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Nostalgia dell’Italia

Vista su San Pietro, dal Pincio, 1824, di Guillaume Bodinier. Museum Langmatt, Baden

Baden, aprile. La villa dei primi del novecento è immersa nel verde, in cielo c’è il tipico pallore elvetico. Pioggerella, aria fredda e silenzio tombale. Al Museo Langmatt va in scena la nostalgia del Belpaese.

Una mostra che assapora per noi una giornalista da poco in Svizzera.

Una donna di trent’anni che da Roma si trasferisce a vivere a Berna fa scalpore a nord delle Alpi. In tre anni, ne ho sentite di tutti i colori. Una su tutte: “Non ci credo”. Io stessa fatico a convincermi di aver lasciato le risate per strada a voce alta, il Ponentino e la mamma. Eppure è tutto vero: ecco a voi il fiume Aare, l’inverno garantito per tre quarti dell’anno e un marito germanico.

Gli stereotipi sono verità

A sud la gente è più calda, a nord funziona tutto a meraviglia. Una romana in Svizzera, soffre di nostalgia. Beccati allora “Sehnsucht Italien und die frühe Freilichtmalerei 1780-1850”, ovvero: “La nostalgia dell’Italia e la prima pittura en plein air”. E vediamo che effetto ti fa.

In Italia diremmo “Piove, governo ladro!”. Nella Confederazione “il tempo è il tempo” e i ministri sono i Sette Saggi. Io sono a Baden senza ombrello né cappello e un paio di accidenti – per abitudine – al Consiglio federale glieli mando. Infreddolita e perplessa, scopro che il Museo si trova in Römerstrasse, via dei Romani. Non c’è dubbio, si tratta di un complotto.

Seduce la villa che ospita il Museo Langmatt: giardini, fontana, terrazza. Il putto e le siepi intagliate, i parati di seta e una stanza dopo l’altra di mogani e marmi. Ha conservato una certa aria “di casa”: mazzi di camelie e orchidee sono sparsi nelle sale dove sono le pendole a battere il tempo. Stile e classe, l’addetta stampa è una bella signora dagli occhi vivaci che sembra un’aristocratica. Si scusa per “l’odore di minestrone” rimasto dall’ultima visita guidata: il museo organizza passeggiate con piccole colazioni. Mi conquista l’idea di una zuppa proletaria fra lampadari Luigi XVI.

Baden e Napoli

Preludio alla mostra, i primi rappresentanti del genere “en plein air” sono fedeli alle atmosfere e si concentrano su elementi essenziali. Ecco Venezia nel Settecento. Giudecca e gondole, un Carnevale fra guglie e palazzi scolpiti. Cielo carta da zucchero tutto da respirare. La Napoli di Degas mi strappa un sospiro di dolore. Nuvole spennellate di rosa che corrono sulle acque del Golfo, Castel dell’Ovo e il Maschio Angioino. Mi ricordo estati torride nei vicoli, il traghetto per Ischia delle vacanze in famiglia. Mi ferisce il cielo: guarda Baden e guarda Napoli.

Prima di trasferirmi in Svizzera non l’avevo capita, l’importanza del cielo. Sono cresciuta a Roma, città baciata da condizioni atmosferiche generose in ogni stagione. Nella mia casa di Berna mi sono dovuta circondare di luci colorate e piante tropicali. Quando il cielo elvetico mi angoscia, accendo tutto e fingo di essere altrove. Ma per risolvere il senso di colpa da consumo universale, l’anno prossimo compreremo un sistema ecologico a pannelli solari, che dicono funzioni persino con la pallida Sonne bernese.

Ancora Degas mi spezza il respiro, con “Blick auf Rom von Tiberufer”, 1857. Riconosco il Cupolone e trasecolo davanti ai colori del tramonto romano. Storia di rosso e di arancio che si riflette sui palazzi e su quel che resta dell’Impero. Tutto calmo – intanto – a Baden. Grigiore, pioggerella, pensionate in visita che parlano sottovoce mentre soppesano i bordi di un antico tappeto persiano. I padroni di casa, defunti di una famiglia estinta, ci guardano severi dalle foto incorniciate.

Travolta dai ricordi

Al piano di sopra, l’aria di casa si fa irrespirabile. Nel 1825 Camille Corot arriva a Roma. Stregato dalla campagna laziale esplora valli e paesi, viaggia e dipinge. Ecco Olevano, colli e dossi foderati di verde. Non pensavo mi potesse mancare e attribuisco il disagio al cielo d’Argovia. Poi le vedute dei Castelli Romani. Per la sagra a Marino il vino sgorga dalle fontane pubbliche e nelle “Fraschette” ci si ubriaca a buon mercato, il bianco mischiato alla gazzosa. Travolta dai ricordi. In cotanto trasporto nostalgico, una giornalista non si addormenta sul lavoro.

Il ricordo si fa dolente davanti alla Tomba di Cecilia Metella, meta di arrampicate sportive con la comitiva del liceo. Il Palatino, il Colosseo visti da dentro e io ci piango su senza vergogna. Perché scavalcavo i cancelli da ragazzina la notte, per giocare a nascondino fra le rovine. Lo svizzero Maximilian de Meuron ha scelto uno scorcio inconsueto, per cogliere la varietà incredibile della vegetazione attorno al Palazzo di Nerone: riesco a sentirne di nuovo l’odore.

I pittori “en plein air” la sapevano bene la storia amara del cielo. Sali a nord e l’orizzonte si fa pallido, il cielo si allarga se scendi a meridione. Lo dimostra il Golfo di Napoli mozzafiato immortalato da un bernese, August von Bonstetten. E di nuovo nella Capitale, sfilano il Tempietto di Vesta, i Giardini della Farnesina e la Basilica di San Paolo dopo l’incendio: 1823 e un cielo azzurro beffardo tutto attorno.

Rimango basita davanti alla terrazza romana di Corot. All’epoca lavatoio, oggi appartamenti abusivi. Ripenso alle feste d’estate e non riesco a staccarmi dalla tela. Il custode della mostra mi guata curioso, passa e ripassa. E lo vedo che scruta il quadro da vicino, quando mi allontano.

Tornando a casa, il destino manda un segnale di incoraggiamento. Alla stazione di Baden un negozio pugliese vende trofie e peperoncini. Persino il treno si comporta all’italiana: è sporco e in ritardo, mentre i controllori continuano a scusarsi pieni di imbarazzo. Ora i bernesi sostengono che è scoppiata la primavera. Non mi fido. Dopo Baden – piena di Sehnsucht – ho prenotato un treno per Roma. Sapeste che cielo, sui sette colli, a maggio…

swissinfo, Serena Tinari, Baden

Inaugurato nel 1990, il Museo si trova nella villa Langmatt, costruita nel 1900 per i collezionisti di opere d’arte Brown-Sulzer.
Alla fine del ‘900, la villa e la collezione sono diventate proprietà di una fondazione che porta il loro nome.

“Sehnsucht Italien und die frühe Freilichtmalerei 1780-1850” (La nostalgia dell’Italia e i primi esponenti della pittura en plein air) è al Museo Langmatt di Baden, in Argovia, fino al 18 luglio 2004.

L’esposizione è stata curata da Felix A. Baumann, per 25 anni direttore della Kunsthaus di Zurigo, e comprende cento opere, in parte prestito di altri musei e di collezionisti privati.

Una parte consistente dell’esposizione è dedicata ai lavori italiani di Camille Corot e di altri pittori nord europei a lui contemporanei. Esposti sono anche alcuni capolavori della collezione permanente del Museo Langmatt, fra cui Renoir, Pissarro, Cézanne.

Il Museo Langmatt organizza “Kunst über mittag”, l’arte all’ora di pranzo: visita guidata con spuntino.

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