di compromesso. I socialisti sarebbero infatti disposti ad approvare il programma se venisse stralciato l’acquisto di nuovi aerei da combattimento FA/18.

D’altra parte il Partito socialista ha ventilato la possibilità di non eleggere Schmid alla vicepresidenza del governo in dicembre. Carica che gli spetterebbe normalmente l’anno prossimo seguendo le regole di rotazione.

swissinfo e agenzie

Il 12 dicembre 2007, il parlamento riconferma in governo l’UDC Samuel Schmid, ma non il suo collega di partito Christoph Blocher. Al suo posto è designata Eveline Widmer-Schlumpf.

Dopo aver chiesto invano ai suoi due ministri di non accettare l’elezione, l’UDC annuncia il passaggio all’opposizione.

Per Schmid e Widmer-Schlumpf è l’inizio della guerra con il loro partito.

Il 2 aprile 2008, la direzione dell’UDC svizzera intima alla Widmer-Schlumpf di dimettersi dal partito e dal governo, accusandola di aver tramato assieme ai socialisti per scalzare Blocher e prenderne il posto.

La ministra non si piega e la direzione della sezione cantonale grigionese la sostiene.

Il 1° giugno, l’UDC svizzera espelle l’intera sezione grigionese.

Il 16 giugno gli espulsi decidono di creare un nuovo partito nei Grigioni.

Il 21 giugno i dissidenti della sezione bernese compiono lo stesso passo.

L’8 luglio l’esempio è seguito dai dissidenti della sezione glaronese.

Il 30 agosto le tre sezioni annunciano che il Partito borghese democratico (PBD) sarà ufficialmente fondato a livello nazionale il 30 novembre.

Schmid e Widmer-Schlumpf hanno già aderito alle rispettive sezioni cantonali.

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